
Mercato delle Armi: i grandi affari dell'Italia
Numeri da capogiro con la guerra in Ucraina: ecco perchè l'Europa sabota la pace
Come noto nel sanguinoso conflitto nell’Europa orientale Kiev impiega sistemi bellici prodotti in Italia. Impossibile sapere quante e quali armi abbiamo inviato alle forze armate ucraine dopo l’invasione russa del 24 febbraio. Armi arrivano anche ad Israele e la premier Meloni ha ratificato di recente le intese. Gli italiani sono fermi al palo con gli stipendi, i servizi non funzionano, la sanità post pandemia è allo sfascio ma il cittadino italiano si troverà suo malgrado a vedere che i soldi delle sue tasse vanno in armi.
Un dato: lo stipendio medio lordo annuo in Italia è di 44.893 €, ben al di sotto di quello di paesi come Islanda, Lussemburgo o Germania.Il divario tra Nord e Sud resta significativo: circa 3.700 € annui di differenza.Il gender pay gap è ancora presente: gli uomini guadagnano in media il 7,3% in più rispetto alle donne.La pressione fiscale italiana resta tra le più alte d’Europa, con un impatto forte sul potere d’acquisto.
NEL RESTO D'EUROPA LE ARMI SONO IL BUSINESS DEL SECOLO
Gli anni '30 del Novecento sono ricordati per la crisi enorme del '29 e un mondo che galoppa verso il secondo conflitto mondiale.
Gli anni '20 del Nuovo Millennio saranno ricordati più o meno per lo stesso motivo. Con una differenza: se nel Novecento la novità era il motore a scoppio e la diffusione dell'automobile, ora si assiste alla triste conversione dell'industria automobilistica in armi.
Chi sa cosa ne pensano le famiglie tedesche dei dintorni di Stoccarda dove ci sono gli stabilimenti Mercedes, Wolkswagen e Porche, e dove sono in corso lincenziamenti di massa.
Qualche dato: i produttori di armi non hanno mai guadagnato tanto come nel 2024: tra vendita di armi e servizi militari i ricavi globali ammontano a 679 miliardi di dollari (582 miliardi di euro), vale a dire un 5,9% in più, al netto dell’inflazione, sul 2023. Un record dal 2018 dovuto all’accelerazione delle tensioni geopolitiche, ma soprattutto alla guerra in Ucraina.
A dirlo è il report annuale dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) sui 100 produttori di armi al mondo.
Per il settore della difesa la guerra russa a Kiev ha rappresentato di sicuro un vantaggio per gli affari. I ricavi sono legati a nuovi equipaggiamenti militari, rifornimenti di scorte e sostituzione di attrezzature distrutte. Sostanzialmente i guadagni vanno negli Stati Uniti: nella classifica delle 100 aziende in crescita gli Usa ne piazzano 39, tra cui Lockheed Martin, RTX, Northrop Grumman, BAE Systems e General Dynamics che rappresentano poco meno della metà del fatturato globale derivante dalla vendita di armi con un tasso del 3,8%.
Anche le europee nel complesso segnano un aumento dei ricavi addirittura superiore alle americane con il 13%. A far registrare guadagni notevoli il Czechoslovak Group della Repubblica Ceca, i cui ricavi sono aumentati del 193% grazie anche a un progetto del governo per l’approvvigionamento di proiettili di artiglieria per l’Ucraina; e per l’industria ucraina della difesa, che ha registrato un aumento del 41%.
Per la prima volta dal 2017 nelle prime cinque aziende con fatturato maggiore tra quelle belliche, compaiono 3 non statunitense, – al 12° posto Leonardo, al 13° Airbus e al 20° la tedesca Rheinmetall.
In Germania, sono ben 4 le aziende con sede tedesche tra le 100 con maggiori ricavi: oltre a Rheinmetall, Thyssenkrupp, Hensoldt e Dieh che valgono ben 14,9 miliardi di dollari di fatturato. Tutto merito degli ordini per la guerra in Ucraina.
Dieh produce sistemi di difesa terrestri. L’ordine di proiettili di artiglieria da 155 mm per la Bundeswehr (l’esercito tedesco), è il più grande della storia dell’azienda, mentre Rheinmetall ha guadagnato il 47% in più grazie a carri armati, veicoli blindati oltre che munizioni.
Il Medio Oriente, anche grazie alla guerra a Gaza, registra un incremento per nove delle sue imprese del 14%, come mai prima per comande di droni e difesa aerea. E - come detto - nel pieno della offensiva a Gaza il governo Meloni ha addirittura rinnovato le intese con Israele.
Al tempo stesso l'industria delle armi genera profitti e stipendi da capogiro per il suo management. Leonardo ha sottoscritto l'accordo di acquisizione di Iveco Defence, una divisione di Iveco Group, per un controvalore di 1,7 miliardi che sarà finanziato con la cassa disponibile.
''Con questa operazione, Leonardo compie un ulteriore passo per il consolidamento della propria posizione di riferimento nel settore della difesa terreste e rafforza il proprio ruolo di 'original equipment manufacturer' integrato, con un portafoglio di soluzioni complete per la difesa e la sicurezza, su piattaforme cingolate e ruotate''.
Così recitava il comunicato stampa di un raggiante Roberto Cingolani ex ministro del governo Conte poi transitato in posizione di top manager all'industria che resta un attore di riferimento nel settore della Difesa terrestre europea.
Che tristezza.
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