Arte, Cultura & Spettacoli

Segantini, mostra a Bassano del Grappa

In collaborazione con la Galleria Civica di Arco

Segantini, è sempre un bel colpo. Lo racconterà una  mostra a Bassano del Grappa in collaborazione con la Galleria Civica di Arco. ''Giovanni Segantini, cantore della montagna'' dal 25 ottobre infatti (fino al 22 febbraio 2026) porterà al Museo Civico veneto una mostra di altissimo profilo ad oltre dieci anni dall’ultima esposizione dedicata all’artista. La mostra è a cura di Niccolò D’Agati.

Il Museo Civico di Bassano del Grappa  celebra l’opera di uno dei massimi esponenti del Divisionismo, tra i più sensibili osservatori del mondo naturale e impareggiabile cantore della montagna quale luogo fisico e simbolico.

Realizzata con il supporto del Segantini Museum di St. Moritz e della Galleria Civica G. Segantini di Arco, e in collaborazione con Dario Cimorelli Editore, la mostra si propone di ripercorrere l’intera parabola artistica di Segantini mettendo per la prima volta in dialogo le sue opere con quelle dei maggiori artisti europei del suo tempo, da Millet a Van Gogh, per raccontare la carriera di un astro della pittura che ha saputo contribuire e spesso influenzare i principali movimenti artistici del suo tempo.

Nato ad Arco da una famiglia di umili origini, Segantini si forma nella bottega del decoratore Luigi Tettamanzi e, successivamente, frequentando un corso serale all’Accademia di Brera. Sin dagli esordi milanesi, e successivamente al suo trasferimento prima in Brianza e poi sulle Alpi Retiche, la sua opera sarà determinata da una profonda comunione con la Natura e dallo studio delle potenzialità espressive della luce e del colore: una ricerca che il pittore porterà alle estreme conseguenze con l’approdo al Divisionismo e che troverà pieno compimento nella riscrittura, in chiave simbolica e panteistica, degli spazi alpini da lui resi assoluti ed eterni in termini pittorici.

Dagli esordi “scapigliati” alla pittura pastorale, dalle ardite sperimentazioni come colorista agli ultimi, lirici tentativi di catturare lo spirito della montagna e celebrarne il mito, la mostra seguirà gli snodi più importanti della sua vicenda biografica e artistica attraverso un percorso cronologico e geografico diviso in quattro sezioni e ritmato da numerosi focus tematici.

Attraverso un centinaio di opere provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private italiane ed europee - dal Musée d’Orsay al Rijksmuseum di Amsterdam - alcune delle quali rintracciate a distanza di oltre un secolo dalla loro realizzazione, la grande rassegna dei Musei Civici di Bassano del Grappa permetterà al pubblico di scoprire, con occhi del tutto nuovi, uno dei più straordinari artisti dell’Ottocento.

Ad accompagnare la mostra, un importante catalogo scientifico pubblicato da Dario Cimorelli Editore, raccoglierà i contributi dei più autorevoli studiosi dell’opera segantinana, con ampi apparati dedicati alla ricostruzione del suo percorso artistico, alla sua tecnica pittorica e alle indagini diagnostiche più recenti, oltre alle schede ragionate delle opere esposte.

Come detto, la mostra prende corpo in collaborazione con la Galleria Civica di Arco che ha recentemente acquisito il dipinto SOLE D'AUTUNNO  noto anche  come «Vacca bianca all’abbeveratoio», un grande olio su tela (alto 90 e largo 192 centimetri) che il celeberrimo pittore di origine arcense ha realizzato nel 1887. Il dipinto, in rapporto alle sue specificità iconografiche, tecniche e pittoriche, rappresenta uno dei capisaldi della pittura di Segantini, configurandosi come uno dei suoi più importanti lavori, oggi noti, del 1887.
 

Si tratta di un dipinto di eccezionale importanza e dalla prestigiosa storia collezionistica, acquistato presso la galleria Bottegantica di Milano. Non più esposta dal 1954, anno della rassegna «Pittori lombardi del secondo Ottocento, a Como alla Villa comunale dell’Olmo, l’opera riemerge finalmente, dopo ben settant’anni, agli occhi del pubblico. Nel contesto italiano la musealizzazione di «Sole d’autunno» da parte del Comune di Arco per una cifra di 3 milioni di euro, costituisce uno dei più grandi acquisti pubblici mai avvenuti di un’opera del nostro Ottocento, e in particolare la maggiore acquisizione segantiniana a partire dal 1927. Un capolavoro della cultura artistica nazionale entra oggi a far parte del patrimonio pubblico, favorendo non solo gli studi su Giovanni Segantini, ma su tutta la pittura dell’Ottocento italiano.

La tela, da leggere in continuità con i risultati raggiunti con l’opera «Alla Stanga» (1885-1886, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), viene elaborata dal pittore nel momento in cui, complice la riflessione stimolata da Vittore Grubicy, sperimenta nell’«Ave Maria a trasbordo» (1886, St. Mortiz, Segantini Museum) una prima istintuale –e non sistematica– applicazione della stesura divisionista. L’uso dell’impasto a colori puri è più libero, la pennellata articola in modo complesso la superficie, facendosi ora più corposa, ora più allungata; le sottili variazioni cromatiche, svincolate dalla convenzionalità crepuscolare degli anni briantei, restituiscono meticolosamente i valori cromatico-luministici studiati dal vero.

La centralità di «Sole d’autunno» è connessa altresì al soggetto rappresentato, icona di primaria importanza del naturalismo segantiniano, collegato ad altri due capolavori della sua produzione quali «Allo sciogliersi delle nevi» (1888, St. Moritz, Segantini Museum) e «Vacche aggiogate» (1888, Basilea, Kunstmuseum). Sotto il profilo tematico, il dipinto costituisce inoltre un vero e proprio momento di frattura rispetto alle opere dei primi anni Ottanta dell’Ottocento. La tela supera infatti l’impasse letteraria dell’idillio tragico ed elegiaco, al fine di celebrare una più diretta esaltazione della natura nei suoi valori essenziali, svincolandola così da una rilettura sentimentale per avvicinarla, invece, ad una concezione panica e universale, entro ciò che il pittore definisce «simbolismo naturalistico».

La straordinarietà di quest’acquisizione risiede anche nella sua storia collezionistica, passata dalla collezione di Alberto Grubicy (1887) a quella dell’importante famiglia Dall’Acqua (1894), transitando poi nella collezione Rossello (ante 1926), una delle più consistenti e importanti collezioni di tutto il Novecento italiano.

18 giugno 2025

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IL PATRIMONIO DELLA GALLERIA di ARCO

La figura solitaria di un anziano sacerdote che sale le scale, una separazione netta fra un’area inondata di luce e una parte in ombra, il tentativo di cogliere il momento in cui la luce del giorno e l’ombra della notte si avvicendano: tutti questi elementi si compongono magistralmente nel quadro noto come «Scalinata con prete».

Si tratta del dipinto «A messa prima», prima custodito al Museo Segantini di Saint Moritz,  acquisito dal Comune di Arco nel dicembre 2021.

 

Il soggetto è celebre. Il tema è il sacerdote intento a dirigersi nella chiesa di Veduggio.

La nuova Galleria Segantini si giova di un recente intervento strutturale che è stato finalizzato a garantire una migliore qualità delle condizioni conservative e di fruizione dello spazio museale grazie a una direzione dei lavori di ristrutturazione affidata all'architetto Michelangelo Lupo.

Il Comune ha poi deliberato nel 2022 l’acquisto di due dipinti di Giovanni Segantini: «Paesaggio brianteo», olio su tavola di 24,8 x 35 centimetri datato 1884/85, e «Pulcini nell'aia», olio su tela di 43 x 70 centimetro datato 1883/85.
L’acquisizione è tesa a valorizzazione la città come luogo segantiniano, un progetto che ha posto Arco al centro di una rete di relazioni con le principali istituzioni che conservano opere di Segantini e con gli studiosi che si occupano di questo artista. Rientra quindi negli obiettivi del Comune di Arco incrementare il patrimonio delle opere di Segantini da mettere a disposizione della collettività.

Paesaggio Brianteo

Pulcini nell'aia

 

Le due opere in via di acquisizione, due dipinti giovanili nelle quali si inizia a intravvedere la pennellata e la divisione del colore che renderanno celebre Segantini, già da anni arricchivano i percorsi espositivi della galleria civica. Risale al 2017, infatti, l’acquisto, per 100 mila euro, del trittico «Natura di lepre e frutta», «Natura di pesce e verdura» e «Natura di cacciagione e frutta», olio su lamiera di zinco; occasione nella quale il Comune di Arco ottenne in deposito queste due opere, che ora ha stabilito di acquistare.

Le altre acquisizioni: nel 2009 la «Testa di vacca», olio su tela del 1892, per 75 mila euro. Nel 2020 il pastello e tempera acquerellata su cartoncino di 41 x 24 centimetri «La pompeiana», datata 1888-1890 e pagata 70 mila euro.  «Scalinata con prete», datato 1886-1887 e acquistato per 98 mila euro.

La pompeiana venne dipinta da Giovanni Segantini tra 1888 e 1890. Questo pastello e tempera acquerellata su cartoncino, di ridotte dimensioni (41 x 24 cm) è di proprietà del Comune di Arco. L'opera è stata esposta per la prima volta l'opera nella mostra temporanea intitolata “Segantini e la Brianza” un focus dedicato al periodo trascorso da Segantini in Brianza, negli anni precedenti al suo trasferimento in Engadina.

Il periodo brianzolo fu un’esperienza determinante per l’artista, che in quei luoghi tranquilli poté vivere appieno il sentimento sacro della comunione nella natura di umanità e mondo animale, una concezione che si esprime in capolavori come i dipinti «Le due madri» e «Ave Maria a trasbordo», e che diventerà cifra estetica anche della produzione successiva.

12 novembre 2022 

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Inquieto, geniale, sofferto: Giovanni Segantini

Storia breve di un grande della pittura - di Corona Perer

Un grande innovatore della pittura alpina e un importante rappresentante del simbolismo di fine secolo.  Giovanni Segantini è il padre del divisionismo. Artista famoso sbocciato da una infanzia difficile e da una gioventù irrequieta.

Era nato il 15 gennaio 1858 ad Arco, che allora faceva parte dell’impero austroungarico. Il padre  era un venditore ambulante Agostino Segatini. La madre Margherita de Girardi morì giovane e il padre che di lui si era disinteressato portò il piccolo Giovanni, a 7 anni, alle cure della sorellastra Irene a Milano, dove trascorse anni di solitudine e tristezza.

Imparò la professione di calzolaio, lavorò per un breve periodo nel negozio di fotografia del fratellastro Napoleone e fu assistente di un pittore di pannelli decorativi. Frequentò l’Accademia di Brera a Milano e ottenne il suo primo successo con il dipinto «Il Coro della Chiesa di Sant’Antonio».

Nel 1881 Segantini abbandonò Milano e si trasferì con la compagna Luigia Bugatti, detta Bice, in Brianza, una regione ricca di laghi tra Milano e Como. L’allontanamento dalla città e dall’accademia con i suoi canoni e i soggetti mitologici e religiosi obbligati fu una scelta di principio. Come molti artisti, Segantini cercò l’originalità e i motivi della vita quotidiana per superare le strutture accademiche.

A quel tempo la Brianza era una regione rurale, Segantini concentrò il suo studio sulla vita quotidiana dei contadini e dei pastori. Lo stretto rapporto del pastore e della pastorella con gli animali divenne uno dei motivi preferiti, che in seguito riprese più volte nei Grigioni. Nel 1882 nacque il primo figlio, Gottardo (che divenne lui stesso pittore e scrisse una biografia del padre); seguirono i figli Alberto e Mario e la figlia Bianca.

Nell’agosto 1886 Giovanni Segantini, dopo un lungo viaggio esplorativo, si stabilì con la famiglia a Savognin, un villaggio di contadini di montagna nell’Oberhalb-stein (cantone dei Grigioni). Fu il paesaggio montano con la sua luce intensa che portò l’artista ad un nuovo linguaggio pittorico.

Spesso Segantini arricchì di un contenuto simbolico i paesaggi alpini meticolosamente osservati, in modo da creare visioni pittoriche allegoriche di rara luminosità. L’allontanamento dalla pittura realistica di genere avvenne in una fase di crisi in tutta Europa.

Dopo otto anni di soggiorno a Savognin, Giovanni Segantini si trasferì in Engadina con la sua famiglia, perseguitato dai creditori. Nel 1894 prese in affitto lo Chalet Kuoni a Maloja. Pur ben pagato (le sue opere erano tra le più costose dell’epoca) amava condurre un costoso stile di vita dell’alta borghesia milanese, e questo lo portava a sperperare in breve tempo i guadagni considerevoli che il suo mercante Vittore Grubicy gli procurava.

All’età di 41 anni, Segantini morì inaspettatamente di peritonite il 28 settembre 1899 sul monte Schafberg sopra Pontresina, mentre stava lavorando al quadro centrale del suo trittico alpino.

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