
Nella luce improvvisa di Cesare Pavese
L'ultimo libro del giornalista Enzo Romeo
(C.Perer) - ''Nella luce improvvisa - Le poesie dalla Calabria di Cesare Pavese'' è l'ultimo Libro del giornalista Enzo Romeo a lungo caporedattore e vaticanista della Rai, che è stato tra i primi ad approfondire l'esperienza del confino in Calabria di Cesare Pavese con il volume La solitudine feconda (Progetto 2000, Cosenza 1986).
''Nella luce improvvisa'' è il verso di una delle poesie raccolte in questo libro, scritte da Cesare Pavese a Brancaleone, il paese in cui dal 4 agosto 1935 al 15 marzo 1936 il regime fascista lo inviò a scontare la condanna al confino. Qui trovò ancora vive le radici dell'antica cultura greca, da lui tanto amata, e scoprì il chiarore abbagliante della Calabria jonica, col sole che emerge dal mare.
Una luce insieme spietata e tenera, capace di penetrare e trasformare ogni cosa: la sofferenza e l'amore, la vita e la morte.
Il titolo ''Nella luce improvvisa'', è tratto da una di queste poesie. La lirica fu scritta da Pavese nel settembre del 1935 nel primo mese di soggiorno obbligato, iniziato quando l'estate era quasi al suo apogeo, il poeta e scrittore aveva scoperto la luce abbagliante della Calabria, in particolare quella della costa orientale, che ogni mattina vede sorgere il sole dal mare. Una luce insieme spietata e tenera, capace di penetrare e trasformare ogni cosa: la sofferenza e l'amore, la vita e la morte. Come suggerisce la poesia, dal «silenzio remoto» si produce «l'incanto».
Spiega Enzo Romeo (calabrese e figlio di quella luce che folgorò Cesare Pavese), che le prime pagine del diario dello scrittore, dicono che visse quei giorni anche una «gioia inventiva acuta», risultato di una «acquisita disinvoltura metrica», di una «esaltazione passionale» frutto della sua «meditazione». È affascinato dalle «rocce rosse lunari» di Brancaleone e gli piacerebbe «mostrare il dio incarnato in questo luogo», ma pensa di non esserne in grado perché «esse non riflettono nulla di mio, tranne uno scarno turbamento paesistico, quale non dovrebbe mai giustificare una poesia».
Il soggiorno obbligato accentua la sensibilità del suo tormentato io interiore. Afferma inoltre che attraverso la poesia ha costruito «una persona spirituale che non potrò mai più scientemente sostituire». Una memoria che resterà ma sfocerà 14 anni dopo con la morte che Pavese si diede a Torino con sedici bustine di sonnifero. Sedici, come le sue liriche "calabresi'", che considerava ''le migliori del mazzo''.
''Sono passati 90 anni da allora, ma rimane l’attualità drammatica di versi composti da chi era finito nel mirino di un regime illiberale, che ricorda altri oggi insorgenti'' afferma Enzo Romeo nato a Siderno (1959), giornalista e saggista. Per Ancora ha pubblicato, tra gli altri, vari titoli su Saint-Exupéry e la genesi interiore del Piccolo Principe.
E questo saggio è anche un atto d'amore verso la terra calabrese, trait-d'union tra il Romeo lettore e il Pavese scrittore.
Autore: Corona Perer
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