Arte, Cultura & Spettacoli

Gianni Berengo Gardin, l'occhio come mestiere

Dal 4 maggio allo Spazio Extra MAXXI un maestro del bianco e nero

Oltre 200 fotografie tra immagini celebri, altre poco note o completamente inedite che narrano l'uomo e il suo spazio sociale secondo l'occhio di un maestro della fotografia:il MAXXI omaggia Gianni Berengo Gardin.

La mostra a cura di Margherita Guccione e Alessandra Mauro che apre il 4 maggio allo Spazio Extra MAXXI è dedicata ad un maestro del bianco e nero, della fotografia di reportage e di indagine sociale.

In quasi settant’anni di carriera Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930) ha raccontato con le sue immagini l’Italia dal dopoguerra a oggi, costruendo un patrimonio visivo unico.

La personale ''Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere'' allestita al MAXXI Museo nazionale delle
arti del XXI secolo realizzata in collaborazione con Contrasto, è un racconto straordinario dedicato all’Italia.
 

Il racconto si snoda lungo un percorso di oltre 150 fotografie, tra le più celebri, le meno conosciute, fino a quelle inedite: un patrimonio visivo unico, dal dopoguerra a oggi, caratterizzato dalla coerenza nelle scelte linguistiche e da un approccio “artigianale” alla pratica fotografica.

Dalla Venezia delle prime immagini alla Milano dell’industria, degli intellettuali, delle lotte operaie; dai luoghi del lavoro (i reportage realizzati per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli, e soprattutto Olivetti) a quelli della vita quotidiana; dagli ospedali psichiatrici (con Morire di classe del 1968), all’universo degli zingari; dai tanti piccoli borghi rurali alle grandi città; dall’Aquila colpita dal terremoto al MAXXI in costruzione fotografato nel 2009.

Attraverso un percorso fluido e non cronologico, la mostra offre una riflessione sui caratteri peculiari della ricerca di Berengo Gardin: la centralità dell’uomo e della sua collocazione nello spazio sociale; la natura concretamente ma anche poeticamente analogica della sua “vera” fotografia (non tagliata, non manipolata); la potenza e la specificità del suo modo di costruire la sequenza narrativa, che non lascia spazio a semplici descrizioni dello spazio ma costruisce naturalmente storie.

 

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