Arte, Cultura & Spettacoli

Ulay ha lasciato per sempre Marina Abramović

Addio all'artista, performer e fotografo: inquieto e geniale

La sua malattia gli era stata diagnosticata 10 anni fa, da quel momento aveva deciso di farne il progetto delle sua vita, un atto performativo. E' morto a Lubiana, a 76 anni, Ulay - pseudonimo per Frank Uwe Laysiepen – artista, performer, fotografo una delle figure chiave della Performance art degli anni settanta.

Nel 2009 si era trasferito da Amsterdam a Lubiana e fu lì che gli venne diagnosticato un cancro. Dopo una serie di trattamenti chemioterapici che avevano migliorato il suo stato di salute, aveva deciso di partire con una troupe per visitare i luoghi più importanti della sua vita e incontrare compagni e amici per un ultimo saluto. Da fine 2011 la telecamera lo aveva seguito per un anno intero, dall'Istituto di Oncologia di Lubiana fino a Berlino, a New York e alla Amsterdam della sua giovinezza.

Ulay trattava la malattia come il più grande e più importante progetto della sua vita, un'occasione per interrogarsi sulla natura della vita, dell'amore, della storia e dell'arte, e per raccontare la propria carriera attraverso interviste, video di archivio, fotografie e riproduzioni dei suoi principali lavori. Ne scaturì anche un documentario uscito nel 2013, intitolato Project Cancer, diretto da Damjan Kozole. Oggi lo ricordiamo per quell'incontro intenso a molti anni dalla fine della loro unione con Marina Abramović grande amore della sua vita con la quale aveva firmato le performance più sconvolgenti per l'arte del tempo. Ma Ulay era molto di più.

Nato a Solingen, il 30 novembre 1943 durante il secondo conflitto mondiale e sotto le bombe degli alleati, era figlio di un gerarca nazista. Orfano in tenera età, si trovò ad elaborare il senso di colpa di un padre nazista in una Germania divisa e lacerata tra le tensioni occidentali e quelle filo-sovietiche.

Ad un certo punto rinuncia al nome e alla nazionalità tedesca, lascia Amsterdam, frequenta circoli di ispirazione anarchica sperimenta la fotografia (soprattutto con Polaroid), lavora ai concetti di identità e corpo, documenta la diversità (travestiti e transessuali) e approda alla live performance. E' ad Amsterdam che conosce Marina Abramović, invitata da un programma tv dedicato alla performance. Con lei condivideva la data di nascita (30 novembre per entrambi) e l'intesa artistica sfocia in una profonda e travagliata relazione sentimentale che diventa una forma estrema di body art, sui temi della resistenza fisica e psichica.

La loro relazione dura 12 anni e termina con The Wall Walk in China: entrambi percorrono a piedi tutta la grande muraglia cinese partendo dai capi opposti per incontrarsi al centro e dirsi addio. Seguono anni di ostilità e battaglie legali circa i diritti d'autore. Vince lui e Marina paga. Ulay torna quindi alla fotografia dominato dal motto: "L'estetica senza etica è cosmetica" rinunciando a compromessi

. Resta di lui anche un bellissimo progetto sull'acqua: nel 2005 la studia come elemento base della vita; dai ghiacciai, alle nuvole, fino alle bottiglie di minerale, Ulay mette in risalto la bellezza dell'acqua in tutte le sue forme e pone l'accento sul problema delle risorse idriche, oggi drammaticamente a rischio. Il lavoro culmina nel 2012 in Earth Water Catalogue un database online che raccoglie contributi di artisti da tutto il mondo, sul tema del rispetto per l'acqua. Insegnava New Media Art presso l'Università di Arte e Design di Karlsruhe in Germania.

E resta nella nostra memoria per quell'incontro intenso, pieno di emozione in una delle ultime performance di Marina Abramović al Moma nel 2010 (The artist is present). Arrivò anche lui e fu un momento di grande comunicazione tra due anime che si erano amate e odiate. Nel mondo dell'arte lui aveva fatto molto, molto di più, ma quel che ci resta è l'ombra del loro amore, in un'ultima estrema forma di contatto.


Autore: Corona Perer

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