
Tendenze moda nel '500
Il Rinascimento ai Musei di Brescia - Piume, pellicce, bottoni gioiello...
Piume, pellicce, trame preziose e bottoni gioiello. Erano queste le tendenze moda del Cinquecento. La mostra sul Rinascimento ai Musei di Brescia spiega come già nella prima metà del '500 la moda europea guardava all'Italia come fonte di ispirazione e la pittura documenta gusti e stili, oltre a confermare lo status sociale dei protagonisti.
Fortunato Martinengo, volto "trasognato" dell'esposizione bresciana, intellettuale e fondatore dell’Accademia dei Dubbiosi, è forse il gentiluomo più elegante presente in mostra con l’espressione trasognata e il suo outfit decisamente sfarzoso con bombature sulle maniche, ricche decorazioni degli orli, “bottoni gioiello” e la preziosa pelliccia di ermellino.
Fortunato Martinengo ritratto da Moretto - Londra, National Gallery
La mostra Il Rinascimento a Brescia,visitabile fino al 16 febbraio 2025 al Museo di Santa Giulia di Brescia, è un’occasione imperdibile per immergersi nelle atmosfere del primo Cinquecento e scoprire abiti, acconciature, tessuti, gioielli e accessori di tendenza in quel tempo.
I ritratti di Moretto (1496 circa – 1554), Romanino (1484/1487 – 1560) e Savoldo (1480/85 – post 1548), protagonisti indiscussi di una delle stagioni gloriose della pittura bresciana e italiana, sono specchio della moda dell'epoca, dettata in primis dalle corti di Milano e Mantova, ma anche da città di grande prestigio come Brescia che, importante centro di approvvigionamento di tessuti, può contare su famiglie facoltose amanti del lusso e in cerca di visibilità.
Già dalla fine del Quattrocento, la stravaganza delle fogge, l'esclusività dei colori e delle trame preziose, i materiali ricercati, gli inserti in pelliccia, le collane e gli anelli, le piume e i ricami che rimandano a emblemi delle diverse case nobiliari, fanno dell'abbigliamento un vero e proprio veicolo dell'immagine sociale e del potere. Tra eleganza ed esuberanza, non tardano a essere sempre più marcate anche le differenze di genere: per gli uomini i pantaloni a sbuffo sulle cosce e aderenti sui polpacci valorizzano sia la muscolatura virile sia il loro ruolo attivo nella società, per le donne le lunghe e spesso ingombranti gonne, riccamente decorate, delineano una condizione più sedentaria, ma non priva, in molti casi, di altissimi slanci intellettuali.
La coppia di sposi Girolamo Martinengo ed Eleonora Gonzaga raffigurati da Moretto, è un perfetto connubio tra raffinatezza e ostentazione. I due convolano a nozze il 4 febbraio 1543 con un matrimonio fastoso e scenografico, durato giorni tra sontuosi banchetti, cortei e spettacoli, per il quale erano previsti numerosi cambi d'abito e lo sfoggio di "gioie preziose".
Ori e perle, gemme destinate unicamente alle donne sposate, arricchiscono l'elaborata acconciatura di Eleonora e l'abito in raso bianco e impunture dorate è realizzato con tessuti corposi, consistenti, che accentuano l'effetto plastico e pittorico, oltre a essere un chiaro rimando all'agiatezza della dama, dato che per l'imbottitura venivano impiegati molti tessuti, perlopiù costosi. Al suo fianco Girolamo, condottiero della Serenissima, si presenta con un abbigliamento da “ultima moda uomo” in nero con ricami dorati e copricapo completo di piuma. Proprio in quegli anni il nero inizia a essere considerato non più come "colore del diavolo" o dei popolani che lavoravano nei campi ma diventa un must per i rampolli delle famiglie più ricche.
È infatti una tinta molto difficile da ottenere, per la quale è richiesta una lavorazione lunga e particolarmente accurata. A metà Cinquecento diviene, in particolare, appannaggio di intellettuali e umanisti.
Un altro dettaglio importante della moda dell’epoca, è la medaglia applicata nella parte inferiore della falda del cappello, accessorio imprescindibile per l'uomo del Cinquecento, che poteva mostrare motti (come quella di Fortunato, traducibile da greco “Ahimè, troppo desidero”) o imprese, come nel Gentiluomo ritratto da Romanino.
Tra le altre tendenze curiose di quei decenni, il “farsetto” (una sorta di giacchetta maschile imbottita e attillata confezionata su misura che enfatizza l’anatomia del corpo per renderlo ancora più plastico) e il “pene finto” ovvero un sacchetto o un lembo a forma di conchiglia o di proboscide rialzata applicato con stringhe o bottoni alla parte anteriore dei pantaloni e riempito con tessuti o talvolta anche con carta.
Espressioni esuberanti di un gusto per lo sfarzo, destinato di lì a poco a ridimensionarsi con l’avvento della Controriforma nella seconda metà del Cinquecento, quando l’accessorio più comune diventa per contrasto la rigida gorgiera che ricorda una testa decapitata… ma questa è un’altra storia.
La mostra è un progetto di Fondazione Brescia Musei e Comune di Brescia, co-prodotta da Skira, a cura di Roberta D’Adda, Filippo Piazza ed Enrico Valseriati.
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Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552.
a cura di Roberta D’Adda, Filippo Piazza e Enrico Valseriati
fino al 16 febbraio 2025
Brescia, Museo di Santa Giulia
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