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Un anno fa i primi disordini in Libano

Non se ne parla ma la repressione continua

Era il 17 ottobre 2019 quando le forze di sicurezza libanesi rispondevano con l'uso della forza alle manifestazioni prevalentemente pacifiche, mediante pestaggi, impiego di gas lacrimogeni, proiettili di gomma e a volte anche veri. Centinaia di persone quel giorno riportarono ferite.

A un anno di distanza dall’inizio delle proteste di massa che interessarono tutto il paese, Amnesty International con la sua meritoria opera di monitoraggio sui diritti civili, ha rilevato che le autorità del Libano non solo non hanno preso in considerazione le legittime richieste di diritti economici e sociali, ma hanno persino continuato a reprimere i diritti di manifestazione pacifica e alla libertà d’espressione.

Le autorità libanesi hanno continuato a reprimere le proteste arrestando e perseguendo attivisti e giornalisti, anche in corte marziale. Delle decine di persone arrestate, molte hanno denunciato di essere state sottoposte a brutali pestaggi, in alcuni casi equivalenti alla tortura.

“Nell’ultimo anno, a più riprese le strade del Libano di sono riempite, per lo più pacificamente, di persone che hanno sfidato i pestaggi, gli arresti e le convocazioni in tribunale. Così è successo, ancora con i segni delle ferite addosso, anche dopo la devastante esplosione del 4 agosto nel porto di Beirut, e ancora una volta le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco”, ha dichiarato Lynn Maalouf, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

Le proteste sono inftti riprese l’8 agosto, quattro giorni dopo l’esplosione: anche allora l’esercito e le forze di polizia si sono scagliate contro manifestanti pacifici ferendo oltre 230 persone, colpendone alcune agli occhi coi pallini da caccia o al volto e al capo coi candelotti lacrimogeni.

“Gli ultimi 12 mesi sono stati segnati da una serie di fallimenti catastrofici da parte delle autorità libanesi: non hanno risposto alla richiesta di diritti economici e sociali, non hanno tutelato i diritti di manifestazione pacifica e alla libertà d’espressione'' ha aggiunto Maalouf. Amnesty International ha chiesto alle autorità libanesi di porre fine alle intimidazioni nei confronti degli attivisti e dei giornalisti coinvolti e d’indagare sui funzionari pubblici responsabili di aver violato i diritti alla libertà d’espressione, alla giustizia e di manifestazione pacifica.

16 ottobre 2020

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Beirut devastata, dopo la tragedia i danni economici
Federpetroli ''E' stato anche compromesso il mercato petrolifero''

(8 agosto 2020) - La domanda sorge spontanea: cui prodest? E se fosse stato anche un attacco economico e non solo una disgraziata e malaugurata tragedia? Le domande sono tante da quel tragico 5 agosto. Con le macerie, le polveri, le possibili tossicità dell'aria e la pericolosità degli stessi inerti (da rimuovere) ci sono anche i danni economici al comparto portuale, specie a quello petrolifero.

“Con il Porto di Beirut devastato, gran parte dell’export italiano derivato dalla raffinazione con destinazione Libano sarà compromesso con forti perdite” dichiara il presidente di FederPetroli Italia - Michele Marsiglia.

Sono infatti numerose le raffinerie italiane che fanno partire petroliere con destinazione Beirut. ''Il Libano è un paese che ha sempre rappresentato un mercato proficuo per l’Oil & Gas italiano'' prosegue Marsiglia. che  ''Parliamo non solo di raffinazione ma siamo in gara per diversi asset nell’OffShore a largo di Beirut. Con la chiusura del porto lo scalo di Tripoli più a nord non sarà una sostituzione ottimale per lo scarico e la logistica dei prodotti”.

In merito ad una possibile inchiesta internazionale per accertare le cause dell’accaduto, Federpetroli ritene che la verità la debbano trovare i libanesi e non paesi esterni. "Con l’intrusione di altri rischiamo di far diventare il Libano una seconda Libia con la Turchia che è già pronta a tendere la mano, come dimostrato con la disponibilità del Porto di Mersin” commenta.

E intanto proseguono gli scontri di piazza. Dopo aver monitorato sul posto le manifestazioni in gran parte pacifiche dell'8 agosto, aver raccolto testimonianze e aver visionato e verificato filmati, Amnesty International è giunta alla conclusione che le forze armate e di sicurezza libanesi hanno usato una forza illegale e sconsiderata, colpendo indiscriminatamente la folla con gas lacrimogeni, proiettili di gomma e fucili ad aria compressa. Sono già 230 i feriti.
(8.8.2020)

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