Arte, Cultura & Spettacoli

Paolo Vallorz, il pittore degli alberi

Dopo l'astratto e l'informale, il ritorno alla natura

Trasferitosi negli anni '50 in Francia, aveva portato la sua arte da New York alla «Tate» di Londra, da Milano a Zurigo. Aveva sondato l'astratto e l'informale, prima di tornare ai temi della natura: era noto come il pittore degli alberi. Nato a Caldes, in val di Sole, Paolo Vallorz  è morto nel 2017 a Parigi dove ha vissuto gran parte della sua vita a 86 anni. E li è rimasto: nella capitale francese aveva conquistato un posizione internazionale che il Trentino non gli ha mai riconosciuto appieno. Succede: nemo profeta in patria.

Allievo del Maestro Cadorin all’Accademia di Belle Arti a Venezia, aveva scelto di andare in Francia proprio per frequentare l’Accademia Libera della Grande Chaumière du Montparnasse. Lì poi si era sposato ed era stabilmente rimasto. Lo avevamo incontrato in occasione della mostra all'Arcivescovile di Rovereto e successivamente per una mostra al Mart curata da Gabriella Belli con Vittorio Sgarbi .

La storia con il Mart non fu facile negli anni post-Belli cioè durante la direzione di Cristiana Collu. La donazione da lui fatta venne ritirata con una lettera di un legale. «Comunico che il Maestro Vallorz non intende rinnovare il comodato e chiedo che le 54 opere che ne sono oggetto, elencate e raffigurate nell'allegato della predetta convenzione, siano a lui restituite presso la sua casa a Caldes, con le modalità e precauzioni tecniche occorrenti per la loro cura e salvaguardia. Ciò entro 15 giorni dalla scadenza contrattuale del 30 novembre, ossia entro il 15 dicembre 2014».
Una  lettera-schiaffo: così venne definita la missiva inviata al Mart che azzerava l'accordo tra l'artista  e il Museo.

La decisione di Paolo Vallorz era arrivata come un fulmine a ciel sereno con una lettera  firmata dall'avvocato Gianfranco de Bertolini: Vallorz ufficializzava tramite il legale il mancato prolungamento del comodato. Sullo sfondo le alterne vicende di palazzo delle Albere gioiello architettonico di Trento, che doveva diventare una vetrina per l'eccellenza dell'Ottocento e del Novecento trentino: Vallorz, Moggioli, ma anche Bonazza e Garbari, tanto per citare un po' di nomi illustri sono state le ultime vere e grandi mostre, ma ciò accadeva sotto la "regìa" di Gabriella Belli che il Palazzo lo aveva usato e valorizzato.

Poi il lungo cantiere dei lavori del Muse aveva portato ad una lunga chiusura, con la non facile individuazione del futuro ruolo accanto alla macchina da numeri di Renzo Piano.  Cessate le Albere come contenitore d'arte, spettava al Mart valorizzare le opere di Vallorz. Valorizzazione che - dopo la mostra organizzata per lui da Gabriella Belli e  Sgarbi - non c'è effettivamente stata. Da qui lo strappo sancito da una lettera molto dettagliata.

«Il 14 maggio 2012 fu conclusa tra il Maestro Vallorz ed il Mart una convenzione, in forza della quale 54 opere di esclusiva proprietà dell'artista furono da lui concesse in comodato temporaneo al museo dall'1 dicembre 2012 al 20 novembre 2014, col patto che alla scadenza del rapporto il comodato si sarebbe potuto rinnovare di anno in anno alle medesime condizioni, qualora le parti ne avessero confermato la volontà con scambio di specifica lettera raccomandata» si leggeva nella missiva che prannunciava la volontà di un ritiro delle opere.

Con l'inaugurazione della personale a Castel Caldes l' assessore alla cultura del tempo (Mellarini), annunciava che il maniero avrebbe ospitato una sua permanente. Una soluzione che deve essergli sembrata di ripiego: l'artista all'inaugurazione infatti non c'era. Lui le sue opere le aveva date al Mart e non a Castel Caldes che lo avrebbe celebrato da genius loci  non da artista internazionale.

E Palazzo Albere da lui così a lungo desiderato? Persa la vetrina dell'800, il palazzo, bello e  signorile ha fatto da 'porta' al Muse, poi da vetrina per Expo, ora è condiviso tra Mart e Muse in una coabitazione per nulla serena.
Secondo Renzo Piano il Muse avrebbe dovuto inchinarsi al palazzo dove il principe Vescovo si ritemprava dalle fatiche e incontrava la diplomazia, ma pare proprio che sia accaduto l'inverso. Questo è solo un dettaglio rispetto alla storia di un artista trentino che andava valorizzato e anche tutelato da chi ha gestito le politiche culturali dentro i musei e fuori.


Autore: Corona Perer

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