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Generale Cadorna, una storia tutta da riscrivere

intervista a Sergio Tazzer

di Corona Perer - Carattere rigido, autoritario, caparbio e ostinato. Nella foto di copertina (il secondo da sinistra) la didascalia ufficiale recita "Sua Eccellenza Cadorna, il Generale Bennati, il Colonnello Roasio". Amava firmarsi nei manifesti alla popolazione “Conte gen. cav. Luigi Cadorna”. Nato a Pallanza nel 1850 e morto a Bordighera nel 1928, è il generale della Grande Guerra. Vie e piazze gli sono state intitolate, ma gli storici più attenti come Sergio Tazzer giornalista e saggista e lo scrittore Ferdinando Camon - che per primo ha posto la questione di rinominare le piazze a lui intitolate - dicono che non lo merita affatto. Che anzi bisognerebbe rivedere la toponomastica e ricordarlo come un cinico...macellaio.

Sergio Tazzer autore di numerosi libri - tra questi  “Banditi o Eroi” ed. Kellerman -   proprio con Camon, ha tenuto a Rovereto una affollata conferenza dibattito a 100 anni da Caporetto e a 100 anni esatti dal 9 novembre 1917, quando Cadorna venne destituito dal Re.

Rommel disse: “Ai soldati italiani mancò un comando energico con obiettivi chiari” (gli alleati avevano detto a più riprese: “Dovete sostituire Cadorna”).   I due relatori si sono soffermati sulla Commissione d’inchiesta sulla famosa "disfatta" rileggendo pagine di storia intrise di narrazioni quasi mitologiche spesso sbilanciate o ancora intrise delle retorica post-bellica.

Ferdinando Camon ha sfogliato il libro di Cadorna “Attacco frontale e ammaestramento tattico”, fornendo lettura e commento a qualche passo ricordando le parole di Emilio Lussu: "Combattere sotto Cadorna, un’insana follia”, sui suicidi dei soldati.

Pungolati dalle domande della giornalista Linda Stroppa, i relatori hanno esaminato la figura e l'opera del Gen.Cadorna nella Grande Guerra sostando in particolare sui suoi attriti con il potere politico, la Strafexpedition, la disciplina e le corti marziali, le esecuzioni sommarie da lui ordinate, la decimazione delle truppe (650.000 soldati morti sotto il suo comando).

Ne è emerso il profilo dell'uomo, il suo carattere rigido, le sue ambizioni, la sua capacità di tenere testa al Re. Ed entrambi hanno posto una domanda alla quale solo una città italiana (Udine) ha dato risposta: i monumenti e le vie dedicate al Generale raccontano una storia "giusta"? Per i relatori il giudizio è negativo. Ne abbiamo parlato con Sergio Tazzer.

Quali erano le origini di Cadorna?
Era figlio del generale Raffaele Cadorna, che comandò l'esercito a Porta Pia: un padre militare della patria. Per la precisione, Cadorna si astenne dall'ordinare all'artiglieria di aprire il fuoco: il papa aveva minacciato la scomunica a chi avesse dato l'ordine. Cadorna padre delegò il compito ad un capitano di artiglieria, Cesare Segre, ebreo, al quale la minaccia della scomunica non faceva alcun effetto.

Non brillò di coraggio insomma. E il figlio?
All'ombra del padre Raffaele si dipanò la carriera delle armi del figlio Luigi che il 10 luglio 1914, dopo la morte improvvisa ed ancora avvolta da sospetti e misteri del gen. Alberto Pollio, filotedesco, gli successe come capo di Stato Maggiore.

Per quale pagina di storia lo ricordiamo?
L'esercito, al suo comando, entrò in guerra il 24 maggio 1915. Come affermò il generale Luigi Segato entrò con «grande deficienza di artiglieria, di fucili, di munizioni, di vestiario, di oggetti d'equipaggiamento individuale e generale e di tutti quei mezzi tecnici (e perfino banalissimi) che si sono poi dimostrati indispensabili per ottenere il successo nella guerra moderna».

Possiamo descrivere questo esercito?
E' sempre Segato a dirci che vi erano “...insufficienza numerica e qualitativa dei quadri, deficienza quest'ultima derivante dal sistema di avanzamento per anzianità con conseguente insufficiente severità nella selezione dei non idonei (…) Insufficiente forza bilanciata, per l'insufficiente addestramento delle truppe (…) e tanto più a quella (guerra) in montagna, anche pel fatto che soltanto gli alpini avevano equipaggiamento da montagna». Le deficienze insomma erano pesanti.

Da un punto di vista di armi che dotazioni avevano i nostri?
Vi era scarsità di bocche da fuoco di medio e grosso calibro. Scarse munizioni, specie per medio e grosso calibro; scarsità di esplosivo moderno, parte della granate era ancora caricata di polvere nera. Scarsità di mitragliatrici. Mancanza assoluta di mezzi adatti alla distruzione di reticolati ed altre difese accessorie.

E come facevano allora?
Gli unici mezzi per distruggere reticolati erano tubi di gelatina che dovevano però venire collocati sotto i reticolati e quindi accesi con zolfanelli, sotto l'infuriare del fuoco nemico; poche le forbici e deboli. Si requisirono sul mercato cesoie da giardiniere.

E come dotazione pesante?
La preferenza era stata data ai dirigibili invece che agli aerei: l'aviazione si trovava ancora in uno stato di grave crisi quando siamo entrati in guerra. Cadorna, conscio della scarsità numerica dei quadri, predispose corsi accelerati per creare nuovi ufficiali, con corsia preferenziale per interventisti e cominciò la guerra con 43 divisioni.

Con quale strategia?
Era convinto che con qualche “sbalzo” sarebbe entrato a Lubiana in un paio di settimane, per proseguire poi verso Graz ed infine Vienna. Lo Statuto del regno riservava il comando supremo al re, ma Cadorna  pose la condizione di essere lui il capo supremo. Vittorio Emanuele II non si oppose, anzi: ne fu felice, soprattutto perché in caso di sconfitta poteva meglio garantire la prosecuzione dell'istituto monarchico. Iniziò però in quell'occasione un lungo braccio di ferro con il potere politico, meglio: parte di esso.

Chi erano quelli che riteneva avversari in Italia?
A parte i socialisti, che erano contro la guerra, come per la neutralità era Giovanni Giolitti, l'avversario principale fu il liberale Vittorio Emanuele Orlando: ministro della Giustizia nel governo Salandra, dell'Interno nel gabinetto Boselli (dopo la Strafexpedition) e presidente del Consiglio dall'ottobre 1917 (dopo Caporetto) all'8 novembre 1918.  Politico navigato, duttile e smaliziato era tutto il contrario di Cadorna.
 
Come uomo, il generale come venne descritto?
Aveva un carattere rigido, autoritario, caparbio e ostinato. Cattolico praticante, subiva l'influsso degli ambienti clericali. Due sue figlie erano monache.
Riteneva che la indisciplina degli italiani fosse il frutto dell'allentamento del freno religioso. Contrariamente a gran parte della generalità, Cadorna non era massone.  Pensava che il regime parlamentare avesse subito una progressiva degenerazioni a partire dal 1876, dalla caduta della Destra, e che Giolitti avesse ulteriormente guastato la società italiana, corrompendone l'anima. Cadorna scrisse che tutti i governi succedutisi durante la prima guerra mondiale (Salandra, Boselli e Orlando) avrebbero meritato «di essere spazzati via per essere sostituiti con un regime più confacente alle necessità della grave ora che si stata attraversando». In seguito disse che se l'Italia avesse avuto un governo forte come quello di Mussolini il disastro di Caporetto non ci sarebbe stato.

Lei dice: per Cadorna, i soldati erano carne da cannone. Dovremmo quindi riscrivere i libri di storia?
A Graz è stato cambiato, settembre 2014, il nome alla piazza che gli era dedicata, dove ha sede il giornale Kleine Zeitung. La notizia invece più clamorosa è che a Innsbruck, su proposta della Commissione per i monumenti del ministero della Difesa, è destinata a cambiare nome la caserma Conrad von Hötzendorf.
Il ministro della Difesa, Hans Peter Doskozil (parlo dell'ultimo governo, prima delle elezioni), ha dato il suo benestare alla sostituzione con il nome del generale Emil Spannocchi, per molti anni capo di Stato Maggiore nel secondo dopoguerra, padre della cosiddetta “difesa territoriale”. Senza polemiche e senza ripensamenti, si potrebbe fare anche qui. In alcune città, come Udine, è già stato fatto, e la piazza dedicata al generale ora si chiama Piazza Unità d'Italia.

 

EROI E PRESUNTI TALI: il caso del gen. Cadorna
Giovedì 9 novembre ore 18
Rovereto - Sala Fondazione Caritro
Con: Ferdinando Camon, Sergio Tazzer
introduce e modera: Linda Stroppa


Autore: Corona Perer

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