Ieri miniere, oggi musei
San Giovanni Rotondo recupera il parco minerario ex-Montecatini
I musei e gli ecomusei minerari in Italia rappresentano un patrimonio che va rivalutato. Lavora a questo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) che ha censito circa 3.000 siti minerari dismessi su tutto il territorio nazionale nell'arco di tempo che va dal 1870 al 2006. Questo patrimonio di immenso valore coinvolge storia, cultura e paesaggio.
L'Italia è paese con alle spalle 28 secoli di attività estrattiva. Dall’Età del Ferro al XX secolo, il nostro Paese è stato al centro dello sviluppo culturale e sociale, conserva quindi la storia mineraria più a lungo documentata e un patrimonio geominerario, unico al mondo.
Dalla fine del '900 a cavallo degli anni '70, si è chiusa l’epoca dello sfruttamento dei giacimenti minerari, e sul territorio sono restati i segni di tanta fatica, e anche di storie umane fatte di con dizioni difficili di lavoro, di malattie professionali e anche di morte.
Gli impianti minerari dismessi possono essere protagonisti di una nuova stagione di recupero della memoria. Nell’ottobre del 2015, in occasione dell’Expo di Milano, in uno dei padiglioni è nata la Rete dei Parchi e Musei Minerari Italiani (ReMI), grazie a un Accordo siglato da Ispra con il Ministero dello Sviluppo Economico. Il “Repertorio Italiano di Scienze della Terra” è un progetto che mira al recupero di molti edifici immobiliari oggi abbandonati e la loro musealizzazione.
In Sicilia, sono 765 i siti censiti da Ispra. Altro straordinario giacimento culturale si trova in Sardegna con villaggi operai, pozzi di estrazione, migliaia di chilometri di gallerie, impianti industriali, antiche ferrovie. Lì il Parco geominerario storico-ambientale è già attivo. Comprende 8 aree, 81 comuni differenti di 8 province sarde per un totale di 3500 km².
A questo patrimonio di esperienza guarda con molto interesse anche la Puglia che conserva due miniere a cielo aperto (Spinazzola e Otranto) e uno dei villaggi della Montecatini che - dal 1936 al 1973 - estraeva la bauxite a San Giovanni Rotondo, per poi avviarla al golfo di Manfredonia e da lì a Porto Marghera in nave. Servì inizialmente all'industria bellica. I 1640 ettari di suolo sulla piana che si stende sotto alla montagna dove si erge il paese di Padre Pio, consentivano di estrarre 170.000 tonnellate ogni anno di materiale dalle 23 gallerie scavate dall'uomo. Nel periodo di massima attività l'impianto impiegava 700 dipendenti e il villaggio ospitava teatro, campo sportivo, asili e scuole elementari.
Salvatore Mangiacotti nel suo libro “Il Pianto della Miniera” ha raccolto i primi documenti fino alle interpellanze parlamentari a difesa dell'impianto pugliese di San Giovanni Rotodo. Come quella che l'onorevole Gustavo De Meo nel marzo del 1955 inoltrò all'allora presidente del Consiglio Mario Scelba e in cui segnalava che la crescente importazione di bauxite dalla Jugoslavia avrebbe portato alla morte l'impianto pugliese. Non si sbagliava.
Da lì a poco meno di 20 anni, diventa antieconomico estrarre al sud per portare al nord il materiale estratto. Se vogliamo i primi vagiti di una globalizzazione destinata a lasciare sul suo cammino lo smantellamento e anche la perdita di posti di lavoro. I minatori scioperarono, occuparono le gallerie, ricordano il prezzo pagato con i molti compagni morti (almeno 27 in vari incidenti) e le malattie professionali contratte tra cui la silicosi (solo dopo gli anni '50 poté essere curata nell'ospedale creato da Padre Pio a San Giovanni Rotondo). Non servì a nulla. La miniera venne chiusa. Ma ora si apre una stagione di recupero sulla quale anche la Regione Puglia vuol credere con un primo stanziamento di 150.000 euro per opere di recupero e valorizzazione.
Sull'area nel frattempo è stato aperto un agriturismo che offre servizi ai visitatori ed il locale Gruppo Speleologi consente di affrontare visite in tutta sicurezza. “Ospitiamo le scuole e possiamo attivare un nuovo segmento di attività turistica nella piana del Gargano. Tra mare e turismo religioso, è possibile ospitare anche un parco museale a cielo aperto” afferma Salvatore Mangiacotti nipote di minatori, figlio di emigranti. In passato è stato anche Sindaco di San Giovanni Rotondo ed ora si batte per recuperare questo immenso patrimonio.
Info per visite e prenotazione:
Centro Studi Miniera di Bauxite di San Giovanni Rotondo
Agriturismo Santa Barbara
Autore: Corona Perer
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