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Marija Sanko: piccola, semplice e immortale

Storie minime: la nonnina di Pag

Diceva  di papa Bergoglio: “Sento che ama i poveri davvero”. Forse era una delle poche persone al mondo a non conoscerlo non avendo la tv, ma l'aveva "sentito" col cuore, ascoltando dalla radio croata la messa della domenica. Diceva che la voce del Papa la commuoveva ogni volta. Così quell'uomo venuto dalla periferia del mondo che chiedeva a tutti una preghiera, riceveva - senza saperlo - un rosario quotidiano dal piccolo golfo di Tovarnele dove Marija viveva al nr. 41, di Tovarnele piccolo porticciolo del Quarnero, nella penisola di Lun.

Marija Sanko, 105 anni, era la nonnina di Pag. Si è addormentata due anni fa dopo una lunga vita passata abbarbicata su uno scoglio dell'Adriatico: l'isola di Pag.

La si incontrava al mattino, nelle vicinanze del piccolo “market” dell'isola, vestita di nero con il gonnellone a pieghe di cotone, il corpetto sulla camicia linda e senza collo, i capelli ben curati e raccolti in una vezzosa coda di cavallo, oppure protetti da un fazzolettone nei giorni in cui dal mare arrivavano i residui della bora che soffia sui vicini monti Velebiti (le Alpi Bebie), la più estesa catena montuosa della Croazia.

Usciva col cestino per comprare il necessario: un panino, del latte, il pesce del mattino al porto, oppure il paski sir, il tipico formaggio di pecora dell'isola di Pag. Qualche battuta scherzosa dalle persone del paese e poi si ritirava risalendo le scalette di casa. Amata e rispettata da tutti, aveva vinto dure battaglie e le piaceva essere la donna più anziana di tutta la regione: il Gospic.

L'umile casa aveva una piccola entrata cosparsa di foto: lei da giovane, madre e poi nonna, e poi persino attrazione per i turisti che volevano posare con lei. La foto più cara era quella con il marito, fresca e (poco convinta) sposa. Lei infatti non avrebbe voluto sposarsi.

“Volevo andare monaca ed entrare in convento, ma mia madre non volle. Non ci fu verso. E mi convinse ad accettare la proposta di Radoslav. Avevo 22 anni, lui era più giovane di 3 anni”. E così Marija e Radoslav si sposarono, ma la loro unione - coronata da 5 figli - fu sfortunata.

“Lui era pescatore, molto bravo anche, aveva più di una barca ed era lui che gestiva la gran parte del pescato” racconta. Ma durante la seconda guerra mondiale fu fatto divieto di vendere il pesce alla vicina isola di Rab (Arbe si trova direttamente di fronte a Pag n.d.r.) così lui si recò a Senj per vendere il pesce messo sotto sale per poterlo meglio conservare".

Durante la navigazione la barca venne mitragliata dagli aerei proprio vicino a Rab e tutto l'equipaggio venne ucciso. “Kommunist” diceva Marija, facendo intendere che era tutta colpa dei compagni di Tito.  In realtà le cose andarono diversamente e - forse - con coloro che daranno vita alla nuova Jugoslavia il marito si sarebbe pure salvato. “Furono in realtà gli inglesi o i tedeschi a colpire la barca” spiega Vedrana, che ci fa da interprete nell'incontro.

Era il 1944, Marija aveva solo 35 anni, lui 32. Restò vedova con 5 figli da crescere. Alla fine della guerra nessuna pensione gli fu accordata dallo Stato (forse per questo per lei erano i “comunisti” ad avergli rubato la vita e il marito). Non restava per lei che usare le braccia. Tirò avanti da contadina lavorando la terra e appena i figli – che non andarono a scuola - ebbero braccia, lavorarono anche loro attorno agli ulivi secolari di Lun (oggi patrimonio Unesco).

La casa al porto dove ha vissuto fino alla morte (nel 2015) fu offerta da uno dei fratelli del marito e la giovane vedova provvide anche a lui che non era sposato. “Andai avanti pregando Dio”. Poi i figli presero ognuno la propria via, chi raggiungendo Zara, chi verso Senj, due rimasero nell'isola accanto al porticciolo di Tovarnele dove Marija ha vissuto seduta nel divano della cucina davanti ad una piccola finestra affacciata sul porto con linde tendine di pizzo. Pregando.

“Il rosario è la mia compagnia. Solo lui è stata la mia forza” diceva.

Appesi ad una mensola del piccolo cucinino c'erano tazze e piccole caraffe in porcellana, sulla dispensa in bella vista un angioletto dentro una scatola di cartone, accanto al caffè e scatole di latta per il tè. Sulle ante della credenza le foto di nipoti e pronipoti. Su un tavolino le stoviglie pulite ad asciugare.

La nostra interprete ci spiegò che Marija, “Cucinava, lavava, stendeva. Tutto da sola”. E spazzava anche il piccolo cortiletto davanti alla porta di casa, dove nella piccola entratina avevano trovato comodo riparo anche delle rondinelle che però sporcavano l'uscio. Sorridendo, si scusava  che non tutto fosse lindo. Ma le rondinelle – lo si capiva – le facevano compagnia.

Il suo sorriso faceva  intuire che la bellezza di donna slava, doveva essere stata forte nonchè origine delle tante invidie patite in paese, che probabilmente le fecero pagare di aver sposato un uomo più giovane di lei. Mi ringraziò per averle fatto visita e dato ascolto, lei che passava lunghe giornate nel silenzio, assicurando preghiere a tutti e sperando di rivedere ognuno essendo consapevole che ogni giorno era regalato.

Scrissi dopo averla incontrata. “Sarebbe davvero triste non ritrovare questo pezzo di storia e questo dolcissimo sorriso” ben sapendo che nessuno è immortale. Tornando a Pag, ho chiesto di lei al market: la proprietaria si stupì che un turista chiedesse della Nonnina del Gospic e con gli occhi lucidi mi disse che era al camposanto. L'ho cercata lì, dove di Sanko ce n'erano tanti e il peregrinare fra le tombe non è stato semplice. Alla fine si è fatta trovare: la sua croce era stata aggiunta alla tomba del marito di cui si ricorda l'eccidio e del figlio Joakim. Ma dalle finestrelle senza imposte della piccola casa oggi chiusa e rimasta intatta, sembra ancora di vederla, in tutta la sua dolcezza. E tutti la ricordano ancora. Alla fine è questo che rende immortali.

Pag (Croazia) - giugno 2017


Autore: Corona Perer

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