Arte, Cultura & Spettacoli

Luciano Ventrone, la grande illusione

Federico Zeri lo definì ''il Caravaggio del XX secolo''

Il 13 aprile 2021 ci lasciava Luciano Ventrone, l’artista romano divenuto famoso soprattutto per le iperrealistiche nature morte.

È morto in circostanze tragiche, all'età di 79 anniro. L'artista, definito il Caravaggio del XX secolo dallo storico d'arte Federico Zeri, era malato da tempo di problemi polmonari e da oltre 1 anno in cura con ossigenoterapia domiciliare. Secondo una prima ricostruzione si sarebbe acceso una sigaretta, facendo esplodere la bombola dell'ossigeno a cui era attaccato per respirare. Inutile il tentativo dell'infermiera che lo accudiva di soccorrerlo.

Definito da Federico Zeri "il Caravaggio del ventesimo secolo", Luciano Ventrone (Roma, 1942) è divenuto famoso per il suo virtuosismo e per le stupefacenti riproduzioni iperrealistiche. La sua pittura raffigura una realtà che appare più vera del vero.

 

Ventrone e Caravaggio fecero uso diverso della luce: la luce immanente in cui Ventrone immerge i suoi frutti e fiori fa da contraltare all'uso drammatico, teatrale, emotivo dell'illuminazione da parte del Merisi.

La magia è però affine e per entrambi diventa fonte di stupore. Dagli esordi come pittore figurativo classico arriva alle sperimentazioni geometriche, passando per l’informale e l’arte programmata, fino a quando Ventrone trova la sua cifra e matura la sua ricerca estetica anche grazie all’interessamento di Federico Zeri che lo induce ad affrontare il tema delle nature morte.

Da allora l’artista romano – il “Caravaggio del ventesimo secolo” secondo Zeri, “un metafisico costretto a misurarsi con la caducità della natura” per usare le parole dello stesso Ventrone – riuscì a stupire con il suo virtuosismo assolutamente straordinario  e con la perfezione anatomica dei suoi frutti e dei suoi fiori.

Una pittura fatta di luce immanente e di iperbole nella resa dei particolari che sfuggono all’occhio nudo - grazie anche alla mediazione della fotografia che Ventrone usava nel suo processo creativo - ad accentuarne la dimensione “ultra reale”, al punto da divenire rappresentazioni iperrealistiche ed illusionistiche non dei medesimi soggetti, ma di una neoplatonica forma-idea, portandoci costantemente a riflettere  sull’eterno dualismo tra realtà e apparenza, tra assenza e presenza e sul senso ultimo della creazione artistica.

Qui sotto vediamo come rapresentò Federico Zeri suo grande estimatore:

“L’artista sembra cercare un assoluto, una essenza, una entelechia che, nell’opera, cresce la realtà, non si limita a riprodurla. È di più. Ventrone è il pittore dell’iperbole". (Vittorio Sgarbi).

Ventrone fu un artista alle prese con una personale, intensa e necessaria battaglia. «Una battaglia sul piano del saper fare, del meravigliare e dello stupire. Ricordiamo che la fotografia ha liberato la pittura dalla necessità dell’esattezza, ma la pittura ha anche cercato di battere la fotografia sul piano dell’esattezza, e lo ha fatto con l'iperrealismo. La pittura rende vivo tutto ciò che rappresenta, mentre la fotografia ha un certo rapporto con la morte. I quadri hanno questa potenza incredibile, rendere vivo tutto ciò che è remoto e pareva abbandonato. È su questo terreno che Luciano ha combattuto la sua battaglia, e l’ha vinta. Nel senso che ci ha dato la prova che la pittura possa rendere viva ed eterna la natura morta. Le nature di Luciano sono per sempre vive, come risultato del riverbero dei colori, dei timbri, della capacità di emanare a luce dal di dentro, un piccolo miracolo che solo pochi pittori sanno compiere. È il lascito antico di Luciano, che diventa modernissimo.

«Qual è la modernità di Luciano? Questo non avere aloni. Nella natura morta di Morandi c’è un alone, un riverbero di tipo teatrale per cui un piccolo barattolo diventa protagonista di una storia. Nell’immagine di Ventrone c’è l’assolutezza dell’immagine, la potenza dell’immagine, che non concede aloni e non concede riverberi, assorbe e zittisce le possibilità del linguaggio». (Marco Di Capua)

 

''Un metafisico costretto a misurarsi con la caducità della natura” : sono le parole dello stesso Ventrone che riuscì a stupire con il suo virtuosismo assolutamente straordinario e con la perfezione anatomica dei suoi frutti e dei suoi fiori. Una pittura fatta di luce immanente e di iperbole nella resa dei particolari che sfuggono all’occhio nudo -grazie anche alla mediazione della fotografia che Ventrone usava nel suo processo creativo- ad accentuarne la dimensione “ultra reale”, al punto da divenire rappresentazioni iperrealistiche ed illusionistiche non dei medesimi soggetti, ma di una neoplatonica forma-idea, portandoci costantemente a riflettere sull’eterno dualismo tra realtà e apparenza, tra assenza e presenza e sul senso ultimo della creazione artistica.

Nella foto l'allestimento della mostra omaggio allestita nell'aprile 2022 al Mag di Riva del Garda ad un anno dalle morte:

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