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Overtourism in montagna

Mountain Wilderness Italia: ''Basta aggiungere. Destrutturiamo le montagne''

di Luigi Casanova * - Si leggono un’infinità di commenti sugli effetti dell’eccesso di presenze turistiche sulla montagna italiana. Si offre voce a esperti di turismo, a manager delle Aziende di promozione turistica, a assessori e perfino a ministre indagate. Si rabbrividisce quando si illustrano progetti facendosi forti della parola “sostenibilità”(specie da parte di politici e operatori turistici). Invece cala il silenzio sul problema reale. La montagna (come del resto tutti i beni naturali), ha dei limiti. Ovunque l’uomo questi limiti li abbatte: dove arriva, anche animato da buone intenzioni, sconvolge ambienti, identità e socialità.

L’associazione Mountain Wilderness sta seguendo con preoccupazione il sostegno offerto a progetti di alberghi o campeggi di lusso in quota, in Cadore come nelle Alpi occidentali. Strutture per lo più sostenute da aziende provenienti dalle aree urbane, condivise dai pubblici amministratori locali e regionali sempre consenzienti nell’offrire la parola magica, - “interesse generale”-.

L’interesse di una minoranza vorace apre così le porte all’imposizione di deroghe che arrivano all’indecenza. Si pensi ai collegamenti sciistici olimpici proposti sulle Dolomiti o in Valtellina. Chi li sostiene fa parte di quegli amministratori che oggi chiedono di limitare gli accessi alle montagne. Sono gli stessi amministratori e operatori turistici che mentre chiedono si offrano più spazi per strutture coperte, perché spesso in montagna piove, propongono e sostengono l’aumento della capacità delle strade (Cadore – Val Pusteria - Valtellina), degli impianti di risalita (ovunque), delle strutture ricettive. Fino alle alte quote. Questi stessi amministratori e operatori turistici si lamentano oggi, a danni diffusi ovunque, dell’overturismo. Quanta ipocrisia.
Mountain Wilderness propone una soluzione drastica. Tesa non solo a combattere l’eccesso di presenze turistiche, ma decisiva nel contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici e al crollo delle biodiversità, non solo della natura ma anche paesaggistica e culturale.

Le pratiche del futuro devono basarsi su semplici scelte e criteri di pianificazione: basta aggiungere sulle montagne, si deve togliere, non solo quanto di obsoleto è diffuso, si deve togliere ovunque si è sbagliato. Nell’incremento delle strutture di trasporto impiantistico, nell’offerta di ospitalità sulle alte quote: si deve diffondere su tutte le montagne italiane un’azione di drastica pulizia.
Nel seguire questa proposta è ovvio che i passi dolomitici, come i parchi naturali, debbano essere liberati dall’assalto delle auto private. Che si debba rivedere la normativa urbanistica sulle alte quote rendendo impraticabili le indegne deroghe, che i parchi naturali, invece di essere ridotti o smembrati (vedasi Adamello lombardo e lo Stelvio), debbano essere ampliati e gestiti come aree protette e non come cartoline pubblicitarie.

Tutte le aree montane devono essere gestite come parchi naturali. Certo, la proposta per essere attuata ha bisogno di coraggio. Caratteristica oggi rara se non introvabile in chi gestisce i beni pubblici. 
Certo, c’è bisogno di coerenza.

 

Se si parla di eccesso di turisti si devono ridurre le presenze, limitare l’accessibilità alle alte quote, investire in servizi pubblici a valle, non solo nel trasporto, ricominciare a gestire, quindi curare i territori delle alte quote.

Questo non lo si fa diffondendo le ruspe, lo si fa dapprima conoscendo la montagna, con il sostegno della scienza e porterà a una sola conseguenza: rinunciare. Ecco la parola che la politica nemmeno vuole sentire. Rinunciare non per desertificare, ma per investire in altro. Per risparmiare e incentivare in tutti i settori la qualità. Tornare alla sobrietà dell’offerta del vivere in montagna per ritrovare equilibri e dialogo con i beni che ci circondano. Se si vuole essere coerenti con i proclami lanciati in questa contraddittoria estate si deve avere questo coraggio: rivedere l’offerta e il vivere in montagna.

Un impegno urgente che spetta alla politica affrontare, senza più perdere tempo. Non certo ponendosi in ginocchio davanti alle imposizioni del mondo imprenditoriale, sempre più cieco e arido.

*Presidente di Mountain Wilderness Italia

 

una foto emblematica: una betoniera sul sentiero
a 2000 m. di quota si costruisce ancora

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