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Vita da chef: Cesare Airaldi

Storia di una passione trasmessa...dalla nonna

Dalla materia prima al piatto. Originario di Como e altoatesino di adozione dal 2008, lo chef Cesare Airaldi ha a lungo lavorato in Alto Adige dove ha portato una proposta culinaria che esalta le materie prime locali: dalla filiera corta ai piatti ispirati alla tradizione ma rielaborati in chiave contemporanea. Una cucina gourmet che affonda le sue radici nel territorio. Acquistare dai piccoli produttori locali è tipico di chi ricerca qualità, genuinità e trasparenza.

Airaldi ama una cucina semplice ma ricercata che unisce creatività, eleganza e particolare cura per la materia prima. Il suo racconto ha inizio proprio narrando l’amore e la fatica dei contadini da cui spesso acquista i prodotti del territorio, persone con cui ha stretto un rapporto di fiducia e collaborazione che è diventato un importante valore aggiunto della proposta culinaria dell’hotel.

Lombardo di origine e altoatesino per scelta, si è diplomato come Commis di Cucina nel 2004 e dal 2014 lavora in Alto Adige. A trasmettergli l’amore per la cucina è stata la nonna.  I suoi piatti nascono da prodotti di qualità elevata e da piccoli produttori locali. Non snaturano l’origine della materia prima, gli abbinamenti sono studiati e quando sembrano "arditi" in realtà al palato trovano una loro giustificazione. Le erbe spontanee che crescono nei diversi periodi dell’anno sono il tocco finale. Come il levistico che abbiamo assaggiato su ottimi tortelli fatti a mano.

Negli ottimi paccheri fatti in casa, accompagnati al ragù di fassona piemontese e aromatizzati con rosmarino, sapori forti, ma autentici come tartufo e pecorino romano. Ottimo anche il brasato di manzo nostrano che lo chef fa marinare nel Lagrein gran riserva e viene accompagnato da un canederlo di patate rosse e mirtillo e una purea leggera.

 

La verdura e la frutta sono la passione di Airaldi che ricorrre al bergamotto per insaporire piatti bellissimi anche da vedere. Meraviglioso il suo chutney all'albicocca e noci che viene adagiato sulle costine di vitello cotte lentamente e  condite con sciroppo d'acero. Pane e focaccia, poi, sono sempre rigorosamente fatti in casa.

Lo abbiamo incontrato al Post Hotel di San Candido per farci raccontare come si desidera e come si diventa chef..

Chi ti ha trasmesso l’amore per la cucina?
Mia nonna. Con lei fin da piccolissimo trascorrevo le mie giornate e spesso mi divertivo ad affiancarla in cucina nella preparazione delle pietanze tradizionali lombarde come cazeula, bollito, busecca, polenta e gallina fredda, dolci e pasta fresca. Il primo piatto che ho preparato da solo è stato il coniglio ripieno: lo ricordo ancora come fosse ieri. Cucino con amore e lo faccio sempre come se le pietanze che preparo per gli ospiti dell’hotel in realtà fossero per me o per qualcuno dei miei cari.
 
Come descrivi la tua cucina e il suo rapporto con la filiera corta?
Prediligo una cucina contemporanea, ma profondamente legata al territorio altoatesino: nei miei piatti preferisco inserire pochi elementi ma valorizzati al meglio, perché il cliente possa gustare al 100% il sapore dell’ingrediente, la sua testura, le sue consistenze. Per questo motivo, quando possibile, scelgo la filiera corta e il rapporto con i piccoli produttori locali, soprattutto per l’acquisto di carni, farine e verdure stagionali: con loro ho costruito un rapporto di fiducia e collaborazione che costituisce un valore aggiunto per la mia proposta culinaria, garanzia di una qualità elevata e controllata che deriva anche dall’amore e dalla fatica con cui i prodotti vengono coltivati.


 
Dalla materia prima al piatto: come esaltarla al massimo?
Il rispetto della materia prima è per me un fattore essenziale, il punto di partenza per la preparazione di ogni ricetta. Amo trasformare il prodotto con tecniche e approcci innovativi, giocando anche con abbinamenti insoliti, ma sempre avendo cura di non stravolgere gli ingredienti che utilizzo. Un pensiero che nasce dalla volontà di insegnare al cliente ad apprezzare la materia prima in tutte le sue forme. Ogni mio piatto nasce infatti da ricette d’ispirazione tradizionale declinate in modo contemporaneo: anche di una piccola rapa, ad esempio, è possibile presentare una variazione insolita, lavorando su consistenze e fermentazioni che consentono di esaltarne il gusto e la qualità al massimo delle sue potenzialità.  
 
La scelta di valorizzare i prodotti dei piccoli contadini locali è necessariamente legata anche all’esigenza di rispettarne la stagionalità: quali i vantaggi nella cucina?
Acquistare gli ingredienti dalla filiera corta significa poter contare su freschezza, qualità e gusto che custodiscono la fatica e il lavoro di una volta, senza l’impiego di grandi macchinari e additivi chimici. Il grande vantaggio è quello di lavorare un prodotto fresco qualitativamente al top che può essere sfruttato anche in altri momenti dell’anno. Quando possibile, specialmente a fine stagione, mi piace infatti preparare delle conserve e marmellate attraverso particolari tecniche di fermentazione, perfette in abbinamento a carni, selvaggine e dolci: in questo modo posso sfruttare il prodotto anche oltre la sua stagionalità, 365 giorni all’anno.

Cesare Airadi con la sua brigata (foto C.Perer)

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