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Duccio Canestrini: ''Il punto non è la foto ma l'uso della notizia''

Il caso della fotografia dell'indio che trasporta il vecchio padre sulle spalle... per farlo vaccinare

di Duccio Canestrini (Antropologo) - Un po’ perché mi è capitato di assistere personalmente a una cura sciamanica in Amazzonia, un po’ perché fare antropologia oggi vuol dire anche conoscere vizi e virtù della comunicazione, mi ha molto colpito la fotografia dell’indio che trasporta il vecchio padre sulle spalle, per farlo vaccinare. Diversi media, tra cui BBC World News, hanno dato rilevanza a questa storia, perché l’impresa del giovane Tawy della tribù Zo’è avrebbe richiesto ben 12 ore di cammino attraverso la foresta.

Ghiotta pietanza da ammannire: i commentatori hanno subito ricordato il caso di Enea, che trasportò sulle spalle il padre Anchise, salvandolo dall’incendio di Troia. 

Nell’era dell’informazione usa e getta e della post-verità tutto è plausibile. Sui social c’è chi ha contestato l’interpretazione della foto, altri che han detto trattarsi di una foto del 2015, e chi invece ne difende l’autenticità, in primis l’autore, cioè il medico Erik Jennings Simões che l’ha postata su Instagram.

Il punto tuttavia non è il fatto in sé, cioè la veridicità della narrazione, quanto l’uso della notizia; in questo caso ecco che la storia del novello troiano amazzonico darebbe esempio al mondo intero di come sia lodevole prendersi cura dei più fragili e di cosa significhi avere fiducia nella scienza. Con una overdose di retorica, tuttavia, che diventa un’evidente forzatura. Anche perché, va detto, al mondo, ai governi, ai media non è mai importato nulla della salute degli indios. Sorpresa.

Dall’inizio di quest’anno compaiono su Twitter e su Telegram (canale “Il Segugio”) diversi fotomontaggi burleschi e prese in giro della moralizzazione dello scatto fotografico in questione. In pratica, parodie della notizia. Il tenore umoristico di queste variazioni sul tema è, per fare qualche esempio, il seguente:

Il Fortunadrago trasporta sulla schiena Atreiu (nel romanzo e nel film “La Storia infinita”) verso uno hub vaccinale. Un cane volante ci ha dato una grande lezione.

''Tarzan si carica sulle spalle Jane, passando atleticamente da una liana all’altra e sfidando le insidie della giungla, per portarla a farsi un tampone nasale.''

''La lezione della guida turistica Ugo che arranca nel deserto portando sulle spalle un povero cinquantenne disidratato e sprovvisto di super green pass.''

''Konk, piccolo gorilla no-vax trasportato su una zattera per 12 mesi da un veterinario senza frontiere verso uno zoo sanificato, dove vivrà per sempre in gabbia.''

''L’impresa degli eschimesi Nerriungnerk partiti in canoa da Qikiqtarjuaq alla volta della farmacia di Pangnirtung per essere punturati con aghi in osso di tricheco.''

''Il ministro della salute Roberto Speranza che cammina da due anni con il virologo Roberto Burioni sulle spalle, senza arrivare da nessuna parte.''

 

E via ironizzando. Se c’è un effetto sicuro che la pandemia ha generato da due anni a questa parte è lo scetticismo, per non dire la sfiducia, nelle narrazioni istituzionali.

Le quali, ahinoi, in totale assenza di inchieste serie, sono contraddittorie e sospette d’essere pilotate dal mondo degli affari.

Non dico che la rete sia la Verità (per carità!), ma a buon intenditor… qualche dubbio viene.

 

24 gennaio 2022

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Per saperne di più
Chi è Tawy e dove vive

Tawy e suo padre Wahu sono membri della piccola tribù Zo’è che vive nella foresta del Parà brasiliano. Questi indios costruiscono case rettangolari, aperte su tutti i lati, in cui abitano diverse famiglie e dove dormono in amache appese alle travi del tetto. Le comunità sono circondate da orti in cui crescono peperoni, banane, manioca e altri tuberi. Gli Zo’é sono poligami e sia gli uomini sia le donne hanno diversi partner. La loro società non è gerarchica, non ci sono capi tribù. A disturbarli per primi furono i cacciatori di pelli di giaguaro negli anni ‘40 e ’50, seguiti dai raccoglitori di noci brasiliane e dai missionari americani, evangelici fondamentalisti, che hanno destrutturato le basi della religione indigena. Tutti questi stranieri sono stati portatori di epidemie di morbillo e di influenza letali per i nativi.
Oggi le principali minacce per la vita degli Zo’è sono due: i cercatori d’oro che causano danni ambientali enormi contaminando i corsi d’acqua con il mercurio, e i latifondisti che abbattono la foresta  per coltivare la soia destinata agli allevamenti del bestiame.

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