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Gesù, il comunicatore ''perfetto''

Vangelo e teoria della Comunicazione di massa - di Corona Perer

di Corona Perer* - Quale fu l’immagine di Gesù? Ed è possibile applicare la teoria della comunicazione di massa al suo messaggio? Sì. L'analisi che ho svolto muove su tesi di Max Weber (il capo carismatico) passando per la strategia degli uffici stampa e i fenomeni di massa, ad esempio Lady D (la sua popolarità e la sua campagna contro le mini anti-uomo) nonché la portata mediatica che suscitarono gesti emblematici (si pensi al bacio del prof. Aiuti ad un sieropositivo malato di Aids). E applica queste categorie al Vangelo di Marco ragionando su un termine altamente teologico come quello di “immagine” .

Gesù è uomo e immagine di Dio, Gesù è immagine del nuovo Adamo. Questo termine è stato incrociato con l’uso più prosaico di “immagine” come inteso nelle strategie di comunicazione e nelle leggi del marketing avanzato. Ebbene, dal Vangelo che gli esegeti odierni ritengono essere il più antico (quello di Marco), emerge la figura di un grande comunicatore, anzi, del ‘Comunicatore Perfetto’.

Intervistando un esperto di marketing strategico come Mauro Toscano (che ha seguito campagne per importanti case come Nestlè, Wind, Alfa Romeo) ho analizzato i gesti 'mediatici' di Gesù il quale tocca, vede, sceglie, e sopratutto tace, si sottrae. E’ preceduto da una sorta di ufficio stampa che lo annuncia come il vero evento atteso da tutti i tempi (il Battista), è seguito dalle masse - persino dalle donne in epoca in cui avevano un ruolo assolutamente marginale - conosce il trionfo che gestisce con scelte assolutamente anomale (cavalcando un asino!) e  muore giovane.

Non uno stratega  - il tutto si spiega infatti con la sua natura divina - Gesù dimostra di essere il comunicatore perfetto e Marco l'ottimo comunicatore.

Gesti eclatanti, silenzi importanti, nascondimenti, manifestazioni inattese: Marco ci restituisce, nei dettagli forniti come in quelli omessi (come la una colomba gli scende sul capo al Giordano: l’evangelista omette di dirci la reazione della folla, eppure quella fu una teofania!), un Gesù uomo che ha le caratteristiche salienti del capo. Se lo guardiamo con gli occhi di Max Weber che al carisma e ai capi carismatici ha dedicato capitoli importantissimi della sua opera, troviamo che Cristo corrisponde in tutto e per tutto al capo-carismatico: dedizione perfetta e completa alla causa.

Nella sua giornata a Cafarnao egli compie gesti di enorme portata mediatica che oggi avrebbero una eco immensa: guarisce la suocera di Pietro toccandola (per un ebreo osservante come Gesù, la febbre era motivo sufficiente per evitare un gesto che potrebbe produrre impurità). Sgrida una vedova che piange e poco dopo lascia fare ad una donna che rompe per lui un vasetto di unguento costoso e gli unge i piedi, li bagna delle sue lacrime e li asciuga con i suoi capelli. Un gesto di portata erotica del quale oggi non sarebbe sfuggita anche la portata mediatica (sarebbe finito nei talk-show di mezzo mondo). Dal comportamento di Gesù emerge il carisma.

“Secondo Weber tre sono le qualità decisive del capo carismatico: passione, responsabilità, lungimiranza”. La lettura sociologica, per via razionale, conferma le doti di capo carismatico di Cristo, ma è notorio che il potere necessita di comunicazione. E Gesù, analizzato sotto la lente della teoria della comunicazione di massa e dei meccanismi utilizzati dalla moderna pubblicità appare anche come il comunicatore perfetto autore di una campagna che si manifesta dentro una  strategia ‘involontaria’ in quanto assolutamente non pianificata e tuttavia efficace, anzi, potente.

Gesù è un testimoniale autogenerato. In marketing è centrale incontrare il consumatore, entrare in relazione con lui, impegnarsi ad offrirgli un prodotto che esclude i competitors e apre nuove prospettive: questa è una dinamica centrale nella teoria della comunicazione di massa, la quale offre una ‘sua’ verità, è speranza, è provocazione, è novità, deve penetrare l’interlocutore.

Queste dinamiche nella comunicazione di GESU’ ci sono tutte. Ed arrivano da un simbolo-testimonial di sé stesso, non frutto di una strategia di comunicazione ma “autogeneratosi”, direi “naturalmente”:  agisce, è autentico, nuovo, anticonformista, rivoluzionario, credibile, autorevole. E’ uomo come tutti, ma ha il coraggio di sovvertire le regole, è schierato, ha un programma nel quale le masse possono riconoscersi e del quale possono avere fiducia. Al tempo stesso è misterioso: un vip che a volte fugge la massa, deve essere protetto dallo staff.

I discepoli in qualche modo sono costretti ad allontanare le folle, o a gestirle. In un caso Gesù dice loro: “lasciate che vengano a me” come se la ‘gestione’ - funzione nella quale potremmo oggi individuare in nuce la mediazione della Chiesa -  potesse essere in qualche modo anche una sorta di ostacolo al vero incontro con il cuore del messaggio che è il Cristo.

C’è poi il dettaglio non comune per l’epoca: Gesù piace alle donne, che lo seguono sfidando le rigide convenzioni del tempo. Né va dimenticato che è proprio ad una donna (e per di più ad una samaritana!) che si rivela come il Cristo. E le donne saranno ai suoi piedi anche nel momento in cui la sua parabola di vita è compiuta e passata dal  successo delle grandi folle alla grande solitudine della croce (alle donne viene anche consegnato l’annuncio della Resurrezione).

 

Testo estratto da “L’uomo della Sindone, un’immagine tra scienza e mistero”
di Marco Fasol e Corona Perer (ediz. Grafica, euro 12,00)
richiedilo qui: direttore@giornalesentire.it

 

*Corona Perer è  laureata in Scienze della Religione

con tesi sul Vangelo di Marco secondo la teoria della

comunicazione di massa.

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