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Stalking: cos'è e come combatterlo

Il fenomeno è in costate aumento

I casi che riguardano la persecuzione sono purtroppo all’ordine del giorno e i dati statistici confermano un costante aumento del fenomeno. Il reato di stalking è disciplinato dal Codice Penale ed è entrato a far parte dell’ordinamento italiano nel 2009. Il termine ‘stalking’ deriva dal verbo inglese ‘to stalk’ che tradotto in italiano significa ‘inseguire’, ‘fare la posta’.

Per stalking si intende quindi un comportamento persecutorio, che viene ripetuto e che vede un soggetto persecutore (lo ‘stalker’) inseguire la sua vittima con minacce, molestie e atti lesivi che provocano nella vittima paura e stati d’ansia e situazioni di forte disagio sia fisico che psichico tale da compromettere il normale svolgimento della vita quotidiana. Tutto questo è reato.

Lo stalker nell’80% dei casi è uomo, spesso un ex, può essere un collega o un vicino.Contiua a sorvegliare, pedinare, aspettare, seguire i movimenti, raccogliere informazioni sulla vittima; appostarsi sotto casa, sul luogo di lavoro o addirittura introdursi in casa. Magari è incensurato, non si è cioè pregiudicato la fedina penale, ma ha una ossessione: la sua vittima. Attenzione; anche una donna può essere una perfetta e temibile stalker. Ci sono molti casi di stalking femminile.

Rientrano negli atti persecutori anche la diffusione di dichiarazioni diffamatorie/oltraggiose sui social e la minaccia di violenza nei confronti della vittima o delle persone a lei vicine (parenti, amici ecc.). La Legge n. 38 del 2009 all’articolo 612-bis ‘Atti persecutori’  definisce il reato e come deve essere punito.

"....chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato d’ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.”

Lo stalker rischia la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso da un coniuge o ex coniuge, a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità c'è un aumento della pena. Per punire il persecutore occorre esporre querela. Lo deve fare la persona offesa e la remissione può essere soltanto processuale che è invece irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità e quando il fatto è connesso con altro delitto.

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