
In difesa delle coste
di Gloria Canestrini
In difesa delle coste. Iniziamo subito con una buona notizia: 16 chilometri di costa marina senza una sola automobile!
Una rivoluzione verde sta cambiando per sempre il volto di Rimini perché, al posto di svincoli stradali e parcheggi ci saranno piante, sdraio libere, panchine e passeggiate. Non è un sogno: si chiama Parco del Mare, attrezzato con piste ciclabili e zone relax ed è destinato a diventare il più grande lungomare d'Europa senza veicoli a motore.
Così si riscrive il futuro della vita in riva al mare: una estesa oasi destinata al benessere, destinata a trasformare il rapporto urbano con la costa, dove le persone, la natura e la qualità della vita sono poste al centro. Certo, questo è un grande esempio, forse il più eclatante in Italia, paese nel quale siamo purtroppo abituati a fare i conti con una crescente “restrizione” delle zone di spiaggia libera, in favore di stabilimenti privati e varchi automobilistici e dove, per anni, hanno regnato sovrani il caos e la speculazione.
Forse qualche amministratore si sta accorgendo che invece le nostre meravigliose coste marine sono più attrattive qualora siano opportunamente difese e preservate nella loro integrità e unicità, anche se ciò può comportare qualche passo in più per raggiungerle o qualche concessione in meno per sfruttarle.
In questa direzione si è mossa anche Civitavecchia, sul litorale romano, dove già esiste un bosco nato come...risarcimento collettivo!
La chiamano “compensazione ambientale”, strumento giuridico operativo dal 18 agosto 2024, allorché il Regolamento UE 2024/1991 ha imposto il ripristino della vegetazione come strategia contro il riscaldamento globale. Il territorio di Civitavecchia aveva già pagato troppo in termini di devastazione naturale, dovuta in gran parte alle centrali elettriche e al sacrificio di suolo e così, in virtù della compensazione, sono stati piantumati 14.500 alberi, 92.400 arbusti che filtrano polveri sottili e 26.400 mq. di prato che trattengono acqua preziosa.
E' ben vero che c'è sempre qualcuno che, a fronte di questi miracoli di ripristino dell'equilibrio ecologico (nel caso di Civitavecchia non si è trattato certo della concessione di un “regalo”, ma di un diritto acquisito come risarcimento per la sofferenza patita in precedenza da un'intera comunità per la propria terra violata) cerca sempre di ritornare allo sfruttamento del suolo e all'abbattimento del verde per edificare complessi o costruire strade, come se queste zone naturali fossero dei “vuoti” in attesa di riempimento e non costituissero il serbatoio vitale per la salute di chi li abita.
Infatti, anche a Civitavecchia è in corso una petizione al Comune e alla Regione Lazio per rendere intoccabile il bosco frutto di compensazione, minacciato da interessi edilizi vari.
Così come a Pisa, dove sono partiti i lavori per la “Darsena Europa”, un eco-mostro che mette a repentaglio la costa pisana e la stessa città, nonostante il richiamo alla “sostenibilità” degli ideatori della spaventosa iniziativa. L'Associazione La città Ecologica , che si oppone al progetto, arriva a parlare di “autolesionsmo puro”, dal momento che si vuole far arrivare a ridosso delle Secche della Meloria i giganteschi portacontainers che pescano fino a 20 metri ( veri grattacieli galleggianti di 22 piani di altezza per il trasporto di merci a livello globale) serviti da collegamenti stradali atti a sovvertire tutto l'equilibrio costiero.
C'è chi parla anche qui di possibili “compensazioni”, ma in questo caso sono discorsi fatti a sproposito, in quanto gli “adattamenti naturalistici” si risolverebbero in opere di lieve mitigazione dei danni arrecati alla pesca, al turismo, alla salute del mare, alla mobilità ordinaria, agli abitanti e alla vita costiera, che sarebbero invece immensi.
C'è davvero da augurarsi che sulla costa pisana si verifichino le stesse condizioni ostative a questi scempi programmati che si sono dimostrate efficaci nel contrastare il progetto del “V Gate” a Chioggia.
Qualche anno fa, infatti, un grande studio tecnico di Padova aveva, di concerto con le amministrazioni locali, dato il via alla fattibilità di un'altra “autostrada nel mare”, analoga a quella di Pisa e con analogo intento: quello di creare una darsena per costruire uno dei più grandi porti commerciali al mondo, adatti all'attracco di navi container con almeno 18 teu, unità di misura di pescaggio, onde competere con altri simili siti quali Rotterdam e pochi altri.
Fortunatamente non se ne è fatto nulla, dal momento che tutte le rappresentanze sindacali e associative di pescatori, albergatori e operatori turistici, sono insorti a fianco dei Comitati ambientalisti e degli Enti che tutelano le meraviglie naturali di quella costa. Prima fra tutte, l'Associazione Le Tegnùe, che tiene monitorato il meraviglioso parco corallino della laguna veneta.
Nel progetto, finora respinto, erano previsti un'autostrada lanciata per tre chilometri oltre la costa dentro al mare e un gigantesco uncino di cemento al largo della bocca di porto a sud di Venezia, per creare, per l'appunto, una darsena come quella che si vorrebbe realizzare a Pisa.
Abbiamo detto “finora”, perché la storia di queste battaglie ci insegna che laddove i cittadini si muovono c'è la speranza che i territori sopravvivano al cosiddetto sviluppo economico (che, poi, è spesso dannoso e autolesionistico) , ma, laddove tutto passa sotto silenzio, questa speranza muore.
G.Canestrini
28 maggio 2025
Autore: Gloria Canestrini
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