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Le istituzioni internazionali non funzionano

Onu obsoleta, lenta, inefficace

Le istituzioni internazionali non funzionano, ormai lo sappiamo. In primis l'ONU. Doppi standard e risposte inadeguate alle violazioni dei diritti umani nel mondo  hanno alimentato impunità e instabilità.

È fondamentale che le istituzioni e i sistemi internazionali che dovrebbero proteggere i nostri diritti siano rafforzati piuttosto che indeboliti. La prima cosa da fare è finanziare appieno i meccanismi sui diritti umani delle Nazioni Unite in modo che le indagini e l’accertamento delle responsabilità proseguano e si arrivi alla giustizia.

Amnesty International chiede una riforma del massimo organo decisionale delle Nazioni Unite, il Consiglio di sicurezza, in modo che possa essere la voce degli stati e delle situazioni tradizionalmente ignorate, soprattutto nel Sud globale.

“Il sistema internazionale ha bisogno di una seria riforma che rifletta la realtà odierna. Non possiamo permettere agli stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza di trincerarsi dietro al loro potere di veto e di mantenere immutati i propri privilegi. La mancanza di trasparenza e di efficacia nel processo decisionale del Consiglio di sicurezza rende l’intero sistema aperto alle manipolazioni, agli abusi e alle disfunzioni” denunciava Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International alla presentazione del  “Rapporto 2022-2023. La situazione dei diritti umani nel mondo”.

“La Dichiarazione universale dei diritti umani venne adottata 75 anni fa, sulle ceneri della Seconda guerra mondiale, per riconoscere universalmente diritti e libertà fondamentali a tutte le persone. Nel caos delle dinamiche dei poteri globali, i diritti umani non possono finire persi nella mischia.  Non dobbiamo attendere che il mondo bruci un’altra volta”, afferma la Callamard.

L'ONU è criticata per la sua lentezza ed inefficienza nel gestire le crisi internazionali, limitata dal principio di non ingerenza negli affari interni degli stati. Le critiche includono anche la mancanza di rappresentatività (soprattutto nel Consiglio di Sicurezza), la parzialità verso alcuni Stati e l'assenza di strumenti di intervento preventivo. 

Critiche e problemi principali sono rappresentati dalla sua ineficcacia che si aggiunge a lentezza operativa: l'ONU fatica a intervenire efficacemente nelle crisi, sia per l'ingente numero di conflitti, sia perché il suo potere è limitato dal principio di non ingerenza e dalla sovranità nazionale.

Il Consiglio di Sicurezza è ritenuto ormai obsoleto: la struttura non è rappresentativa della distribuzione attuale del potere mondiale, con i cinque membri permanenti (USA, Russia, Cina, Francia, Regno Unito) che mantengono un potere di veto che può paralizzare l'azione dell'organizzazione.

Il tutto si tradice in mancanza di rappresentatività: Molti Stati membri non sono democrazie, e la loro presenza mina la credibilità dell'ONU e la sua capacità di difendere i principi di democrazia e diritti umani.

Ma molte critiche arrivano per il doppio standard ovvero la parzialità o meglio, la mancanza di imparzialità: diverse agenzie e funzionari dell'ONU sono accusati di parzialità e di deviare dai principi fondamentali dell'organizzazione, in particolare in relazione ad alcuni conflitti.

L'ONU può intervenire solo dopo che un conflitto è iniziato (ex post), senza strumenti di prevenzione efficaci.

Quello che manca è la volontà politica. La riforma dell'ONU, inclusa quella del Consiglio di Sicurezza, è subordinata alla volontà politica degli Stati membri, che spesso non sono disposti a cedere parte del loro potere, limitando ulteriormente l'efficacia dell'organizzazione. 

 

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IL CASO PALESTINA

23 dicembre 2023 - La risoluzione adottata il 22.12.2023 chiedeva l’istituzione di “un meccanismo” per accelerare la fornitura degli aiuti umanitari a Gaza.

Il testo approvato dal Consiglio di sicurezza ONU chiede in sostanza “misure urgenti per consentire immediatamente l’accesso in condizioni sicure, privo di ostacoli e ampio degli aiuti umanitari” . Si parla di “condizioni per una cessazione sostenibile delle ostilità” un testo  palesemente insufficiente rispetto alla carneficina in corso e alle estese distruzioni causate dagli attacchi israeliani contro la Striscia di Gaza occupata.

Precedenti bozze della risoluzione, contenenti le richieste di un’urgente “cessazione delle ostilità” o di una “sospensione delle ostilità”, sono state eliminate a causa delle obiezioni degli Usa, che avevano già posto il veto a due risoluzioni del Consiglio di sicurezza, il 18 ottobre e l’8 dicembre.

''Niente che non sia un cessate il fuoco può essere sufficiente per alleviare le sofferenze di massa dei civili cui stiamo assistendo” commenta  Amnesty International. “Il voto sulla risoluzione, annacquata quanto basta per evitare il veto statunitense, non chiede l’immediata sospensione delle ostilità ma parla di ‘creare le condizioni’ perché ciò accada. DI fronte all’agghiacciante numero di vittime, oltre 20.000, e all’orribile dimensione delle distruzioni e delle devastazioni a Gaza, tutto ciò è semplicemente inaccettabile. È deplorevole che gli Usa abbiano potuto allungare i tempi e minacciare di usare il potere di veto per costringere il Consiglio di sicurezza a indebolire la richiesta, quanto mai necessaria, di un’immediata fine degli attacchi da tutte le parti”.

 

Viene denunciata una clamorosa ipocrisia e i doppi standard e la brutale repressione del dissenso nel mondo. Giornalisti sono stati imprigionati in Afghanistan, Etiopia, Myanmar, Russia, Bielorussia e in decine di altri stati del mondo dove erano divampati conflitti (il rapporto tace però le misteriose morti di blogger in Ucraina).

In Australia, India, Indonesia e Regno Unito le autorità hanno introdotto nuove leggi per limitare le manifestazioni, mentre lo Sri Lanka ha fatto ricorso ai poteri dello stato d’emergenza per stroncare le proteste di massa contro la crescente crisi economica. Le norme entrate in vigore nel Regno Unito hanno dato alle forze di polizia poteri molto ampi, compreso quello di vietare “proteste rumorose”, compromettendo così la libertà di espressione e di protesta pacifica.

La tecnologia è stata utilizzata come arma per diffondere disinformazione o per ridurre al silenzio o impedire le proteste.

L’azione globale contro le minacce nei confronti dell’umanità è clamorosamente inadeguata.

“Il mondo è assediato da un assalto di crisi che collidono tra loro: conflitti diffusi, economie globali crudeli che finiscono per caricare sulle spalle di molti stati un debito insostenibile, evasioni fiscali da parte delle aziende, uso della tecnologia come arma, crisi climatica e placche tettoniche dei poteri in movimento. Non avremo alcuna possibilità di sopravvivere a queste crisi se le nostre istituzioni internazionali non saranno all’altezza”, ha commentato Callamard.

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