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Armando Aste, cercatore di infinito

Il suo archivio donato alla Biblioteca Civica di Rovereto

Ad un anno dalla scomparsa il suo archivio è stato donato dal fratello alla Biblioteca Civica di Rovereto. Dentro c'è la storia di un grande alpinista scomparso nel settembre 2017 a 91 anni.

Erano molti anni ormai che non andava in montagna del resto l'aveva dentro di sé. Così allo scoccar degli 80 anni si era dedicato a raccontarla, a ricordare e riordinare emozioni, fatiche, sfide, pensieri. Si definiva un dilettante, al più un "dolomitista". In questi ulimi 20 anni è stato celebrato e fatto entrare nella categoria dei "grandi" della montagna. Ultima cerimonia nel gennaio 2016 per i 90 anni. Lui però andava fiero di altro. "...Di aver avuto fede - mi disse nel 2009 - perché credere dà senso alla vita. Credere è più importante che sapere. Perché il sapere a volte ci porta davanti ad un muro".

Lui del resto era un semplice e un lavoratore. Ex operaio alla Manifattura Tabacchi, con una sola passione: andare sui monti, scalarli, sconfiggere il limite. Era uomo che non parlava tanto per fare: come tutti i montanari osservava e poi si esprimeva, quel che diceva era sempre frutto di un bisogno di senso e faceva  riflettere.

Lo avevamo incontrato a casa sua di mattino presto: l'appuntamento era come quello di chi prepara il rancio e la merenda per la salita e la discesa. All'epoca riordinare le carte era il passatempo dopo l'occupazione principale e primo pensiero di ogni giorno: andare a trovare la moglie Nedda. I suoi pensieri erano diventati altri aver cura di chi ti ha voluto bene. Poi tornava alla corrispondenza privatissima ma ancora pregna di significato per i tempi moderni, anzi per l'alpinismo moderno. Dopo quattro edizioni di "Pilastri del Cielo"  e "Cuore di Roccia" gli era stato chiesto di raccontare i suoi rapporti con l'alpinismo italiano e così il libro raccoglie pensieri di Aste e dei suoi amici: il senatore Tissi di Belluno, Livanos, Desmaison, Barbier, Messner, Mazzeaut. "Voglio solo mostrare cosa l'alpinismo produce: non solo vette, ma pensieri alti: le mie 150 lettere e le cartoline che ci spedivamo l'un l'altro con il cuore preso dentro il francobollo". A quelle Cinque Terre tanto amate (foto di copertina) tornava con uno sguardo che si riempiva di sorriso: era una memoria tra le più belle della sua vita di scalatore.

Ecco il nostro dialogo, era il 2009.

Aste, come definirebbe un alpinista?
Un cercatore di infinito. Questo desiderio di eterno, che la montagna ben incarna, ci dice che qualcosa ‘oltre' c'è. Questo pensiero vorrei lasciare, più ancora che un francobollo.

Oggi ci sono tanti infortuni in montagna, lei se l'è mai vista brutta?
Io non ho mai rischiato, avevo la testa sulle spalle. E' così che si deve affrontare la montagna. Sono un credente io: la vita che mi è stata donata vale più di ogni conquista. E a casa c'era Nedda ad aspettarmi.

Aste, quanto le manca il poter andare in montagna?
In realtà ne sto scrivendo: io sono sempre lassù.

Cosa ha rappresentato per lei salire in vetta?
Realizzare una passione: la montagna è stata la mia vita. Ero fuochista alla Manifattura, avrei voluto studiare, ma avevo una famiglia numerosa da aiutare: padre, madre e 6 fratelli. La montagna è stata la mia valvola di sfogo e ha reso bella la mia vita.

Quando cominciò ad arrampicare?
A 22 anni, nel tempo libero. Oggi invece gli alpinisti lo fanno per mestiere. Io ci andavo finito di lavorare, d'altronde mi sono sposato tardi, a 36 anni.

E come guarda agli alpinisti di oggi?
Vede oggi si va in Patagonia in 24 ore con l'aereo e con gli sponsor. Io ci andai con la nave e con un permesso di lavoro non retribuito. Quanto perdevo di stipendio tornò dentro con i premi del Cai...

Lei quante volte ci è stato in Patagonia?
Sette volte e ogni volta si stava via fino a tre mesi...

Chi è stato il più grande alpinista secondo lei?
L'alpinismo è fatto di epoche prima che di uomini. E' come una lunga scala e ognuno ci mette sopra un gradino. Ognuno deve salire dai primi, messi dagli altri, per poter andare ad aggiungerci il proprio!

Come guarda alla vita Armando Aste?
Guardi, ho molti problemi anch'io ma non ho paura di morire perché dicono che si stia meglio dall'altra parte. La vita malgrado tutto è meravigliosa. Per questo siamo legati alla terra.

Cosa le dispiace di più?
Vedere mio fratello e non potergli dire ‘guarda che sono qui, ti voglio bene'.

Il suo libro di memorie non è solo una raccolta di ricordi, vero?
No, è un pretesto per dire qualcosa a questo mondo.

E cosa vuole dire Armando Aste ai contemporanei?
Che tutti noi dobbiamo essere megafoni di qualcosa. La vita nostra deve servire a chi viene dopo di noi. Io voglio dire che ci sono valori morali che valgono più di tutte le altre cose. Vede, ho una grande fortuna...

Quale?
Aver avuto fede, perché credere dà senso alla vita. Credere è più importante che sapere. Perché il sapere a volte ci porta davanti ad un muro.

(intervista raccolta nel settembre 2009)

pagina aggiornata il 3 settembre 2018

 


Autore: Corona Perer

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