Tullio Garbari - Allegoria della Primavera (dettaglio)
Tullio Garbari - Allegoria della Primavera (dettaglio)
Arte, Cultura & Spettacoli

Tullio Garbari e la poetica del Bello-Vero

''Allegoria della Primavera'' dice la forza di un artista che guardava oltre

(21 marzo 2025 - primo giorno di primavera) - “Allegoria della primavera” dipinta nel 1928 dice la potenza di Garbari. E' bella, forte, sospesa tra sogno e mito come tutte le opere di Tullio Garbari.    

Diceva che la religiosità dell’opera non dipende dal contenuto, ma dalla spiritualità dell’artista. Che lui fosse in dialogo spirituale con l'Arte non vi è alcun dubbio. Pittore, filosofo, poeta, uomo che guardava al di là del contingente, Tullio Garbari ha lasciato una mole tale di documentazione, pensieri, appunti, riflessioni. Un artista per certi versi criptico (coniava persino  neologismi per titolare le sue opere).

L’artista perginese  volle arrivare a Parigi, città dell’arte per eccellenza, dopo essersi messo in contatto con l’intellighenzia italiana ed europea. Nel ''Cantico dei Cantici'' i nudi castissimi dipinti da Garbari, narrano la passione tra due creature, divine in quanto create. La poetica del Vero-Bello dominava certamente la ricerca artistica di Garbari.

Quale religiosità, era la sua? “Era fatta di sostanza, certamente non bigotta o ipocrita e di facciata” spiegò la nipote,  professoressa e storica Maria Garbari morta nel 2019 a 88 anni dopo aver dedicato la sua vita alla valorizzazione del pittore.

“Nessun orpello nella sua fede. Veniva da famiglia molto religiosa, ma anche dal substrato del liberalismo di Giovanni a Prato che fa convivere religione e libertà, poi dal socialismo democratico nel quale non si mosse da conservatore, ma era attratto dalla sacralità della vita, dalla creazione, dal divino che c’è in essa, per lui è Verità e quindi Bellezza, godimento e felicità, perchè il Vero è anche Bello”.

Era  un uomo assetato di cultura, dedito allo studio, intimamente spirituale, così attento alla figura da studiarne per ore e ore l’anatomia. I suoi ritratti sono stati definiti ''primitivi'' per la loro semplicità, e a lungo si è parlato di primitivismo ''...sbagliando, quello era l’esito della sua conoscenza” sosteneva la nipote. Le opere sostano spesso sul mondo degli affetti famigliari così importante nella vita di Garbari e la sua poetica, l’intenso rapporto con la madre, le tre sorelle e i fratelli, il conforto che la loro immagine esercitò negli anni milanesi, grigi e non verdi come quelli della Pergine, luogo mitico e scrigno di quei valori sacrali della sua visione artistica.

Garbari eccelle in paesaggio ed allegoria. Gli scenari di una pittura intimamente religiosa e il tema sacro tout-court sotto veste allegorica, domina le opere degli anni dal ’27 al ’31 quando Garbari dopo aver meditato Rosmini e Maritain al termine di un percorso che già lo aveva spinto nell’antichità classica e poi su San Tommaso, dipinge il senso della vita vera, racchiusa in valori intensi, buoni e perciò belli e sacrali.

Conobbe Carrà, Severini, Prezzolini incuriositi da questo ragazzo serio, equilibrato, pensieroso, che incuteva persino rispetto. Questa percezione che gli intellettuali ebbero dell’artista giunto da Trento verso la Milano della cultura fu confermata da Carlo Belli che ebbe a scrivere “..ha un viso sereno, ma buono”. Il rapporto con il giornalista e critico roveretano  registrò una frattura notevole per motivi politici: Belli era un fascista e Garbari un irredentista e molto di quanto Belli scrisse su Garbari era solo un personale e relativo immaginario. 

La prof.ssa Garbari mise sempre un altolà alla presunta grande amicizia tra i due: ''Calma a dire che fossero amici...'' diceva, facendo capire che c'erano state tempeste e che Tullio Garbari dal Belli fu anche molto deluso.

 

Corona Perer

 


Autore: Corona Perer

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