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Diga del Vajont, 60 anni dalla tragedia

Armando Gervasoni raccontò una tragedia che interpella ancora le coscienze

Longarone si ferma ogni anno.  Nel 2023  si ricorda il 60° dalla tragedia. Il tempo scorre, la memoria resta. Quando si dice "Vajont" e si dice tutto: l'azione devastante dell'uomo sulla natura e una tragedia immane che il 9 ottobre 1963 spazzò via 2000 vite, una terribile tragedia, quando nel neo-bacino idroelettrico artificiale del Vajont, cadde un pezzo di montagna che segnali di instabilità aveva già dato durante la stessa costruzione della colossale diga.

L'opera ingieneristica "tenne" , ma l'azione dell'acqua  prima dilavò le sponde le lago e poi saltò a valle cancellando Longarone e devastando Castellavazzo, dopo aver lasciato desolazione tra Erto e Casso.

 

Un romanzo uscito postumo, di un cronista di quei giorni scritto prima della catastrofe del Vajont racconta bene quei giorni. Il testimone è il suo scrittore che racconta e profetizza prima di quel 9 ottobre 1963, giorno in cui persero la vita oltre duemila morti fra Longarone e dintorni.

Il romanzo, "I corvi di Erto e Casso" (sottotitolo "Voci dal Vajont") edito da Gabrielli, è venuto alla luce a 50 anni da un disastro rimasto impresso a caratteri cubitali nella Storia del Paese, ed è un pezzo di storia che sembra venire dall'oltre e assume quindi emozionanti connotati profetici.

Il testimone di cui si parla è Armando Gervasoni, nato a Vicenza nel 1933, fino ai primi mesi del 1963 giornalista de "il Gazzettino di Belluno". Un ruolo professionale che gli consente di seguire "in diretta" la costruzione della grande diga commissionata dalla società elettrica Sade, esprimendo nelle pagine di questo suo romanzo le inquietudini, le paure, i dubbi e i sospetti generati dalla costruzione di un'opera di così colossali proporzioni.

Quando avviene il disastro, Gervasoni è già stato trasferito alla redazione di Rovigo, ma come inviato del "Gazzettino" si reca a Longarone e negli altri paesi veneti colpiti da quello spaventoso "tsunami" in miniatura. Gli tocca così l'ingrato e doloroso compito di raccontare a posteriori una vicenda che aveva già avuto modo di "avvertire", trasformando in narrazione letteraria le tensioni e i conflitti di un territorio profondamente segnato dall'edificazione di quell'immensa diga.

Il romanzo non vedrà mai la luce; nel 1968, a soli 35 anni di età, Armando Gervasoni, trova infatti la morte in un incidente stradale.

Oggi, grazie all'interessamento degli eredi di Armando Gervasoni, che hanno coinvolto nella loro iniziativa lo scrittore Stefano Ferrio come curatore del libro, "I corvi di Erto e Casso" riserva al lettore le sorprese di un linguaggio diretto e incandescente, di un'emozionante ricostruzione d'epoca; una galleria di personaggi scavati con la precisione fotografica del reporter. Nonostante sia trascorso mezzo secolo dai fatti a cui si riferisce, non è mai tardi per scoprirlo e apprezzarlo come grande, vivido, dolente racconto corale di un capitolo tristemente esemplare della storia del nostro Paese.

Oggi Longarone è un centro ad economia prevalentemente industriale, fondata sull'occhialeria, l'elettronica, il tessile, la lavorazione del legno. C'è anche un Palazzo delle Fiere che ospita mostre tra le quali primeggia la fiera Internazionale del Gelato, rassegna di attrezzature e di prodotti per la gelateria artigianale. La cittadina allo sbocco dello Zoldano e del Cadore, da alcuni decenni terre di bravi e rinomati gelatieri le cui aziende hanno trovato collocazione soprattutto all'estero, specialmente nella Germania sembra aver dimenticato se non fosse quella diga che ancora la sovrasta.

Le case di architettura moderno dicono una riedificazione senza volto e storia  con una chiesa realizzata, tra il 1975 e il 1978, dall' architetto Giovanni Michelucci (1891-1991), in memoria delle Vittime del Vajont. Del passato sono rimasti i Murazzi, il Palazzo Mazzolà (1747), sede del municipio, il campanile della chiesa di Pirago, del 1500.

Delle montagne circostanti una di queste non si vede ma è quella che più di tutte ha segnato la storia di questa gente. E' il monte Toc, così potente nella sua azione devastatrice.
Da Longarone non si vede, ma lo si è sentito.

corona perer
 


Autore: Corona Perer

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