Viaggi & Reportages

Fotogrammi Sospesi - Mitrovica, la città del ponte

di Marco Ansaloni

Agron cammina veloce verso la riva del fiume Ibar. Telefono in mano e passo deciso per arrivare a tempo all’iniziativa culturale che i suoi coetanei del movimento artistico 7 Arte hanno organizzato proprio sulle rive del famoso ponte che ancora oggi segna la divisione tra la zona serba e quella albano-kossovara.

Dopo la guerra del 1996 e i tanti episodi violenti che si sono succeduti negli anni, la città è ancora oggi divisa, a livello sociale, da quei metri di cemento che si alzano sul fiume. I giovani delle due comunità, pur vestendo gli stessi abiti, ascoltando la stessa musica e seguendo le stesse mode, non entrano praticamente in contatto tra di loro. La paura di attraversare quei 100 metri di asfalto si percepisce nelle conversazioni al di la e al di qua delle rive e dai racconti che si trasformano in leggende.

La creazione di divisioni ha spesso delle conseguenze irreversibili.

Il caso delle miniere Trepça è il riflesso di quelle conseguenze. Prima della guerra i minatori di entrambe le comunità scendevano nel cuore delle miniere insieme, lavorando in condizioni estreme. In queste condizioni lavorative, l’appartenenza o meno ad una determinata comunità non era una priorità, la priorità era quella di conoscere chi ti stava accanto affianco nel freddo buio. Dopo la ripresa nel periodo post conflitto, la compagnia decise di aprire 2 miniere, una a nord ed una a sud. Strategia politica e di marketing dicevano. Questa situazione creò una barriera. I minatori serbi con i minatori serbi e gli albanesi con gli albanesi. La evidenza più diretta di quella decisione è che si è creata una incomunicabilità e una conseguente perdita di avvicinamento al mondo degli ‘altri’.

Agron arriva sul ponte, dove le pattuglie dei Carabinieri italiani e dell’esercito Nato vegliano sulle comunità. Ad attenderlo vi sono giovani albanesi come lui. Pittura, fotografia, graffiti, poesia in risposta alla chiusura psicologica che blocca la mente.

Mentre i ragazzi liberano decine di candele di carta che piano piano salgono nella fresca serata kossovara, rifletto sulla frase che pochi giorni prima disse Stephan, coetaneo di Agron però dalla parte serba del ponte. “ Sempre c’è una responsabilità da entrambe le parti, poichè nessuna storia nel mondo è solamente bianca o nera. Ci sono sempre due fattori per iniziare una guerra o una lotta. Nessuno è innocente”.

Il Fotogramma rimane sospeso nella tenue luce di quelle candele che salgono verso l’alto, la cui unica volontà è quella di essere viste da coloro che vivono sull’altra riva.


Autore: Marco Ansaloni

www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*

Gallery

Commenti (0)