
Giornata per i diritti dell’infanzia e adolescenza
Cosa fa il garante dei minori
20 novembre, Giornata per i diritti dell’infanzia e adolescenza - c'è una figura importante: il Garante per i diritti dei minori. La giornata per i diritti dell’infanzia e adolescenza sanciti dalla Convenzione ONU del 1989, ratificata in Italia con la legge n.176 del 1991, è un’occasione importante per riflettere sul suo significato e sull’attualità di questi diritti. A partire dalla figura che li deve tutelare.
Ma che cosa fa il Garante? ''Opera per assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti delle persone di minore età secondo quanto previsto dalle Convenzioni Internazionali, in particolare la Convenzione ONU del 1989 sui diritti del Fanciullo e dalle norme costituzionali e legislative nazionali vigenti'' afferma la dottoressa Anna Berloffa, laureata in Servizio Sociale, assistente sociale specialista, e oggi Garante dei Minori di Trento incarico che ha raccolto da Fabio Biasi (Garante dal 2019 al 2024).
Già direttrice dell’Ufficio “Età evolutiva, genitorialità e Centro per l’Infanzia” all’interno del Servizio Politiche Sociali della Pat, la dr.ssa Berloffa ha diretto il “Centro per l’Infanzia”, centro di pronta accoglienza per bambini tra 0-11 anni di età in situazione di pregiudizio, si è occupata di affidamento familiare, adozione nazionale e internazionale, servizi per minori e per la genitorialità vulnerabile, salute mentale in età evolutiva, mediazione familiare.
''Il Garante dei minori'' - spiega - ''ha una funzione di promozione, sensibilizzazione sulla conoscenza dei diritti in collaborazione con altri soggetti istituzionali e non. Tra i suoi compiti la formazione e selezione dei tutori volontari che verranno iscritti in un elenco presso il Tribunale per i Minorenni, come previsto dalla Legge n.47 del 2017 “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”.
I diritti delle persone di minore età, nel mondo, non sono sempre riconosciuti e rispettati, anche a livello nazionale si evidenziano disparità e disuguaglianze.
Affrontare, in questa giornata, il tema dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) significa porre l’attenzione sulla presenza di questi ragazzi e ragazze, a volte bambine e bambini, che arrivano sul nostro territorio soli, attraverso un percorso migratorio non facile e, spesso, costellato di eventi traumatici.
In Italia, la legge n.47 del 2017, la cosiddetta legge Zampa dal nome della parlamentare che ha proposto e seguito il suo iter di formazione, ha reso più forti le tutele per loro, riconoscendo delle vulnerabilità e garantendo diritti equivalenti a quelli dei minori italiani ed europei.
La stessa legge ha dato maggiore evidenza alla figura del tutore volontario che ha un compito fondamentale, non solo nella rappresentanza legale, come per gli esercenti la responsabilità genitoriale, ma anche nel promuovere e vigilare sul loro benessere psico-fisico e sulle condizioni di accoglienza, sicurezza e protezione. Il tutore volontario rappresenta una forma di genitorialità sociale e di cittadinanza attiva, offrendo la propria disponibilità in modo gratuito, accompagnando i ragazzi e le ragazze in un percorso verso l’autonomia.
Le disposizioni normative e la presenza di una rete non solo istituzionale, creano le condizioni per la realizzazione del principio cardine della Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che è il superiore interesse del minore.
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UN ESEMPIO DI TUTELA DEI MINORI
QUANDO IL GARANTE DI TRENTO SCRISSE A DRAGHI SULLE MASCHERINE A SCUOLA
Non ci risulta gli abbiano mai risposto, ma è stata una bella pagina di diritto, un sussulto vero e proprio. Eravamo in piena pandemia. Il Garante dei Minori di Trento allara in carica, Fabio Biasi, scrisse a Mario Draghi, ai ministri della salute e dell'istruzione (Speranza e Bianchi), alla ministra per gli affari regionali (Gelmini) alle autorità provinciali e a chi tiene le redini del sistema scolastico per chiedere di ridare dignità ai bambini.
''Ormai da troppo tempo i bambini ed i ragazzi sono sottoposti, all’interno delle
scuole (ma non solo) ad imposizioni irragionevoli e vessatorie, che turbano severamente il loro processo di crescita, con gravi ricadute sul loro benessere psichico e fisico. Sarebbe tempo di restituire loro la giusta dignità e la piena libertà, in primis
quella di poter finalmente respirare senza impedimenti di sorta" scrive il Garante dei minori di Trento (qui il testo integrale della sua nota).
E' dunque giunto il tempo e le condizioni per un ripensamento immediato e radicale dell’obbligo delle mascherine nei contesti scolastici, quantomeno in posizione statica, cioè al banco, nonché negli spazi aperti di pertinenza scolastica e nelle attività motorie.
E citando le precedenti richieste (rimaste senza risposta!) indica gli studi sui danni che i bambini patiscono sul piano emozionale e fisico dall'obbligo di una mascherina che peraltro non è meno stata pesata e brevettata per l'utenza pediatrica.
Ricordando come si fosse già ipotizzato che l’uso prolungato delle mascherine da parte di bambini e ragazzi potesse essere causa dell’insorgere di problematiche legate alla sfera psichica degli stessi, specie sulla qualità delle relazioni umane, Biasi cita la stessa O.M.S. che consiglia l’uso di mascherine negli spazi pubblici indoor, solo se manca una buona ventilazione e/o non può essere mantenuta la distanza di un metro. Ma ora ci sono anche studi che affermano i danni nero su bianco.
Biasi segnalava di aver ricevuto segnalazioni di molti malesseri come il mal di testa, a volte accompagnato da nausea o vomito, dolori di stomaco.
"Metto a vostra disposizione alcuni studi effettuati da gruppi di ricerca scientifica, che parlano espressamente di effetti collaterali, quali problemi psicologici, dermatologici, nonché problemi respiratori dovuti alla concentrazione di anidride carbonica che si respira sotto le mascherine.
Alcuni studi evidenziano che l’uso prolungato delle mascherine può comportare effetti dannosi sulla performance cognitiva di scolari e studenti, mentre, nel lungo periodo, l’aumento di anidride carbonica è stato collegato a malformazioni fetali, danni al sistema riproduttivo, danni neurologici, cancro, infiammazioni polmonari e cardiovascolari".
Il Garante disse che qualsiasi limitazione di diritti fondamentali delle persone debba essere giustificata da situazioni di fatto verificate e ben determinate e debba rispondere a precisi criteri di proporzionalità, di ragionevolezza e di precisi limiti temporali.
"Va osservato che da due anni ad oggi le cose sono notevolmente cambiate, essendo assodato che ci troviamo di fronte ad un Coronavirus molto diverso da quello originale, nel senso che la variante OMICRON – pur se caratterizzata da un’infettività maggiore – ha una pericolosità ed una letalità di gran lunga inferiori".
''Ricordo che tutte le persone, in quanto esistenti (e quindi anche i bambini) sono
portatori di diritti fondamentali all’integrità fisica (che comprende quella mentale, spirituale e psicologica), al libero sviluppo della loro personalità, al rispetto della dignità umana, a conoscere modelli educativi non violenti".
Ma non è tutto. Secondo Biasi il permanere di queste misure per un tempo non più ragionevole comportava una evidente violazione di precise norme contenute nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del Fanciullo. Questi gli articoli segnati a Draghi da Biasi:
- l’art. 3, sul superiore interesse del bambino, da considerarsi primario rispetto ad ogni
azione da intraprendere;
- l’art. 16, che vieta le interferenze arbitrarie o illegali nella vita privata o familiare;
- l’art. 19, sulla protezione dalla violenza fisica e mentale;
- gli artt. 28 e 29, sull’educazione nel rispetto della dignità umana del bambino, anche
quale obiettivo specifico della Scuola;
- l’art. 37, sulla proibizione della tortura e di ogni trattamento degradante.
Biasi citava anche l’ordinanza del Tribunale di Weimar dell'08 aprile 2021, con la quale veniva proibito agli amministratori scolastici “di ordinare o richiedere per i bambini, gli studenti e gli insegnanti, di indossare mascherine facciali di tutti i tipi, specialmente copri bocca-naso, le cosiddette maschere qualificate (maschere OP o maschere FFP2) o altre durante le lezioni o nei locali della scuola” e veniva altresì proibito di ordinare o richiedere di “mantenere delle distanze minime tra di loro o con altre persone che vanno al di là di ciò che era noto
prima del 2020”.
E quindi ribadiva l'urgenza di prendere nella dovuta considerazione gli studi scientifici. Per essere sicuro che premier e ministri li conoscano, glieli aveva inoltrati.
''Leggeranno? Risponderanno?''
Ce lo chiedevamo nel marzo 2022.
Non ci risulta ci sia stata risposta.
Corona Perer

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Covid19, mascherine sì o no
Studio sperimentale sull'effetto della mascherina sull’ascolto
11.03.2021 - Un gruppo di ricerca dell’Università di Trento ha dedicato uno studio sperimentale all'effetto della mascherina sull’ascolto e sulla comprensione di una conversazione e ha dimostrato qualcosa che tutti in qualche modo abbiamo sperimentato, ovvero l’impossibilità di una vera relazione. Non vedere la parte inferiore del volto coperto da una mascherina, rende più faticoso l’ascolto e più incerta la comprensione del messaggio anche a parità di informazione acustica ricevuta.
La ricerca dell’Università di Trento è stata realizzata da Elena Giovanelli, Chiara Valzolgher, Elena Gessa, Michela Todeschini e Francesco Pavani del laboratorio Cognition Across the Senses (CAtS) del Centro interdipartimentale Mente/Cervello CIMeC dell’Università di Trento.
Francesco Pavani, coordinatore dello studio, commenta: «In questi mesi si è discusso molto di quanto le mascherine potessero costituire un vero problema per le interazioni, una barriera sociale aggiuntiva».
Elena Giovanelli, prima autrice dello studio, spiga come si è proceduto. «Abbiamo ricreato una situazione simile a una video-chiamata con tre diversi scenari d’ascolto. Nel primo si vedono le persone in volto, nel secondo le persone con la mascherina, nel terzo solo i loro nomi. In tutti i casi, però, l’informazione uditiva proposta era costante: si trattava sempre dell’audio registrato senza mascherina. In questo modo abbiamo voluto separare gli effetti acustici legati all’uso della mascherina da quelli audio-visivi legati alla visione delle labbra del parlante. Abbiamo mostrato che vedere una persona che parla con la mascherina può essere equivalente a non vederla affatto. Rispetto alla condizione del volto pienamente visibile, i partecipanti hanno più difficoltà nel comprendere il messaggio e devono sostenere un maggiore sforzo di ascolto. Inoltre, vedere gli altri che ci parlano con mascherina aumenta il timore di non aver compreso la conversazione in modo preciso».
Questa ricerca dimostra il contributo cruciale dell’esperienza audio-visiva nella comprensione del parlato anche per le persone udenti. Elena Giovanelli e Francesco Pavani segnalano che il lavoro aiuta a comprendere per quale ragione le mascherine possano trasformarsi in un ostacolo invalidante alla comunicazione per tutti coloro nei quali l’ascolto può essere più difficoltoso: persone con problemi di udito, persone che stanno ancora imparando la lingua – bambini o adulti – persone che lavorano quotidianamente in contesti rumorosi.
«Bisogna cogliere l'opportunità per informare le persone su come fare un uso consapevole delle mascherine e suggerire di ricorrere a soluzioni alternative (mascherine trasparenti, schermi, incontri a distanza dove però si possano vedere i volti) quando la mascherina diventa un vero ostacolo all'interazione sociale e alla comunicazione. È il caso delle persone sorde o ipoacusiche, anziane o giovani, che proprio per via di questi problemi legati alle mascherine rischiano di usarle meno o rimuoverle laddove non dovrebbero» conclude Pavani.

Autore: Corona Perer
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