Arte, Cultura & Spettacoli

Emilio Isgrò, io non cancello

''La mia vita fraintesa'' - La biografia di un rivoluzionario

(Corona Perer) - E' la biografia di un rivoluzionario. ''Io non cancello'' (Solferino) ha il potere di restituire la freschezza di gesti rivoluzionari anticonformisti come quelli che Emilio Isgrò ha messo a segno nell'arte italiana degli anni Sessanta. In un panorama artistico dominato da artisti che facevano a gara ad essere più americani degli americani, lui (un poeta mancato), portò l'attenzione sulla parola poetica, difendendola, arrivando a cancellarla pur di dimostrarne l'esistenza.

"....sapevo bene che mi sarei posto fuori da tutti i giochi consolidati del sistema dell'arte, dalle sue regole e dai suoi compromessi" afferma nella biografia, magistralmente curata da Chiara Gatti e dedicata alla moglie Scilla, ''scintilla della mia vita''.

''Io non cancello - la mia vita fraintesa'' porta in dono la testimonianza diretta di un protagonista del '900, che ha saputo tentare le Rivoluzioni. 

''Essere o non essere della parola. Questo era il dilemma che mi tormentava'' racconta. ''Il paradosso è che promossi la parola al posto delle immagini ma lo feci con opere visive. Ho risolto con mezzi visivi il problema della parola''.

E' un libro fitto di ricordi, relazioni, connessioni, casi della vita, circostanze che fecero di un valido giornalista, che aspirava a fare in realtà il poeta, un artista in un tempo 'pop' dominato da star del calibro di Mario Schifano, Tano Festa, Rauschenberg. ''Ma mentre  a Roma, a piazza del Popolo, tutti gioivano per loro, io mi preoccupai seriamente per il destino della parola umana di fronte all'imperversare dell'immagine pura, svuotata della sua dimensione di senso, ma ridotta al ruolo di quell'oggetto di consumo che essa stessa rappresentava''.

E così lui inizia a cancellare, un processo mai finito e che tuttora lo coinvolge in operazioni sempre dense di significato e mai fini a se stesse. Cancellare è difficile quanto scrivere. ''Io non cancello la forma. Io, semmai, la fraintendo'' dice. 

Emilio Isgrò è nato a Barcellona di Sicilia nel 1937. Recentemente Gibellina gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Vive, pensa, crea e cancella a Milano.   

 

 

Chi va avanti, innova, spezza tradizioni, rompe col passato e col presente sa di dover mettere in conto la solitudine.

''I poeti visivi avevano smesso di includermi nei ranghi perché mi reputavano ormai un artista concettuale. Non sapendo da che parte stare, mi scomunicai da solo. E cominciai a vestire i panni del genio solitario. Mi escludevano dalle mostre e io tiravo dritto. Achille Bonito Oliva una volta se ne uscì con una frase odiosa: «Bisogna levare agli artisti il lusso della parola».

Ma Isgrò viveva della parola, anzi per meglio dire della sua ombra: quella cancellata. La parola per lui era portatrice di un pensiero più limpido dell'immagine. ''E il pensiero è verbale, come testimoniano le religioni di tutto il mondo. Ma fu una lotta. I cliché imperavano. Il pittore doveva fare il pittore. La poesia doveva restare nei libri e faceva pure un po' paura, perché era considerata démodé. Non capivano che la parola poteva qualificare le immagini stesse''.

Raccontando se stesso (mi ha sempre stupito per questo) se ne esce con battute che ti fanno capire la vita. ''Le guerre  - dice Isgrò - sarebbero tutte uguali se non ci fosse la voce dello speaker che ne parla''. Vero! La parola ha il suo potero magico.

E dunque andarne all'essenza, è andare all'essenza delle cose. ''Sapevo bene che, difendendo la parola poetica, anche cancellandola violentemente pur di dimostrarne l'esistenza, mi sarei posto fuori da tutti i giochi consolidati del sistema dell'arte, dalle sue regole e dai suoi compromessi'' racconta Isgrò che malgrado il naturale incedere degli anni conserva la freschezza di un ragazzino sempre innamorato della vita. In questo libro prende per mano, spiega, insegna, stupisce.

''Se ripercorro la storia dell'arte, mi rendo conto di come sia punteggiata di cancellature. Penso al Cubismo larvale di Cézanne, che cancellava la montagna cercando la geometria, e all'Astrattismo di Mondrian, con l'albero di cui cancellò le foglie per lasciarne le linee cartesiane. Cos'è il cielo pieno di angeli e cherubini dei maestri barocchi se non un modo per cancellare lo spazio che non sapevano come rappresentare? Affollare di angeli una cupola era come cancellare il cielo. Caravaggio cancellava lo spazio col nero. Cancellava lo sfondo, inghiottito nel buio. Le facce che emergono dalla notte di Caravaggio non sono come parole che emergono dalla cancellatura? Anche l'esercizio delle velature prevede una forma di cancellatura.

E poi spiega Duchamp. Confermando che l'arte era progetto e non prodotto, apre un ulteriore via nel mondo dell'arte. Arriva così ''Il Cristo cancellatore'', sinonimo di un Cristo giustiziere salito sulla colonna più alta del Tempio, l'Agnus Dei che toglie i peccati del mondo e che fa tabula rasa di ogni antagonismo.

''Ho fatto audacemente appello a una dimensione religiosa, per attingere a una fonte mediatica e a una cultura mediterranea, piuttosto che alle zuppe di Warhol che avevano nutrito gli artisti di piazza del Popolo. Una nota in calce all'opera recitava: «L'editore avverte che queste pagine sono state cancellate da Gesù Cristo». E sul frontespizio mancava il nome dell'autore. Era il mio primo rifiuto dell'identità. E il mio identificarmi con Cristo (un Cristo non cristiano, ovviamente) ricordava piuttosto l'atteggiamento di chi, nelle case di cura, si identifica con Napoleone''.

 

 

L'Isgrò artista ha tanto da dire, ma anche l'Isgrò giornalista di avventure ne ha vissute parecchie. Si trova  a Dallas quando viene ucciso Robert Kennedy, ma è solo uno dei tanti aneddoti che potrebbe sciorinare. ''Enzo Biagi mi accolse bene al Corriere''. E naturalmente, ogni qualvolta minacciava di andarsene (''...perché non sopportavo gli ordini del colonnello e la sua testa superbamente calva...'') lo tratteneva.

Tra i grandi incontri cita il fotografo Ferdinando Scianna, anche lui siciliano, ma di Bagheria, che lavorava per L'Europeo come inviato a Parigi. ''Era un meraviglioso cacciatore di scene metafisiche inquadrate dall'obiettivo della sua reflex''.

Svela anche i suoi piccoli peccati. Bugie e tradimenti.

Le bugie: ''Dico bugie, ma a fin di bene. Sono bugie innocue. Ma preferisco dire, con Picasso, che la menzogna è uno dei procedimenti logici di cui si servono gli artisti. Compito dell'arte non è quello di trascinarci verso il reale, ma verso la sublimazione, filtrare cioè la cronaca attraverso il simbolo e la poesia. Che bisogno c'è di aggiungere altra realtà alla realtà? Quando l'ho capito mi sono spaventato''.

I tradimenti: ''Molte volte ho tradito me stesso" confessa. "Quando il mio lavoro rischiava di scadere in routine, nella abitudine, davo un colpo d'ala per liberarmi da quella zavorra. Una zavorra che si chiamava Emilio Isgrò. La zavorra ero io".

Io amo molto esibire i miei errori come valori. Mentre c'è chi, a teatro, è convinto che tutto debba essere calcolato e perfetto. Per essere vitali, invece, l'imperfezione è necessaria. Altrimenti il rischio è quello di scadere nella confezione. Noi viviamo in un mondo dove l'arte è prevalentemente ben confezionata. Chi può sbagliare oggi con il computer o l'intelligenza artificiale che sanno fare tutto? Non si sgarra'' afferma Isgrò. 

Nel libro confessione per spiegare una vita che potrebbe essere fraintesa, si incontrano anche i suoi ''credo'' e i valori nei quali si è sempre riconosciuto.

''Io credo in Dio e nell'uomo, nei valori divini e nei valori umani, sui quali i poeti non possono dissentire. Gli artisti e i poeti hanno il compito di dissentire soltanto da ogni forma di potere costituito. La libertà è un dono di Dio e l'arte canta la libertà. Dunque, l'arte è un dono di Dio. E lo dico da laico''.

Il libro, che è stato presentato nel giugno scorso alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma all'evento conclusivo di Artista alla GNAM ( dove Isgrò  è stato protagonista per un anno con eventi e  una selezione significativa delle sue opere) è pieno di spunti, divertissment,  E' pieno di gioco, di amare contestazioni, di spirito siciliano, pigrizie, acute furbizie e intelligenze.

Proprio come è l'uomo Emilio: uomo acuto, intelligente. Un capitale umano che a chi scrive personalmente ha sempre destato stupore. E quel sorriso che fa bella la vita.

(Corona Perer)
5 luglio 2025

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Post Scriptum

Pubblico in questa pagina anch'io un ricordo. Il più bello della mia carriera di giornalista.
Un mio articolo  ''Isgrò il Cancellatore'' (L'Adige2005), cancellato ...da Isgrò, il Cancellatore.
Ringrazio Sergio Poggianella che favorì questo magico incontro giornalistico, primo passo
di una bella amicizia con un rivoluzionario.
(cperer)

 

 


Autore: Corona Perer

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