
Julian Assange, colpevole di verità
Parlamentari europei e associazioni chiedono la grazia a Biden
Diversi parlamentari europei e associazioni si sono uniti alla compagna del giornalista per chiedere a Joe Biden di intervenire ed evitare il processo. Se le accuse verranno confermate, si legge nella lettera, sarebbero minati per sempre i principi fondamentali che sono alla base di una società libera e aperta.
“Le chiediamo rispettosamente di graziare Julian Assange”. Con queste parole si apre la lettera inviata il 5 dicembre 2022 al presidente degli Stati Uniti Joe Biden da Stella Assange, avvocato e attivista per i diritti umani, nonché compagna del giornalista australiano, diversi membri del Parlamento europeo e co-firmata da numerosi altri cittadini e organizzazioni per i diritti umani, tra cui Statewatch. Il fondatore di Wikileaks è stato arrestato l’11 aprile 2019 dalle autorità inglesi su richiesta del Dipartimento della giustizia degli Stati Uniti e attualmente è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh del Regno Unito. Il 17 giugno l’ex ministra dell’Interno britannico, Priti Patel, ha autorizzato la sua estradizione negli Stati Uniti dove lo attende un processo in cui rischia una condanna a 175 anni di carcere. L’accusa che pende sul capo di Assange è quella di aver violato la Legge sullo spionaggio (Espionage act) e la Legge sulle frodi e gli abusi informatici (Computer fraud and abuse act).
Le associazioni che da anni si battono per la libertà di Assange sottolineano però che “rendere pubbliche informazioni del genere è una pietra angolare della libertà di stampa e del diritto dell’opinione pubblica ad avere accesso a informazioni di interesse pubblico. Tutto questo dovrebbe essere oggetto di tutela e non di criminalizzazione”,
Come si ricorderà nel giugno 2021 la ministra dell’Interno del Regno Unito, Priti Patel, ha autorizzato l’estradizione di Julian Assange negli Usa per affrontare accuse relative alla Legge sullo spionaggio.
“Questa decisione pone Assange in grande pericolo e invia un messaggio agghiacciante ai giornalisti in ogni parte del mondo”, ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
“Se l’estradizione andrà avanti, Assange correrà il grande rischio di essere posto in isolamento prolungato, in violazione del divieto di maltrattamenti e torture. Le assicurazioni diplomatiche fornite dagli Usa, secondo le quali Assange non sarà tenuto in isolamento, non possono essere prese sul serio dati i precedenti”, ha aggiunto Callamard.
“Chiediamo al Regno Unito di non estradare Assange e agli Usa di annullare le accuse affinché Assange sia liberato”, ha concluso Callamard.
È probabile che vi saranno ulteriori appelli contro l’estradizione, basati sulla violazione del diritto alla libertà d’espressione.
Roma, 17 giugno 2022
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Julian Assange, colpevole di verità
Julian Assange, colpevole di verità. E' la prima persona incriminata ai sensi della Legge sullo spionaggio per aver pubblicato informazioni: rischia fino a 175 anni di carcere. Lui dell'Afghanistan aveva svelato le atrocità.
La moglie di Julian Assange, Stella Morris, è intervenuta nel al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia e ha posto parole molto dure ai giornalisti occidentali. Ha fatto bene.
Ecco quel che ha detto:
“Gentilissime/i giornaliste e giornalisti,
siamo qui, al vostro Festival Internazionale del Giornalismo, per parlarvi di un vostro collega, rinchiuso in condizioni terribili solo per aver fatto il suo lavoro di giornalista investigativo, denunciando le malefatte e i segreti inconfessabili di governi e potenti.
Stiamo parlando, naturalmente, di Julian Assange.
In questi drammatici giorni, riempiti di immagini di distruzione, di morte e di disperazione in Ucraina, vi vediamo tutti intenti a denunciare eccidi e crimini di guerra. Proprio ciò che Julian Assange ha dedicato la sua vita a svelare e a castigare.
Con una differenza, però. Voi svelate e castigate i crimini di guerra della Russia, paese che il governo statunitense ha qualificato di “nemico”. Il vostro è dunque un lavoro giornalistico “al servizio della verità”, come amate proclamare – ma di una VERITÀ COMODA.
Assange, invece, ha svelato e castigato i crimini di guerra della NATO in Afghanistan e in Iraq – quelli di cui il governo statunitense ha detto che non bisognava parlare e sui quali la Corte Penale Internazionale non deve indagare. Il lavoro giornalistico di Julian, dunque, è stato anch’esso “al servizio della verità” – ma di una VERITÀ SCOMODA..
Talmente scomoda che il Dipartimento della Giustizia statunitense considera la diffusione di quelle verità meritevole di fino a 175 anni di carcere ai termini dell’Espionage Act del 1917.
MA DOVE ERAVATE VOI, allora, mentre Julian Assange denunciava i crimini di guerra commessi dall’Occidente in Afghanistan e in Iraq?
Non abbiamo visto la solerzia e l’indignazione che oggi mostrate nei confronti della Russia, quando a commettere le barbarie eravamo noi (i buoni, i democratici). Non abbiamo visto né dirette né maratone per gli orrori che noi e i nostri alleati abbiamo commessi in passato in Afghanistan, in Iraq, in Libia e oggi in Siria, in Palestina, nello Yemen e nel Sahel.
C’è stata, però, una persona che, quasi in solitaria, ha osato denunciare questi orrori, portando alla luce del sole molteplici crimini – comprese torture che fanno venire la nausea solo a sentirle nominare – commessi da noi, i buoni. Questa persona ha addirittura costruito un sito ingegnoso, Wikileaks, per poter raccogliere anonimamente le prove dei crimini commessi. Ed è per questo che quella persona è perseguitata, dagli Stati Uniti, sin dal 2010, quando pubblicò il famoso video “Collateral Murder”, quel macabro video game.
Dal 2012 Assange è privo della sua libertà e dall’11 aprile del 2019, è rinchiuso in attesa di giudizio in un carcere di massima sicurezza, destinato agli autori di delitti efferati, dove subisce le torture denunciate dal relatore ONU Nils Melzer e da oltre 60 medici esperti in torture.
E voi? Voi, da quale parte state?
Dopo aver attinto a piene mani dalle sue rivelazioni, almeno in un primo tempo, non potete pronunciare oggi una sola parola in difesa di Julian Assange? Dopo aver contribuito alla sua demolizione mediatica agli occhi dell’opinione pubblica, non potete spendere oggi una sola parola per riabilitarlo? Ad esempio, informando i vostri lettori – che hanno letto i vostri articoli accusando Assange di stupro – che si era trattata di una montatura ormai archiviata?
Non potete dare rilievo al piano della CIA, rivelato da Yahoo News, di rapire Assange o di ucciderlo? E biasimare poi la sua estradizione in un paese che ha pensato di assassinarlo?
Non potete spiegare ai vostri lettori che non esiste una sola rivelazione di WikiLeaks che sia risultata falsa, non c’è una sola rivelazione che abbia messo a repentaglio la sicurezza di un Paese o quella di un individuo. L’unica sicurezza che è stata messa in discussione è stata quella dell’Occidente di poter continuare a commettere crimini di guerra impunemente.
Non sono questi “fatti di rilievo” di cui sentite l’obbligo di scrivere, per rispetto della vostra professione?
Il prossimo 20 aprile, la ministra degli interni britannica Priti Patel si troverà sul suo tavolo l’ordine di estradizione di Assange verso gli Stati Uniti, che lo vogliono condannare fino a 175 anni di carcere duro: non potrà più vedere né familiari né gli avvocati, in pratica verrebbe sepolto vivo. Un vostro collega, sepolto vivo per aver fatto il suo lavoro di giornalista investigativo: non vi turba questo pensiero?
È tempo che prendiate le sue difese e chiediate la sua liberazione. Lo dovete a noi, a tutti i cittadini di oggi e a quelli di domani, perché se Julian Assange verrà estradato o se dovesse morire prima in carcere, sarà la morte anche dell’informazione libera, la morte del nostro #DirittoDiSapere cosa fanno realmente coloro che ci governano.
Un’ultima parola. Se Julian non sarà liberato, neanche voi sarete liberi. Se domani voi venite in possesso di informazioni segrete che rivelano crimini di guerra commessi da uno Stato della NATO, ricordando Julian vi sentirete costretti a cestinare quelle informazioni e a lasciar impunite le persone implicate. In una parola, vi sentirete costretti ad una vita di complicità.
E’ dunque anche per la VOSTRA libertà che vi chiediamo di intervenire a favore della liberazione di Julian Assange”.
Il caso Assange inizia nel 2007 quando comincia a svelare gli orrori Usa in Iraq e Afghanistan grazie al coraggio di Chelsea Manning, all'epoca sul teatro di guerra, che passa a Wikileaks i rapporti su uccisioni e torture.
La decisione della Corte suprema del Regno Unito di negare a Julian Assange la possibilità di ricorrere contro una precedente decisione dell’Alta corte che ne autorizzava l’estradizione negli Usa è, secondo Amnesty International, un colpo alla giustizia e allo stesso Assange.
La decisione della Corte suprema è una brutta notizia per la libertà di stampa poiché conferma la deriva intrapresa dagli Usa di processare per spionaggio chi pubblica informazioni.
''Pretendere che gli stati, come in questo caso il Regno Unito, estradino persone che hanno diffuso informazioni riservate di interesse pubblico rappresenta un pericoloso precedente che dev’essere respinto. Gli Usa devono immediatamente annullare le accuse contro Assange”, ha sottolineato Julie Hall, vicedirettrice delle ricerche sull’Europa di Amnesty International.
La richiesta di estradizione da parte degli Usa si basa su accuse riferite direttamente alla pubblicazione di informazioni riservate da parte di Assange nell’ambito del suo lavoro con Wikileaks. Pubblicare informazioni che sono di interesse pubblico è una pietra angolare della libertà di stampa e del diritto dell’opinione pubblica a conoscere le malefatte dei governi. È un’attività protetta dal diritto internazionale che non dovrebbe mai essere criminalizzata.
Se estradato negli Usa, Assange potrebbe affrontare 18 capi d’accusa: 17 ai sensi della Legge sullo spionaggio e uno ai sensi della Legge sulle frodi e gli abusi informatici. Potrebbe anche rischiare gravi violazioni dei diritti umani tra cui condizioni detentive, come l’isolamento prolungato, che potrebbero equivalere a maltrattamento o tortura. Assange è il primo soggetto editoriale a essere stato incriminato ai sensi della Legge sullo spionaggio.
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