
L'assedio più insidioso
Padre Ibrahim Faltas ricorda la visita del Pontefice
di Ibrahim Faltas* - Il 22 marzo del 2000, l’anno del Giubileo, arrivò a Betlemme Giovanni Paolo II. Fu una giornata storica, rimasta ancora oggi nel cuore della gente di Betlemme, perché la sua visita riaccese la speranza alla popolazione ferita dalla prima Intifada.
Quando Papa Giovanni Paolo II, giunse in elicottero a Betlemme, ricordo le sue primissime parole: “Qui, dalla Vergine Maria, è nato Gesù. Esse sono il motivo della mia visita di oggi a Betlemme”. E come ogni pellegrino che giunge a Betlemme, anche lui andò alla Grotta della Natività, rimase a lungo, molto a lungo inginocchiato a pregare.
Organizzammo la S. Messa nella Piazza della Mangiatoia, e non dimenticherò le sue parole all’omelia: “ Celebriamo un fanciullo appena nato, ma ci stringiamo a tutti gli uomini e a tutte le donne di ciascun luogo. Oggi, proclamiamo con forza in ogni luogo e a ogni persona: “Che la pace sia con voi! Non temete niente.”
Queste parole mi sono tornate alla mente il 22 marzo 2020 con Betlemme e Gerusalemme chiuse da un virus. Nessuna porta per entrarci, né dalla porta Nuova, né dalla porta di Damasco, né dalla porta di Jaffa, né dalla porta di Santo Stefano, né dalla porta dei Maghrebin, che si trovano tutte intorno alla città, nelle antiche mura di Solimano il Magnifico!
Durante la pandemia sono state chiuse anche tutte le moschee, impedendo il culto ai musulmani, l’accesso al muro del pianto, luogo di preghiera per gli ebrei, e anche le chiese. Lungo le strette strade, vicine al nostro Convento di San Salvatore e a Casa Nova, nel cuore della città vecchia, nel quartiere cristiano, si respirava un’atmosfera surreale, che non ricordavo dai tempi del coprifuoco durante l’ultima intifada. Sono state chiuse tutte le scuole, molti alberghi, ristoranti.
In giro nessuno, solo l’aria ovattata da un silenzio irreale, inquietante, come essere dentro una scena di un film apocalittico. Una brusca realtà dopo due anni eccezionali, di grande ripresa economica, grazie al flusso continuo di pellegrini da tutto il mondo, come se l’umanità intera si fosse ribaltata a Gerusalemme, per pregare, guardare, toccare, esserci, ognuno con una propria attesa, con una propria speranza. Ma nel giro di pochi giorni... pieno silenzio!.
Il Coronavirus, un’invasione, peggiore del ricordo delle sette piaghe d’Egitto raccontate nell’Esodo. Anche la città di Betlemme, è stata chiusa nei primi giorni di marzo, sono stati chiusi tutti gli alberghi, ristoranti, tutte le attività, e la stessa città è divisa in tre settori, la zona centrale di Betlemme, separata da Beit Sahour, dove si trova il campo dei pastori, e da Beit Jalla. In questi giorni c’è il coprifuoco, quindi nessuno può uscire dalle proprie zone e nessuno può entrare e uscire da Betlemme.
Questa situazione ha fatto nascere una collaborazione tra palestinesi e israeliani, per l’emergenza sanitaria, speriamo che sia un primo passo verso la pace.
La Basilica della Natività chiusa come durante l’Assedio della Basilica che ho vissuto in prima persona. Gerusalemme dove le tre grandi religioni monoteiste, elevano la loro preghiera per l’umanità intera, chiusa. Rivolgo la mia preghiera a San Giovanni Paolo, che interceda e ricordi: non temete niente!
*ofm della Custodia di Terra Santa
Autore: Ibrahim Faltas
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