Arte, Cultura & Spettacoli

David Lamelas: ''Ci devo pensare''

Emozionante retrospettiva alla Fondazione Antonio Dalle Nogare

(Crona Perer - Bolzano 7 maggio 2023) - ''Ci devo pensare'' rispose David Lamelas ai curatori della retrospettiva allestita da oggi nella stratosferica scenografia offerta dalla Fondazione Antonio Dalle Nogare a Bolzano.

I curatori Andrea Viliani ed Eva Brioschi, non si son persi d'animo e "I have to think about it'' (...appunto 'ci devo pensare') ha preso corpo offrendo uno squarcio di grande suggestione sulle istanze contemporanee intelligentemente intercettate dalla vicenda artistica che vede Lamelas,  nato a Buenos Aires nel 1946, tra i protagonisti della seconda metà del Novecento.

Dopo gli studi all’Accademia Nazionale di Belle Arti di Buenos Aires, l’artista diventa subito uno dei più rappresentativi animatori del movimento d’avanguardia. Formatosi all’Istituto Torcuato di Tella nel 1967 riceve il premio per la scultura alla IX Bienal de São Paulo, mentre nel 1968 rappresenta l’Argentina alla 34. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia e da lì parte una carriera mondiale difficile da sintetizzare in poche righe.

La mostra di Bolzano si sviluppa su tutti i piani della Fondazione, sconfinando all’esterno e nelle sale che accolgono la collezione, e pur essendo - come sottolineano i curatori - ''una mostra quasi di nulla'', le opere dialogano con la collezione in un contrappunto di rimandi spazio-temporali. 

Si inizia nel cortile esterno al piano terra nella “scatola nera” ovvero la sala cinematografica della Fondazione, dove un fascio di luce si protende verso l’esterno, mentre un altro è proiettato sul muro di fondo della sala. In ''Efecto Pantalla'' (1968) due proiettori di diapositive (vuoti) emanano luce dal proprio meccanismo di proiezione in due direzioni opposte: se il primo raggio forma un “quadro” di pura luce su un muro, il secondo proietta nel nulla.

Fotografie e due film ''Gente di Milano'' (1970) e ''Time as Activity'' (Milan) (2013-14), spostano l'azione dell'artista nel contesto urbano. Poi si entra anche nella vita quotidiana di Lamelas, i suoi viaggi, gli incontri.  Una sorta di “cattura” del tempo: Milano, Napoli, New York, Los Angeles, Anversa e Bruxelles, Berlino e Düsseldorf, Londra e Parigi. Oggi Lamelas vive e lavora tra Buenos Aires, Los Angeles e Parigi.

Lascia senza fiato l'opera centrale che Lamelas allestisce al secondo piano della Fondazione: venti lastre di marmo disposte a formare un cerchio sul pavimento. Segnalamento (2014) si limita a segnalare l’oggetto al suo centro: ''Impronta'' (1964) di Luciano Fabro, una lastra di vetro circolare poggiata a terra che reca, serigrafata sul vetro, un’impronta del corpo dell’artista. Anche in questo caso l'artista si proietta con tutto se stesso nell'arte e nel mondo. Alle pareti quattro opere di Arte Povera di  Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Giulio Paolini ed Emilio Prinii.

Racconta l'artista che gli premeva raccontare il tempo e far sì che diventasse concretamente rappresentabile, una sorta di strumento di “segnalazione” dello spazio.

I concetti di spazio e di tempo, che hanno caratterizzato tutta la sua ricerca, sono la cornice di ciò che l'artista ha chiamato "un insieme di accadimenti contestuali e relativi'' tra lui (l'artefice dell'opera) ed il pubblico, spesso formato da altri artisti o dai partecipanti alle sue azioni performative che diventano co-autori.

Spiegano i curatori che quando – fra gli anni Sessanta e Settanta – gli artisti iniziarono a contestare la fruizione classica dell'opera (dentro una istituzione), Lamelas individuò proprio nello spazio e nel tempo espositivi l’occasione per non limitarsi a mostrare delle opere ma per potenziare, attraverso di esse, la percezione e la consapevolezza di chi le osserva o le ascolta, anticipando in questo senso di decenni le cosiddette estetiche relazionali emerse a partire dagli anni Novanta.

Ed è perciò de-costruendo consuetudini e aspettative tipiche del sistema dell’arte, che la sua arte diventa esperimento, spesso radicale. Le coordinate estetiche, cronologiche e geografiche in cui l’artista si trova a operare diventano l'opera.

Nelle sale abitualmente riservate alla collezione della Fondazione, il visitatore trova una selezione di opere dice l'anima artistica di Lamelas che volge all'essenza. "Corner Piece" (1965-2023) vede Lamelas riprogettare un angolo della sala, annullandone la funzione strutturale.

Di grande interesse ed attualità "Office of Information about the Vietnam War at Three Levels: The Visual Image, Text and Audio'' che fu presentata alla Biennale di Venezia del 1968. Smantellata dopo la mostra, l’opera è stata successivamente ricostruita sulla base della sua documentazione fotografica e nel 2012 è entrata a far parte della collezione del MoMA-Museum of Modern Art di New York e consiste in un ufficio con mobili dell'epoca della Olivetti  che erano racchiusi dietro una parete in plexiglass.
Una donna ben vestita sedeva in ufficio e leggeva ad alta voce le trasmissioni in diretta sulla guerra ricevute via Telex dall’ANSA. Quando era assente, i visitatori potevano alzare le cornette telefoniche fuori dall’ufficio per ascoltare le registrazioni dei rapporti in diverse lingue. E' la rappresentazione della fragile natura della comunicazione, mediata quando non manipolata. Tema di grande attualità, oggi.

''L’edizione della Biennale di Venezia del 1968 fu contrassegnata dalle contestazioni studentesche, ma coincise anche con l’apice della guerra in Vietnam" spiegano Viliani e Brioschi. L’immediatezza con cui le informazioni vengono fatte circolare, registrate e trasmesse anche mentre gli eventi si stanno svolgendo, ha il potenziale di diminuirne l’impatto. La recitazione di servizi giornalistici in tempo reale, sulle atrocità della guerra, in un ambiente sterile e burocratico, interpella. L’opera non è presentata in mostra nella sua versione completa e ufficiale (che comprenderebbe oltre gli aredi d'ufficio la parete di Plexiglas che escludeva il pubblico). Ma grazie ad alcune fotografie di Ugo Mulas, si evoca l’opera originale.

 

Formatosi come scultore, Lamelas però non è solo il performer che nel 1978 parlò già alla Biennale di Venezia di guerra e manipolazione delle coscienze (come accade oggi con il conflitto ucraino), e nemmeno  soltanto l'artista che ha liberato l'opera dalla materia è anche il pittore, e questa mostra svela una serie di privatissima e frizzante di tele inedite.

All'ultimo piano l’architettura della sala Vault  accoglie  Conexión entre un semicírculo y un punto (1987) e Situación de un círculo (2018).

Il tutto trova straordinaria e naturale collocazione nella elegatissima architettura della Fondazione, qualcosa che stupisce ed emoziona. La sede, scavata nella collina, accoglie con un enorme lettering nelle vetrate della biblioteca pensato dall'americano Robert Barry.

A chiusura della mostra anche una nuova versione dell’azione performativa Time (1970-2024) e  una conversazione pubblica fra l’artista, i curatori e il pubblico, intitolata ''Arrivederci, David: continuiamo a pensarci su''. Ora si lavora alla prossima personale: in programma c'è Andrea Fraser.

Corona Perer
(25 febbraio 2024)

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Arte nella Bellezza della Pura Architettura
Fondazione Antonio Dalle Nogare

L’edificio vede arte e architettura, paesaggio e materiali un corpo unico. Il progetto è dell’architetto Walter Angonese che, affiancato dal collega Andrea Marastoni, ha concretizza l’idea del committente: dar vita ad un edificio in cui la dimensione museale e quella domestica possano convivere. Una villa museo dove ci si sente a casa ma si è dentro un luogo che trasuda cultura.

Grandi e luminosi open space, dove la Natura entra nell'arte e l'Arte nella Natura, e dove  opere d’arte di qualsiasi forma e dimensione trovano il giusto spazio per respirare.

Oltre alle sale espositive, ci sono uffici, biblioteca e stanze ad uso privato. I materiali scelti dal proprietario e dai progettisti sono tutti del territorio: il porfido estratto dalla montagna è stato macinato e lavorato per ritornare, modificato, sotto forma di calcestruzzo. Tombak, legno di rovere grezzo e ampie vetrate completano l’edificio assegnandogli un carattere contemporaneo che però non è asfittico. Questa sede emoziona, accoglie, eprime calore. E' essa stessa opera d'arte.

E nella veranda giardino c'è lo stare insieme. Per questo spazio l'artista Dan Graham, ha disegnato un grande padiglione che trova collocazione nel giardino della Fondazione.

Corona Perer
(7 maggio 2023)

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info:

Fondazione Antonio Dalle Nogare
Rafensteiner Weg 19, Bolzano
T. + 39 0471 971626
www.fondazioneantoniodallenogare.com

 


Autore: Corona Perer

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