Arte, Cultura & Spettacoli

Isaia Marbellini in arte Sarenco. Professione poeta

di Corona Perer

A dire l’uomo e il suo irrefrenabile stile ‘dada’ un episodio che ci ha visto testimoni. Una deliziosa signora, elegante e dal volto ancora ricco di un’antica signorile bellezza, durante l'inaugurazione di una mostra lo guardava con occhi molto innamorati, senza mai perderlo di vista. Alla domanda (poco discreta, lo ammettiamo) sugli anni di matrimonio che la legavano al poeta, rispondeva lui. Fulmineo. “Certo è la mia signora, siamo divorziati da almeno 25 anni”. Aggiungendo subito dopo: “…è la prima delle mie nove mogli, ma viene sempre alle mie inaugurazioni” e giù una risata di gran gusto, piena, tonda. Sarenco, al secolo Isaia Mabellini da Salò, ama il paradosso anzi, lo vive, lo incarna. Tutta la sua poesia visiva ne è pregna.

Anche il suo nome d'arte viene dalla poesia e da un sorta di gioco: nasce dalle iniziali di una promessa da lui data ad una donna molto amata: SAska Returne ENCOre

Artista, poeta, regista, viaggiatore, di chilometri nel mondo dell’arte ne ha percorsi tanti. Una turbina che macina vita e la corrode con l’acido dei suoi aforismi. “Sono invecchiato anzitempo in attesa di rivoluzioni” afferma in una delle sue opere con la foga (e l’energia) di chi non ha mai smesso di avere diciott’anni. Il suo film “Safari” un 35mm girato nel 1990 meriterebbe esegesi e analisi. La trama parla di una idea astratta di viaggio, quasi una visione filosofica: quella di un viaggio costante. Girato tra Italia, Francia e Kenya, la pellicola - della durata di un’ora e mezza - nasce su soggetto dello stesso Sarenco che ne ha curato la regia affidando poi le musiche originali a Vittorio Gelmetti. Il cinema è solo una variante in movimento della sua arte poetica.

“Un poeta scrive per avere qualcosa da leggere” recitano i suoi quadri seriali dove ‘the travelling poet’ dichiara tutta la sua foga di vivere che lo ha portato a viaggiare soprattutto in Africa dove ha scoperto e aiutato artisti straordinari oggi prodotti dalla Fondazione Sarenco. Un angolo di mondo, il Kenya, che non è solo il buen ritiro, ma la foresta giusta per un leone come lui, che ama decantarsi periodicamente nella natìa Salò.

Nella biografia si trova  pacificamente ammessa la foga da saccheggiatore del mondo dell’arte, dove da Mantegna a Morandi si è divertito a destrutturare e reinventare con una ironia che lo rende irresistibile per il tramite della poesia visiva, nata con lui. Emilio Isgrò, ritenuto per anni il decano, è venuto dopo. Ma a Sarenco non interessa puntualizzarlo: queste sono le verità sul piano della storia. Lui ci stampa sopra - semmai - una delle sue sonore risate, contento di aver fatto quel che ha fatto: riviste d’avanguardia, intuizioni geniali come la prima della sua vita percepita in treno quando sentì lo stimolo a disfare un giornale per farne con le parole (rimontate) la sua prima poesia. Tanti i lussi della sua vita spericolata e molti aneddoti. Il più estroso? Denunciare l’imbecillità dell’arte facendo nomi e cognomi e iniziando così una lunga lotta con Achille Bonito Oliva. Molti anni dopo fu il famoso critico d’arte a firmare il catalogo generale dell’arte di Sarenco.

Che dire, se non strepitosamente dada ?


Autore: Corona Perer

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