Scienza, Ambiente & Salute

Shell, lo scempio sul delta del Niger

Le Ong richiamano l'attenzione sui ritardi del progetto di bonifica

Nel 2020 Shell stava  affrontando una serie di giudizi avviati nel 2019 nei tribunali europei circa il suo operato in Nigeria. Intanto però non ha fatto quasi nulla per bonificare le aree inquinate nella zona del Delta del fiume Niger, in Nigeria, in 10 anni dagli obblighi che le erano stati imposti.

Nel 2011 - infatti - il Programma delle nazioni Unite per lo sviluppo (Unep) diffuse in rapporto sul devastante inquinamento prodotto dalle compagnie petrolifere nell’Ogoniland, raccomandando azioni urgenti di bonifica.

Le “misure di emergenza” proposte dall’Unep non sono state attuate e  il progetto di bonifica da un miliardo di dollari lanciato dal governo della Nigeria nel 2016 si è rivelato inefficace. A distanza di quasi 10 anni da quando la Shell, insieme ad altre compagnie petrolifere, fu sollecitata a farlo risulta che solo su una piccola fetta di territorio si è intervenuto: l'11% delle aree colpite.

E dunque che dire del lavoro svolto? Ben poco. Solo l’11 per cento dei territori coinvolti, mentre gli altri risultano ancora pesantemente contaminati" affermano in una nota ufficiale alcune ONG e tra queste Amnesty International, Friends of the Earth Europe, Environmental Rights Action e Milieudefensie che parlano anche di vistosi conflitti d’interesse che coinvolgono la Shell rispetto all’operato dell’agenzia locale per la bonifica (Hyprep) e il governo nigeriano. Shell continua a far parte degli organismi di bonifica, essendo riuscita persino a piazzare propri rappresentanti all’interno di Hyprep.

Nel corso di mezzo secolo le estrazioni di petrolio e di gas hanno causato la contaminazione continua e massiccia delle acque e dei terreni delle comunità ogoni. L’altrettanto continua e sistematica mancanza d’azione delle compagnie petrolifere ha lasciato centinaia di migliaia di persone a contatto con malattie e a lottare ogni giorno per avere accesso all’acqua potabile e a qualcosa di cui vivere.

Il rapporto delle 4 Ong afferma che le  “misure di emergenza”, riguardanti l’accesso all’acqua potabile e la protezione dalle malattie, non sono state svolte adeguatamente; intere comunità non hanno ancora accesso a forniture di acqua potabile; non è stato svolto alcun monitoraggio sulla salute e sull’ambiente dei territori inquinati; non c’è stata alcuna rendicontazione pubblica su come i 31 milioni di dollari forniti dal 2018 siano stati spesi; 11 delle 16 imprese messe sotto contratto per la bonifica non hanno dichiarato pubblicamente alcuna competenza nei rimedi all’inquinamento da petrolio e ai problemi collegati.

Le quattro Ong, nel ribadire la necessità di una rapida bonifica, chiedono in particolare che il governo nigeriano garantisca alla popolazione dell’Ogoniland i diritti fondamentali, tra cui quello ad avere accesso a forniture di acqua potabile; elabori e attui una strategia che affronti le cause di fondo dell’inquinamento, coinvolgendo pienamente le comunità locali; rafforzi i poteri dell’Hyprep e assicuri la sua indipendenza e trasparenza, escludendo ogni coinvolgimento di Shell nella supervisione e nella partecipazione alle strutture dirigenziali e renda pubbliche tutte le informazioni sui progetti di bonifica e sulla loro esecuzione.

Shell deve ancora fornire risarcimenti adeguati a tutte le comunità che hanno subito le conseguenze della mancata o ritardata bonifica delle fuoriuscite di petrolio; metta fuori uso tutti gli oleodotti obsoleti e danneggiati; s’impegni a finanziare la bonifica dell’Ogoniland e delle altre aree del Delta del fiume Niger fino a quando questa bonifica non sarà terminata.

Anche l'Europa può fare qualcosa. Le quattro Ong chiedono che i governi europei in cui hanno sede legale le compagnie petrolifere che operano nel Delta del fiume Niger facciano un significativo passo avanti dando priorità, rispetto agli interessi delle compagnie, alla bonifica dell’Ogoniland e delle altre aree del Delta del fiume Niger; aumentino le pressioni e il sostegno nei confronti del governo nigeriano affinché siano effettivamente attuate le raccomandazioni dell’Unep, vi sia un monitoraggio indipendente sulle attività delle compagnie petrolifere e siano forniti rimedi giudiziari alle comunità colpite; istituiscano una rigida normativa internazionale sulla responsabilità per i danni causati all’estero, come ad esempio una legislazione dell’Unione europea che renda obbligatoria la due diligence nel campo dei diritti umani o un Trattato vincolante delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani.

 

www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*

Commenti (0)

Articoli correlati