Arte, Cultura & Spettacoli

Presepe ''Candor di neve''

L'eterna arte di Margherita Pavesi Mazzoni

Corona Perer - Lo intitolò ''Candor di neve''. L'eterna arte di Margherita Pavesi Mazzoni torna a noi con il ricordo e la sofficità del cotone e della lana, delle figurine che fu lei a creare, sferruzzando e meditando di una fede che in lei era davvero autentica.

Una grande artista che ci ha lasciato fisicamente, ma che nelle nostre mani ha posto pensieri di raffinata bellezza. Pensieri tondi, compiuti, veri. Come il suo presepe di arte contemporanea: bianco, soffice, candido. Tanto dolce e tenero da sembrare panna montata e con una tensione spirituale e una minuziosa cura del dettaglio che eleva all’infinito.

Un grande organo, altissimo, domina la scena e cattura l’attenzione, a dire la musica delle sfere celesti che diventa scienza e fede al tempo stesso, armonia universale. La scena non si sviluppa secondo una dimensione esclusivamente ‘orizzontale’: c’è un linguaggio scenico soprattutto ‘verticale’, slanciato verso l’alto, quasi a voler creare una ideale continuità con le preziose pale d’altare medievali e rinascimentali. Dall’alto verso il basso, c’è la neve e la venuta dal cielo di ‘qualcuno’, mentre dal basso verso l’alto ci sono la preghiera ed il fervore mistico che si innalzano verso il Bambino.

L’impianto allegorico dispiega una scena “terrestre” popolata di personaggi e di situazioni in una dimensione verticale lungo la quale Dio e gli uomini comunicano incessantemente fra loro. Immanente e trascendente s’intersecano in una dimensione meta-temporale fuori degli schemi tradizionali. Infatti i Re Magi sono già presenti in adorazione, anche se l’Epifania è ancora lontana.

 

 

Nel suo presepe mise passato, presente e futuro superando ogni regola e convenzione, perché il tempo narrato non è Kronos, fatto di ore e di giorni, ma il Kairòs, cioè il tempo ‘ultimo’. Così anche il volto dei personaggi è appena abbozzato, si potrebbe dire trasfigurato, affinché chiunque possa riconoscervi se stesso e le proprie fattezze.

Le forme dei corpi sono tutte essenziali, simboliche. Come il monaco buddista che porta il dono della spiritualità con l’ausilio di figure allegoriche e l’armonia delle arti: la musica, la pittura, la poesia, ma anche l’innocenza e la purezza a cui tendiamo.

Ci sono i fiori (i bucaneve che nella loro fragilità son capaci di forare il gèlo) e poi farfalle e tartarughe. Confusa tra il tutto c’è anche una piccola margherita che è la firma dell’artista nel suo volersi riconoscere solo un minuscolo particolare nel grandioso disegno di Dio. E c’è anche la pittrice e la pellegrina, figura allegorica nella quale lei amava identificarsi nel suo incessante cammino fra le religioni.

Margherita usava cotoni, lane e pizzi, cuciva gli abiti delle sue statue, sferruzzava per una berrettina, i calzari, le scarpe. E poi curava ogni minimo dettaglio. L’angelo ad esempio: suona l’organo con un vero spartito musicale in miniatura. Lo ha scritto lei, e naturalmente non poteva che metterci le note del Gloria.

L‘altro importantissimo dettaglio è una figuretta che tiene tra le mani un quaderno di versi sul quale è riportato un pensiero del grande mistico indiano Aurobindo. “Chi sceglie  l’infinito, dall’infinito è scelto” c’è scritto. Margherita Pavesi Mazzoni, intellettuale di prima grandezza, ne aveva fatto la sua regola e questa norma di vita l‘ha accompagnata fino al giorno in cui - a quella Luce che aveva da sempre rincorso - si è serenamente consegnata.

 

L’architettura dell’opera è ricca di significati profondi e va ben oltre la consueta iconografia perché è un affresco a tutto tondo sull’intera umanità con la tensione spirituale di chi cerca conforto e sente un pesante fardello: quello suo e quello del mondo. Il candore della neve rende il presepe misterioso e luminoso, richiamando alla purezza dell’anima che aspira alla serenità del cuore e alla più intima armonia con le creature e con l’universo.

Margherita Pavesi Mazzoni. spentasi a Montepulciano nel novembre 2010, sorrideva pensando alla morte con l’ardente desiderio di tornare a quella luce che aveva sempre decantato. Milanese di nascita e toscana di adozione, ha vissuto per moltissimi anni a Montepulciano, dove aveva il suo atelier d’artista in un casale. Lì amava coltivare e praticare il culto dell’essenziale nel quotidiano. Pittrice e scultrice sensibilissima, prediligeva i soggetti religiosi e spirituali usando molto spesso materiali poveri ed essenziali.

Il presepe monumentale “Candor di Neve” fu realizzato, a suo tempo, per la Cattedrale di Montepulciano, ove è rimasto a lungo esposto a cavallo tra il 2005 ed il 2006.

(C. Perer)

 


Autore: Corona Perer

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