Larve del moscerino Diamesa zernyi
Larve del moscerino Diamesa zernyi (foto MUSE)
Scienza, Ambiente & Salute

Scioglimento ghiacciai e reperti bellici: la storia ''tossica''

Un articolo spiega come i torrenti portino traccia di contaminazione da metalli. Persino un moscerino...

Scioglimento ghiacciai e reperti bellici: la storia ''tossica''. Il ritiro dei ghiacciai come noto ha portato alla luce numerosi residuati  della grande guerra. Matasse di filo spinato, proiettili, bombe, fucili: i reperti della Prima Guerra Mondiale, rimasti sepolti nei ghiacciai alpini più di cent’anni fa, oggi stanno emergendo a causa del diffuso ritiro dei ghiacciai, entrando a diretto contatto con i torrenti alimentati dalle acque di fusione glaciale. 

E' partito quindi uno studio scientifico per capire che cosa il ghiaccio circostante dicesse di quegli eventi dell'Uomo e si  scoperto che nelle acque di fusione e nell’intestino degli insetti si trovano ancora tracce di metalli pesanti. Il che vuol dire affrontare anche il problema di una possibile contaminazione emergente da metalli pesanti nelle acque dei torrenti.

 

Ebbene si è capito che i metalli "bellici" sono stati bioaccumulati maggiormente nelle larve provenienti da siti più vicini al fronte di guerra, con effetti ancora sconosciuti sul loro metabolismo e sulle possibili ricadute sulla catena trofica nei tratti più a valle.  ''Questi risultati forniscono prove preliminari della contaminazione delle acque e del bioaccumulo di metalli e metalloidi da parte della fauna glaciale come possibile eredità della Prima Guerra Mondiale nelle Alpi'' si legge nello studio.

I metalli “bellici” utilizzati per la costruzione di cannoni e artiglieria militare (arsenico, antimonio, rame, ferro, piombo, nichel, stagno, zinco), “liberati” dal ritiro dei ghiacciai, lasciano tracce nelle acque di fusione e vengono assorbiti da parte dei chironomidi, gli unici moscerini acquatici a popolare i gelidi torrenti glaciali.  

Uno studio condotto su tre ghiacciai alpini (Lares, Presena e Amola) da MUSE - Museo delle Scienze di Trento in collaborazione con l’Università dell’Ohio e con il sostegno della Fondazione Cogeme ETS di Rovato in Provincia di Brescia, apre nuovi scenari sull’eredità della Prima Guerra Mondiale nelle Alpi italiane e sul suo impatto sulla fauna glaciale.  

La ricerca è stata pubblicatasulla rivista scientifica internazionale Chemosphere: link (Metal enrichment in ice-melt water and uptake by chironomids as possible legacy of World War One in the Italian Alps).

Le ricercatrici e i ricercatori del MUSE – Museo delle Scienze e dell’Università di Ohio hanno condotto l’analisi chimica delle acque di fusione di tre ghiacciai trentini (Lares, Presena e Amola – gruppo Adamello-Presanella) e la ricerca di contaminanti (metalli pesanti) nelle larve di insetti che le popolano (tutte appartenenti al genere Diamesa).  Sono quei ghiacciai che furono teatro del primo conflitto mondiale tra Italia e Impero austro-ungarico.

Lo studio ha indagato gli inquinanti lasciati in eredità sulle Alpi dal più alto fronte della Prima Guerra Mondiale e il loro potenziale impatto sugli ecosistemi glaciali. Per farlo, il team di ricerca ha quantificato 31 elementi mediante spettrometria di massa nell'acqua e nelle larve del moscerino Diamesa zernyi provenienti dai tre torrenti glaciali analizzati. Gli elementi rinvenuti nelle acque dei torrenti sono stati interpretati utilizzando il fattore di arricchimento crostale che determina quali siano gli elementi maggiormente concentrati rispetto al valore di fondo dato dalla composizione della crosta terrestre), mentre l'assorbimento larvale è stato quantificato adottando il fattore di bioaccumulo (che è il rapporto tra la concentrazione nell'animale e la concentrazione nell’acqua).  

I RISULTATI

Dati alla mano, nell’acqua sono stati osservati arricchimenti, da bassi a moderati, per antimonio e uranio nel torrente Presena e per argento, arsenico, bismuto, cadmio, litio, molibdeno, piombo, antimonio e uranio nel torrente Lares. Le larve hanno accumulato i diversi elementi in concentrazioni fino a novantamila volte superiori rispetto a quelle dell'acqua. In particolare, le larve raccolte nel torrente Lares hanno accumulato la maggior quantità di metalli e metalloidi, compresi quelli maggiormente utilizzati nella fabbricazione dell’artiglieria (arsenico, rame, nichel, piombo e antimonio).Tra questi, rame, nichel e zinco rientrano tra gli elementi essenziali per la vita, ma le concentrazioni osservate nelle larve dei siti più contaminati superano quelle attese per il loro fabbisogno  (se così non fosse la loro concentrazione sarebbe identica o confrontabile nelle tre popolazioni studiate).

“I moscerini che abbiamo studiato – spiega Valeria Lencioni, coordinatrice dell’Ambito Clima ed Ecologia del MUSE – sono gli unici insetti che riescono a colonizzare le gelide acque dei torrenti glaciali, dove le condizioni ambientali sono considerate estreme per la vita. Il cibo è scarso e le larve hanno l’intestino pieno di limo glaciale che fissa sulla propria superficie i metalli e li può veicolare nel corpo dell’animale. Si nutrono probabilmente dei batteri che crescono sulla roccia, essendo scarsi o assenti alghe e il detrito organico. Le specie del genere Diamesa sono considerate indicatrici di glacialità e sono minacciate di estinzione dai cambiamenti climatici che alterano l’unico ambiente in cui sono adattate a vivere”.  

“I dati raccolti – conclude Lencioni - destano preoccupazione per il nichel, accumulato in una concentrazione vicina a quella considerata critica per la sopravvivenza di altri insetti testati in laboratorio (es. il moscerino del genere Chironomus)”.  

Il titolo del progetto di ricerca è “The toXiC Legacy of the highest World War One Alpine front and its potential IMpact on the glacial ecosystems”. Lo studio è stato condotto da MUSE - Museo delle Scienze di Trento in collaborazione con l’Università dell’Ohio (The Ohio State University, Columbus OH, School of Earth Sciences, and Byrd Polar and Climate Research Center), centro di eccellenza nel settore della chimica ambientale in aree glacializzate del pianeta.  

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LO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCIAI E LA LETTURA DELLA STORIA

Lo scioglimento dei ghiacciai  nella sua drammatica accelerazione, sta portando alla luce nuove storie e ambiti di ricerca.

Un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature and Culture dai ricercatori Mauro Gobbi (MUSE di Trento) e Daniel Gaudio (Università di Durham, UK) spiegano come, paradossalmente, il ritiro dei ghiacciai possa fornire la possibilità di svolgere ricerche inedite e ricostruire storie uniche e, talvolta, personali. Ma anche che dobbiamo essere consapevoli che “saremo l’ultima generazione che avrà ancora la possibilità di ascoltare le storie che i ghiacciai e l’ambiente circostante hanno da raccontarci”.

Quello che preoccupa gli scienziati è che senza un monitoraggio nel tempo, non potremo capire gli effetti negativi che avrà la scomparsa dei ghiacciai sul funzionamento degli ecosistemi e quindi anche sul nostro stile di vita. Serve anche una accurata conoscenza della biodiversità glaciale. Purtroppo ci sono  ghiacciai che non rientrano in aree protette quindi non sono soggetti a forme di tutela.

I ghiacciai sono come libri aperti: da loro emergono storie di esplorazioni, di ricerca della bellezza fisiografica, di uso industriale associato all’idroelettrico, di sport alpini, di guerre combattute, di aree di passaggio tra imperi o nazioni, di fragili ecosistemi con biodiversità esclusiva. Storie emerse grazie al ritiro dei ghiacci, raccolte e studiate da esperti.

Nell’articolo “Glaciers in the Anthropocene. A Biocultural View” grazie a una prospettiva originale, provocatoria e che fa riflettere, gli autori Mauro Gobbi e Daniel Gaudio esplorano con il loro lavoro le criticità è le potenzialità che il ritiro dei ghiacciai alpini sta offrendo dal punto di vista bio - culturale, giocando sul dualismo “guadagno vs perdita” di conoscenza, sia culturale che biologica. Le ricerche, condotte dagli autori su ghiacciai Andini, Scandinavi e Alpini, tra cui quelli – in Trentino - del gruppo Adamello - Presanella e delle Dolomiti, fungono da base e filo conduttore e mettono in risalto come il ritiro dei ghiacciai alpini - una delle manifestazioni più evidenti degli effetti dei cambiamenti climatici oggi - stia diventando per tutti un vero e proprio simbolo culturale legato alla dimensione filosofica ed etica dei cambiamenti climatici.

Daniel Gaudio, antropologo forense (e docente all’Università di Durham, UK  e collaboratore dell’Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Trento) fornisce nell’articolo un focus sui ritrovamenti di reperti bioantropologici e archeologici che, sempre più sovente, vengono rilasciati dai ghiacci in fusione. Tra questi ritrovamenti, ci sono anche resti umani di epoche passate e recenti, inclusi le vittime della Guerra Bianca. Resti umani e reperti archeologici necessitano un attento recupero, al fine di poter ricostruire i singoli destini e storie delle persone scomparse sui ghiacci e salvaguardare quel patrimonio storico e archeologico che il ritiro dei ghiacci sta lentamente restituendo. Gaudio esplora inoltre altri aspetti più elusivi, ma altrettanto importanti, legati alla perdita dei ghiacciai, quali la loro funzione memoriale e perfino spirituale.

Mauro Gobbi (MUSE), ricercatore dell’Ambito Clima ed Ecologia del MUSE, affronta invece gli aspetti più strettamente biologici ed ecologici relativi i ghiacciai. Il focus è sul ruolo dei ghiacciai quali habitat nel quale è presente una biodiversità esclusiva, organismi perfettamente adattati a vivere in condizioni estreme e per questo motivo a rischio di estinzione. Allo stesso tempo il ritiro dei ghiacciai sta liberando nuovi terreni; ecco quindi che tale fenomeno sta permettendo di comprendere con che modalità e con che tempi la natura reagisce colonizzando queste aree che progressivamente stanno vedendo la scomparsa dei ghiacciai. Non ultimo è ormai evidente come i ghiacciai abbiano accumulato nei decenni e nei secoli sostanze inquinanti che stanno rilasciando nell’ambiente a causa della loro fusione.

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