
L'arte e la psicologia dei giochi di carte strategici nella società contemporanea
Radici remote ma ancora presenti
In Italia, i giochi di carte strategici affondano le radici in tempi remote e, a quanto pare, continuano a ramificarsi sotto forme inaspettate anche oggi. A volte basta entrare in un bar e sentire il familiare battere di carte sul tavolo di briscola; altrove, una folla virtuale affolla piattaforme digitali a ogni ora del giorno. Strano: la passione sembra sempre lì, invariata o forse solo mutata nei suoi strumenti.
ISTAT cita un dato piuttosto curioso – nel 2023 il 27% degli italiani tra i 18 e i 44 anni ha detto (o forse confessato?) di giocare a carte almeno una volta al mese, e c’è chi opta per giochi davvero articolati. Più che un passatempo, si tratterebbe quindi di un terreno dove si testano identità, logica ed emozioni. Forse il richiamo più forte sta proprio lì, nella sfida: avversari veri, fortuna ballerina, la lotta con i limiti propri.
L’universo visivo e narrativo delle carte
Ogni mazzo, paradossalmente, racchiude un piccolo cosmo tutto suo. Un lavoro, quello tra illustratori e game designer, che spesso fatica a risaltare, ma resta indispensabile: mondi coerenti, simbolismi striscianti, dettagli che rimangono impressi per anni, forse addirittura per generazioni. Non si tratta solo di numeri o semi: molte carte, soprattutto nei giochi recenti, sembrano parlare da sole, trasmettere stati d’animo, raccontare a modo loro una storia collettiva. Prendiamo ad esempio Magic: The Gathering: dalla sua comparsa nel 1993, ha visto nascere più di 25.000 illustrazioni originali, alcune firmate da artisti che ritroviamo anche tra le pagine di cataloghi d’arte.
Ecco, almeno secondo un’analisi dell’Accademia di Brera, sempre più creativi trovano spazio proprio nel design di queste carte: forse per gioco, forse per reinventare il ruolo dell’arte popolare. Soggetti, sipari, segni: non sono mai neutrali, veicolano qualcosa di preciso. Rafforzano legami, lascia intendere d’appartenenza a un gruppo, o magari solo il piacere di sentirsi parte di una storia più grande di sé. Tutto ciò non è pura estetica: piuttosto, una narrazione visiva, una sorta di psicologia illustrata al servizio del giocatore.
Psicologia, bluff e strategie online
Dietro ogni giocata, c’è sempre quell’incrocio delicato fra razionalità e tensione. Per certi giochi, la testa conta forse anche più del mazzo che ti ritrovi in mano. Servono intuito, memoria brillante, un certo sangue freddo, un pizzico di empatia. Proprio online, il poker ha esteso queste dinamiche a una platea globale: solo in Italia, secondo l’Osservatorio sul Gioco Online, nel 2023 si sono registrati oltre 1,2 milioni di account attivi dedicati ai giochi di carte strategici digitali. In quell’ambiente digitale, il bluff prende nuove forme: qui si tenta di leggere l’altro solo attraverso i gesti minimi, magari una pausa insolita o la scelta di una puntata improvvisa, e tutto quanto passa per la tastiera.
Non mancano ricerche che cercano di mettere ordine tra i meccanismi emotivi e cognitivi – su PsicologiOnline.net, ad esempio, si parla di un processo complesso dove il corpo lascia spazio a segnali digitali. E poi ci sono, nei giochi più tradizionali tipo il burraco, quei dettagli sottotraccia: sostenere il proprio compagno, destabilizzare l’avversario, mantenere una specie di eleganza anche sotto pressione. Online tutto è accelerato, un po’ caotico, spesso imprevedibile… Però il nucleo resta quello: psicologia, quasi più che carte.
Identità, relazione e società digitale
Non basta vincere una partita per dire chi si è, ma alla fine ogni mano giocata, ogni mazzo scelto e custodito, dice qualcosa di chi siamo. C’è chi sostiene che la dimensione sociale, oggi, passi soprattutto dalle community digitali; e a quanto pare, nel 2024 sono già più di 300.000 gli iscritti nei principali forum italiani del settore. Collezionare, personalizzare, competere nei tornei – non più solo gioco o svago, ma gesti che si caricano di significati identitari.
Una riflessione di StateOfMind.it suggerisce che questi giochi abbiano una funzione fin quasi educativa: palestra d’empatia? Forse. Campo sicuro per la rivalità, ma con regole precise (o che pretendono di esserlo). Nonostante tutta questa digitalizzazione, alla fine non sembra cambiato molto nella sostanza: sempre quella voglia di riconoscimento, la spinta a confrontarsi, la ricerca di riti condivisi. La tradizione, rilette in chiave nuov
Dalla terapia alla didattica
Negli ultimi tempi, osservando la mole di studi, si direbbe che il ruolo educativo e terapeutico dei giochi di carte stia finalmente attirando più attenzione. Uno studio dell’Università di Padova del 2022, che ha coinvolto più di 200 adulti tra i 30 e i 65 anni, suggerisce che giocare a carte con costanza possa aiutare la flessibilità mentale e a tenere a bada lo stress. Alcuni terapeuti, tra l’altro, impiegano questi giochi nei gruppi come strumenti per rafforzare dinamiche relazionali o lavorare sull’autostima. E anche in certi contesti scolastici, i giochi di carte si stanno facendo spazio come strumenti per sviluppare logica e pianificazione.
In ambito geriatrico, praticare giochi come bridge, scacchi o collezionabili sembra, secondo alcuni studi, essere collegato a una riduzione del declino cognitivo – anche se le interpretazioni variano. Quindi non semplici passatempo: diventano occasioni strutturate per esercitare la mente, per mantenere viva la curiosità e nutrire l’intelligenza emotiva. A qualsiasi età, volendo.
Quanto a vitalità, la cultura dei giochi di carte strategici in Italia sembra tutt’altro che sul viale del tramonto – ammesso che si voglia chiamarla così. Ogni mazzo dietro ha un po’ di arte, dietro ogni sfida c’è sempre un lavoro psicologico più o meno consapevole. Però, va detto, resta fondamentale ricordare che la responsabilità non si può mai mettere tra parentesi: giocare dovrebbe essere un’esperienza consapevole, con limiti. Il confine fra passione e rischio? Si fa sottile.
Forse, più attenzione e un po’ di autocritica sono le carte che vale la pena tenere sempre a portata di mano. In gioco o altrove.
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