Attualità, Persone & Idee

Kaushik Basu ''Se gli utili andassero ai poveri...''

Finchè non si torna ad essere solidali non ci sarà mai una svolta

(Corona Perer) - ''E' arrivato il momento di cominciare a parlare di democrazia globale'' diceva l'economista nel 2016. Ma dopo 5 anni si assiste solo alla morte del diritto, non sembra affatto che il mondo stia progredendo, semmai che stia andando indietro.

Kaushik Basu, capo economista alla Banca Mondiale dal 2012 al 2016 e professore di finanza alla Booth School of Business dell'Università di Chicago, sostiene la possibilità di una governance economica ''in cui esiste una valuta unica''. Lo disse al Festival dell'Economia di Trento nel 2016, convinto che fosse arrivato il momento di cominciare a parlare di democrazia globale.

E così al festival aveva portato l'utopia possibile: "Una certa quota degli utili e dei profitti dovrebbe essere data alle persone più povere, che perdono il lavoro a causa delle tecnologie, come una sorta di reddito universale".

L'economista indiano sostiene che per contrastare un' economia che vede nel libero mercato e nella competizione individuale, uno degli elementi di sviluppo della società bisogna fare spazio al principio secondo cui il mercato si auto regolamenta. Basu afferma che in passato ci siamo fidati fin  troppo della cosiddetta “mano invisibile” dell’economia.

"In realtà i meccanismi di mercato funzionano bene, ma c'è bisogno dell’intervento stato e della società civile, altrimenti le disuguaglianze aumenteranno, perché le nuove tecnologie stanno riducendo il fabbisogno di manodopera. Dobbiamo ristrutturare la struttura dell’economia mondiale".

E a tal proposito citava i  casi economici di Cina e in India: dimostrano che il mercato nasce e cresce a prescindere dalla situazione reale del paese. L'economia avrebbe cioè un proprio motore e infatti in Cina e in India anche in seguito alla crescita economica, le diseguaglianze sociali non sono sparite. Il punto è che la discriminazione sociale avviene alla nascita.  ''A una persona nata in uno slum - afferma Basu - non si può dire che se vuole, ce la può fare ad evolversi socialmente".

Kaushik Basu critica il pensiero economico dominante, che si perde dietro teorie astruse e non riesce poi a spiegare perché alcune economie prosperano e altre no e quale potrebbe essere la natura e il ruolo dell’intervento pubblico.

Tutto questo ha a che fare con le questioni del nostro tempo: le migrazioni anzitutto, ovvero il fenomeno che più incide nei rapporti istituzionali, che tuttavia non sono solo una questione contemporanea. La storia umana ne è ricchissima, a partire dalle origini: per motivi economici ma anche per conflitti religiosi o culturali si è sempre "migrato".

A partire dal 1492, anno che noi ricordiamo come quello della scoperta dell'America, ma è stato  l'anno che ha visto l'avvio della diaspora ovvero l'espulsione sistematica dalla Spagna degli ebrei; destino che, nei secoli a venire, avrebbero condiviso anche i musulmani.

In un'Europa, generalmente chiusa rispetto alle culture diverse, ci furono però anche storie di integrazioni riuscite, attraverso successi personali e collettivi. A Ferrara, la presenza della comunità ebrea si tradusse nello sviluppo di una imprenditoria mercantile e agricola che lasciò eredità importanti anche nell'ambito culturale. Lo stesso accadde in altre epoche ad Anversa. A fare la differenza fu quel quid di umanità che manca oggi in gran parte delle democrazie, cioè negli uomini che la compongono e si chiama SOLIDARIETA'.

Basu aveva auspicato per l'Europa la revisione del trattato di Lisbona, perché  come è adesso "non aiuta a costruire un'unione monetaria europea basata sul principio di responsabilità solidale".

Finchè non si torna ad essere solidali e a concepire il destino di ognuno come la meta di tutti sarà difficile parlare di svolta, anche economica.

Pensieri che però restano inascoltati.

 


Autore: Corona Perer

www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*

Commenti (0)