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Julian Assange, colpevole di verità

Nuovo verdetto atteso per il 20 maggio

Un nuovo verdetto è atteso per il prossimo 20 maggio 2024. Il giornalismo non è un reato: Julian Assange deve essere liberato. L’Alta corte del Regno Unito ha aggiornato la decisione sulla richiesta di Julian Assange di presentare appello contro la richiesta di estradizione presentata dagli Usa.

I giudici britannici hanno dato agli Usa un’ulteriore opportunità di fornire assicurazioni diplomatiche che i diritti umani di Assange non saranno violati. La Corte esaminerà nuovamente il caso il 20 maggio.

Assange ha già trascorso quasi cinque anni nella prigione londinese di massima sicurezza di Belmarsh, dove è detenuto in attesa di giudizio dall’aprile 2019.

 

Se dovesse perdere l’appello, tutte le vie legali nel Regno Unito gli sarebbero concluse e dovrebbe presentare formale ricorso alla Corte europea dei diritti umani per opporsi all’estradizione. Non è tuttavia chiaro se tale Corte vorrà garantire delle “misure ad interim” per fermare l’estradizione prima che la sua istanza sia giudicata ammissibile e poi valutata nel merito. L’offerta da parte degli Stati Uniti di una “assicurazione diplomatica” potrebbe bloccare l’adozione di tali misure. In tal caso Assange correrebbe il rischio di un’immediata estradizione e conseguente imprigionamento negli Usa, dove potrebbe subire una condanna fino a 175 di carcere per violazione della Legge sullo spionaggio del 1917, per aver pubblicato nel 2010 documenti segretati resi noti tramite Wikileaks. Per la più lieve accusa di frode informative, potrebbe ricevere una pena massima di cinque anni.

La pubblicazione da parte di Wikileaks di documenti rivelati all’organizzazione da altre fonti rientra nella condotta che i giornalisti investigativi possono legalmente tenere nell’ambito della loro attività professionale.

Secondo Amnesty International, le accuse di spionaggio e di frode informatica contro Assange sono motivate politicamente e violano il diritto alla libertà di espressione. Inoltre, possono avere una grave ricaduta sulla libertà dei media a livello globale, spingendo giornalisti ed editori ad autocensurarsi per evitare il rischio di denunce. Il giornalismo non è un reato.

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Julian Assange, colpevole di verità

Julian Assange, colpevole di verità. E' la prima persona incriminata ai sensi della Legge sullo spionaggio per aver pubblicato informazioni: rischia fino a 175 anni di carcere. Lui dell'Afghanistan aveva svelato le atrocità.
La moglie di Julian Assange, Stella Morris, quando intervenne al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia  ebbe parole molto dure verso i giornalisti occidentali. Riteniamo che ne avesse tutte le ragioni.
Ecco quel che ha detto:


“Gentilissime/i giornaliste e giornalisti,
siamo qui, al vostro Festival Internazionale del Giornalismo, per parlarvi di un vostro collega, rinchiuso in condizioni terribili solo per aver fatto il suo lavoro di giornalista investigativo, denunciando le malefatte e i segreti inconfessabili di governi e potenti.
Stiamo parlando, naturalmente, di Julian Assange.
In questi drammatici giorni, riempiti di immagini di distruzione, di morte e di disperazione in Ucraina, vi vediamo tutti intenti a denunciare eccidi e crimini di guerra. Proprio ciò che Julian Assange ha dedicato la sua vita a svelare e a castigare.
Con una differenza, però. Voi svelate e castigate i crimini di guerra della Russia, paese che il governo statunitense ha qualificato di “nemico”. Il vostro è dunque un lavoro giornalistico “al servizio della verità”, come amate proclamare – ma di una VERITÀ COMODA.
Assange, invece, ha svelato e castigato i crimini di guerra della NATO in Afghanistan e in Iraq – quelli di cui il governo statunitense ha detto che non bisognava parlare e sui quali la Corte Penale Internazionale non deve indagare. Il lavoro giornalistico di Julian, dunque, è stato anch’esso “al servizio della verità” – ma di una VERITÀ SCOMODA..
Talmente scomoda che il Dipartimento della Giustizia statunitense considera la diffusione di quelle verità meritevole di fino a 175 anni di carcere ai termini dell’Espionage Act del 1917.
MA DOVE ERAVATE VOI, allora, mentre Julian Assange denunciava i crimini di guerra commessi dall’Occidente in Afghanistan e in Iraq?
Non abbiamo visto la solerzia e l’indignazione che oggi mostrate nei confronti della Russia, quando a commettere le barbarie eravamo noi (i buoni, i democratici). Non abbiamo visto né dirette né maratone per gli orrori che noi e i nostri alleati abbiamo commessi in passato in Afghanistan, in Iraq, in Libia e oggi in Siria, in Palestina, nello Yemen e nel Sahel.
C’è stata, però, una persona che, quasi in solitaria, ha osato denunciare questi orrori, portando alla luce del sole molteplici crimini – comprese torture che fanno venire la nausea solo a sentirle nominare – commessi da noi, i buoni. Questa persona ha addirittura costruito un sito ingegnoso, Wikileaks, per poter raccogliere anonimamente le prove dei crimini commessi. Ed è per questo che quella persona è perseguitata, dagli Stati Uniti, sin dal 2010, quando pubblicò il famoso video “Collateral Murder”, quel macabro video game.
Dal 2012 Assange è privo della sua libertà e dall’11 aprile del 2019, è rinchiuso in attesa di giudizio in un carcere di massima sicurezza, destinato agli autori di delitti efferati, dove subisce le torture denunciate dal relatore ONU Nils Melzer e da oltre 60 medici esperti in torture.
E voi? Voi, da quale parte state?
Dopo aver attinto a piene mani dalle sue rivelazioni, almeno in un primo tempo, non potete pronunciare oggi una sola parola in difesa di Julian Assange? Dopo aver contribuito alla sua demolizione mediatica agli occhi dell’opinione pubblica, non potete spendere oggi una sola parola per riabilitarlo? Ad esempio, informando i vostri lettori – che hanno letto i vostri articoli accusando Assange di stupro – che si era trattata di una montatura ormai archiviata?
Non potete dare rilievo al piano della CIA, rivelato da Yahoo News, di rapire Assange o di ucciderlo? E biasimare poi la sua estradizione in un paese che ha pensato di assassinarlo?
Non potete spiegare ai vostri lettori che non esiste una sola rivelazione di WikiLeaks che sia risultata falsa, non c’è una sola rivelazione che abbia messo a repentaglio la sicurezza di un Paese o quella di un individuo. L’unica sicurezza che è stata messa in discussione è stata quella dell’Occidente di poter continuare a commettere crimini di guerra impunemente.
Non sono questi “fatti di rilievo” di cui sentite l’obbligo di scrivere, per rispetto della vostra professione?
Il prossimo 20 aprile, la ministra degli interni britannica Priti Patel si troverà sul suo tavolo l’ordine di estradizione di Assange verso gli Stati Uniti, che lo vogliono condannare fino a 175 anni di carcere duro: non potrà più vedere né familiari né gli avvocati, in pratica verrebbe sepolto vivo. Un vostro collega, sepolto vivo per aver fatto il suo lavoro di giornalista investigativo: non vi turba questo pensiero?
È tempo che prendiate le sue difese e chiediate la sua liberazione. Lo dovete a noi, a tutti i cittadini di oggi e a quelli di domani, perché se Julian Assange verrà estradato o se dovesse morire prima in carcere, sarà la morte anche dell’informazione libera, la morte del nostro #DirittoDiSapere cosa fanno realmente coloro che ci governano.
Un’ultima parola. Se Julian non sarà liberato, neanche voi sarete liberi. Se domani voi venite in possesso di informazioni segrete che rivelano crimini di guerra commessi da uno Stato della NATO, ricordando Julian vi sentirete costretti a cestinare quelle informazioni e a lasciar impunite le persone implicate. In una parola, vi sentirete costretti ad una vita di complicità.
E’ dunque anche per la VOSTRA libertà che vi chiediamo di intervenire a favore della liberazione di Julian Assange”.
 

Il caso Assange  inizia nel 2007 quando comincia a svelare gli orrori Usa in Iraq e Afghanistan grazie al coraggio di Chelsea Manning, all'epoca sul teatro di guerra, che passa a Wikileaks i rapporti su uccisioni e torture.

La decisione della Corte suprema del Regno Unito di negare a Julian Assange la possibilità di ricorrere contro una precedente decisione dell’Alta corte che ne autorizzava l’estradizione negli Usa è, secondo Amnesty International, un colpo alla giustizia e allo stesso Assange.

La decisione della Corte suprema è una brutta notizia per la libertà di stampa poiché conferma la deriva intrapresa dagli Usa di processare per spionaggio chi pubblica informazioni.

''Pretendere che gli stati, come in questo caso il Regno Unito, estradino persone che hanno diffuso informazioni riservate di interesse pubblico rappresenta un pericoloso precedente che dev’essere respinto. Gli Usa devono immediatamente annullare le accuse contro Assange”, ha sottolineato Julie Hall, vicedirettrice delle ricerche sull’Europa di Amnesty International.

La richiesta di estradizione da parte degli Usa si basa su accuse riferite direttamente alla pubblicazione di informazioni riservate da parte di Assange nell’ambito del suo lavoro con Wikileaks.  Pubblicare informazioni che sono di interesse pubblico è una pietra angolare della libertà di stampa e del diritto dell’opinione pubblica a conoscere le malefatte dei governi. È un’attività protetta dal diritto internazionale che non dovrebbe mai essere criminalizzata.

Se estradato negli Usa, Assange potrebbe affrontare 18 capi d’accusa: 17 ai sensi della Legge sullo spionaggio e uno ai sensi della Legge sulle frodi e gli abusi informatici. Potrebbe anche rischiare gravi violazioni dei diritti umani tra cui condizioni detentive, come l’isolamento prolungato, che potrebbero equivalere a maltrattamento o tortura. Assange è il primo soggetto editoriale a essere stato incriminato ai sensi della Legge sullo spionaggio.

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