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Se la Chiesa è vuota

A Roma convegno: ''Dio non abita più qui?''

Se le chiese sono poco frequentate, se alcune vengono dismesse e diventano sale da mostra, se una chiesa è affollata quando c'è un concerto....significa che Dio non abita più qui?
La domanda è lecita e la  Pontificia Università Gregoriana ha pensato di farci una riflessione con un  convegno internazionale che si è svolto il 29 e 30 novembre scorso nell’Aula magna della facoltà.

Molte chiese continuano ad essere chiuse e la loro dismissione è un problema per la società di oggi. Spesso la chiusura di una chiesa suscita forti reazioni anche in coloro che non partecipano alla vita ecclesiale. "Molti la sperimentano come un momento di sconfitta sociale piuttosto che come un’emancipazione, come avveniva nel passato” afferma il sociologo Luca Diotallevi (Università di Roma Tre) uno tra i tanti prestigiosi relatori coinvolti nel convegno.

Diotallevi invita a leggere i segni dei tempi, perché solo così si potrà andare oltre un approccio statistico, e a considerare le esigenze della vita nella società e degli spazi fisici nelle città. Ogni evento di dismissione ha le sue caratteristiche individuali e i sociologi studiano le diverse tradizioni religiose, la posizione storica e geografica dell’edificio, gli aspetti legali, l’intero smantellamento dalla preparazione all’esecuzione, il valore dell’edificio, le cause, gli effetti, le parti implicate e la nuova destinazione. “Si sta verificando una generale trasformazione urbana, con lo sviluppo di nuovi contesti urbani e delle città globali”, una questione civile “che si riflette nelle chiese mentre emergono nuove società senza stato”. Di qui la necessità di sviluppare un approccio pastorale che possa apprezzare le “società aperte”. "E se la chiusura delle chiese fosse una provocazione a costruire scialuppe anziché torri di pietra e a inventare una teologia della città?” è la provocazione finale dello studioso.

La questione di un uso “altro” delle chiese andrà crescendo con il passare degli anni. “Confido che come comunità cristiane riusciamo a trovare delle valide soluzioni anche nel confronto con le istituzioni per percorsi che favoriscano delle trasformazioni equilibrate e consone al carattere di tali architetture” è l’auspicio di mons. Stefano Russo, vescovo di Fabriano-Matelica e segretario generale della Conferenza episcopale italiana.

“La forma del tempio segue e accompagna la storia umana, ogni tempio è testimonianza di quanto la religione diventi vita, il culto generi cultura” afferma il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee). A suo dire si tratta di una sfida seria che richiede una riflessione profonda anche sugli aspetti pratici, ad esempio l'evidente distinzione tra chiese e altri edifici ecclesiastici, l’eventuale cessione di proprietà o la locazione degli stessi edifici.

“Che cosa possiamo fare per attenuare il problema delle chiese dismesse?”. A porre l’interrogativo è Thomas Coomans (Università cattolica di Lovanio). Analizzando alcune soluzioni creative per questioni relative a uso, manutenzione, finanziamento, proprietà e patrimonio di queste chiese, Coomans si è soffermato sulla relazione tra Chiesa e società, e sottolineato il legame tra “sacra natura spirituale della religione e sacro valore culturale del patrimonio”.

Diversi i tipi di “uso alternativo" delle chiese dopo la loro disattivazione proposti dal relatore. Tra questi l’uso condiviso, la nuova destinazione e la riassegnazione che tuttavia presentano al tempo stesso pro e contro. Un rischio da evitare, avverte, è che le chiese vadano in rovina e diventino facile preda di imprenditori pronti a promuovere attività inappropriate all’interno di quello che, precedentemente, era un luogo di culto.

Un'ampia cronaca sugli interventi delle due giornate di convegno qui > clicca

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