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Selfie mania, tra egocentrismo e narcisismo

Il 60% degli italiani fa un selfie quasi regolarmente

Il 60 % degli italiani fa un selfie quasi regolarmente. Chi scrive appartiene a quel 40 che non lo fa mai e  ricorda ancora con gioia l'emozione dell'estrarre a caso una foto da una scatola dove alla rinfusa giacciono i ricordi. Acqua passata.

Nella prima categoria, stando agli esperti, ci sarebbero gli edonisti o come dice la canzonetta sanremese “i soci onorari del gruppo dei selfisti anonimi”.

Merita una sosta il termine: selfisti, neologismo tratta dall'inglese self: sè stesso. Egocentrismo allo stato puro. Nemmeno nei selfie di gruppo esiste il gruppo. Esiste solo la persona che scatta, tuttalpiù riconosciamo un piccolo ruolo anche al selfato, che alimenta a sua volta il proprio egocentrismo nell'essere stato selfato

Ma il selfie non è solo l'autoscatto di ultima generazione, che facevamo di corsa per entrare dentro o almeno farci entrare la testa. E' quell'atto di  autodeterminazione alla ricerca di riconoscibilità esterna, nella speranza che nell'era dei clic e del successo inatteso, improvvisato, e quindi inspiegabile, succeda quel qualcosa di imponderato che dall'anonimato consegna la persona alla celebrità.

Una proiezione del sé che diventa una forma affine all'autostima e che permette di collezionare tante finte memorie di quel “io c'ero” che una volta veniva consegnato solo alla nostra capacità di ricordare e che comunque era ascrivibile solo alle grandi emozioni.

Qui la cosa è un po' diversa: si becca il personaggio celebre per farsi un selfie (così come un tempo si chiedeva l'autografo) e per dimostrare di esserci stati. Ma dove? Cosa? Quale relaziona consegna il selfie ai selfati? Nessuna: solo una percentuale (adrenalinica) di finto sorriso, finta emozione, finta memoria. Che però diventa riconoscibilità in rete: infatti il selfie è per gli altri.

E' insomma quell'apparire senza essere che ribalta e risolve quello che un tempo veniva racchiuso nella formula “meglio essere che apparire”. Ebbene ha vinto la seconda nel vuoto pneumatico di sorrisi, facce e faccine, smorfie e baci che consegnano una finta gioia, di finti momenti che finiscono  nel nanosecondo di un clic. Risultato: nanofelicità.

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