Attualità, Persone & Idee

Chi insegna alle donne arabe a guidare?

Dopo la caduta di un odioso tabù, servono formatori. Meglio se donne

11.2.2020 - In Arabia Saudita, il tabù è finalmente caduto: alle donne è permesso guidare. Tante attiviste, che hanno lottato per anni per ottenere questo risultato, sono però ancora in carcere. Una di loro è stata liberata in questi giorni dopo 1000 giorni di carcere come scriviamo in questa pagina.

Ora però c'è un altro problema: chi insegna alle donne a guidare? In Italia ci si è posti il problema e si è anche capito che c'era un mercato aperto da verificare. L’Unione Nazionale Autoscuole e Studi di consulenza automobilistica ha così fatto una proposta allettante: cerca volontarie con esperienza per insegnare a Riad. Lo stipendio è di 4.500 dollari al mese

Chi ha cinque anni di esperienza e voglia di mettersi in gioco ha davanti a sè una grande opportunità.

Manuel Picardi, Segretario generale EFA (Federazione delle autoscuole europee) e delegato UNASCA spiega: «In Arabia Saudita solo da un paio di anni le donne hanno la possibilità di conseguire la patente. Il Paese sta vivendo una transizione storica e le donne sono chiamate a dare il loro contributo nella formazione alla guida. È una buona opportunità economica per le istruttrici italiane che vogliano mettersi in gioco, con un compenso di 4.500 USD al mese, spese di viaggio e alloggio a carico degli organizzatori. Soprattutto si ha l’occasione di contribuire all’accelerazione del processo di emancipazione delle donne saudite. Le prime istruttrici di guida europee che partecipano al progetto arrivano da Francia e Olanda. Nei prossimi mesi ci aspettiamo una congrua partecipazione anche da parte delle nostre colleghe italiane, che non sono seconde a nessuno».

Si è ricorsi alla psicologia per costruire format educativi e diverse sono state le richieste d’interessamento da parte di istruttori italiani per partecipare al progetto. ""Al momento diamo la precedenza alle donne, il loro coinvolgimento in questo momento storico è determinante per la buona riuscita del progetto. In un secondo tempo ci attiveremo per il reclutamento degli istruttori uomini", conclude Picardi.

info: s.cerini@effecicomunicazione.it

***

UN DIRITTO CHE HA CHIESTO UN LUNGO CAMMINO
Liberata Loujain al-Hathloul: era finita in carcere per aver osato guidare

11.2.2021 - E' stata liberata grazie ad uno sconto di pena dopo 1000 giorni di carcere! Loujain al-Hathloul era stata arrestata nel maggio 2018 e condannata a 5 anni e 8 mesi per spionaggio in favore di una potenza straniera e cospirazione contro il regno saudita, solo per aver svolto campagne per i diritti delle donne come quelle per l'abolizione del divieto di guida e del sistema del "guardiano" maschile.

Il cammino per questo diritto era iniziato negli anni Novanta quando circa 40 donne salirono a bordo delle loro automobili e percorsero alla guida una delle strade principali della capitale Riad. Vennero fermate dalla polizia e sospese dal lavoro. Nel 2007 venne lanciata una campagna di lettere al defunto re Abdullah.

L’anno successivo Wajeha al-Huwaider filmò se stessa alla guida e pubblicò il filmato su YouTube l’8 marzo, Giornata internazionale delle donne. Altre donne fecero lo stesso nel 2011: alcune vennero arrestate, una fu condannata a 10 anni, altre furono costrette a firmare un documento nel quale promettevano di desistere da ulteriori proteste.

Nell’ottobre 2013 la campagna riprese slancio. Il sito venne hackerato e alcune attiviste ricevettero minacce. Nel settembre 2017 l'annuncio della fine del divieto a partire dal 24 giugno 2018, ma molte protagoniste della campagna hanno ricevuto telefonate in cui venivano ammonite a non commentare pubblicamente la novità.

Le principali protagoniste della campagna contro il divieto di guida dopo Wajeha al-Huwaider  e Loujain al-Hathloul, furono anche Iman al-Nafjan e Aziza al-Yousef, tra le otto persone finite in carcere  a causa del loro impegno in favore dei diritti umani. Il che offre un quadro non edificante del paese: ancora oggi le donne subiscono una sistematica discriminazione, tanto per legge quanto per prassi. Non possono viaggiare, lavorare, accedere all’istruzione superiore o sposarsi senza il consenso di un tutore di sesso maschile. E coloro che sposano cittadini stranieri non possono trasmettere la loro nazionalità ai figli, a differenza di quanto accade agli uomini sauditi.

www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*

Commenti (0)