Arte, Cultura & Spettacoli

Caravaggio, vita spericolata

Il saggio di Massimo Centini per Diarkos Editore

Corona Perer - Il 29 settembre 1571 nasce a Milano Michelangelo Merisi detto il Caravaggio: morirà presto, nel 1610, alle soglie dei 40 anni non ancora compiuti, dopo una vita burrascosa finita tragicamente, ma sufficiente a lasciare un profondo rinnovamento della tecnica pittorica: luce e ombra erano la sua specialità. Ed è proprio la sua personalità, fatta anch'essa di luci ed ombre ad aprirci alla lettura dei suoi capolavori. L'artista dannato, maledetto, criminale, dalla vita avventurosa era continuamente sospeso tra l’estenuante ricerca del bello e la violenza, tra l’insaziabile sete di vita e le istanze di morte.

«Può succedere di immedesimarsi in Caravaggio, nelle sue angosce e nei suoi smarrimenti; ciò consente di sentirci più vicini a quel grande artista che, pur precipitando nel dedalo della violenza e della disperazione, non ha mai smesso di ricercare la bellezza assoluta» scrive Massimo Centini (1955) autore di "Caravaggio, Luci e ombre di un artista maledetto'' (Ed. DiarKos).
 

Centini che è stato docente di Antropologia culturale e ha insegnato ''Storia della criminologia'' ai corsi organizzati dal Mua (Movimento universitario altoatesino) di Bolzano, analizza questo artista di straordinario talento dal punto di vista biografico. Il libro indaga le vicissitudini che hanno contribuito a rendere celebre il pittore italiano, e cerca di discernere quanto ci sia di mitico e quanto invece appartenga alla vissuta vissuta.

Caravaggio, al secolo Michelangelo Merisi, fu irrequieto pittore della prima modernità europea, nella sua esistenza si riflettono i travagli e le lacerazioni du un'epoca cruciale. Ha lasciato tracce incancellabili nella storia e nell’immaginario dell’arte mondiale.

Le tracce e i frammenti della sua vita – dalle pitture immortali alla fedina penale, dai rigori della Controriforma alla poetica caravaggesca, dalla sofferenza psichica all’alchimia – vanno a comporre la visione globale di un uomo le cui manchevolezze non hanno minimamente offuscato la poesia che domina nelle sue opere.

Massimo Centini (1955), che attualmente insegna alla Fondazione Università Popolare di Torino, ha pubblicato numerosi saggi: dalla Storia dell’Inquisizione alla Storia della criminologia e dei metodi investigativi nel 2022. Gli abbiamo chiesto di chiarirci cosa emerge di patologico in questa vicenda esistenziale. Il  libro infatti non è un manuale di storia dell'arte. E' proprio un viaggio alla scoperta di una personalità complessa che ha portato nell'arte una grande novità.

Professore, lei è esperto di criminologia: dove si inquadrerebbe oggi (per la moderna psichiatria/criminologia) un individuo come il Merisi?
Forse potrebbe rientrare tra i cosiddetti sociopatici, anche se francamente è difficile essere precisi davanti a casi storicizzati di cui abbiamo fonti quasi sempre redatte “contro”.

Quale dettaglio inedito emerge dal suo lavoro di ricerca che non era ancora noto ai biografi?
Credo sia difficile dire qualcosa di nuovo e soprattutto, vista l’autorevolezza di molti studiosi, non credo di aver portato alla luce aspetti non ancora noti, agli esperti. Per il grande pubblico e gli appassionati non specialisti, il discorso cambia: il libro fa un po’ di ordine, mette in fila i fatti cercando di separare il vero dal falso e soprattutto si sofferma su Caravaggio uomo.

Caravaggio è il maestro indiscusso dell'ombra: è evidente oggi come avrebbe dovuto esserlo già al suo tempo. Perché allora la storia dell'arte deve attendere il '900 per accorgersene?
La storia a volte è schizofrenica e la ricerca è fatica, irta di false piste e vicoli ciechi. Ci vuole tanta passione, tempo, competenza e coraggio per portare fuori dall’oblio personaggi e fatti lì precipitati per motivi non sempre ricostruibili con precisione.

Il carattere del Merisi potrebbe aver influenzato?
Non credo sia colpa di Caravaggio. Forse dei ricercatori?

Eppure la tecnica che questo artista introduce rappresenta una vera e propria rivoluzione che non avrebbe dovuto sfuggire agli storici dell'arte. Caravaggio usa infatti un nuova metodologia: la preparazione della tela è scura, sempre in doppio strato, composta da terre di diverso tipo, pigmenti e olio. Parte dal nero e aggiunge soltanto i chiari e i mezzi toni, dipingendo solo le parti in luce. Di fatto non dipinge le figure nella loro interezza, ma solo una parte: non c'è pittura, c'è genio.

La rivoluzione estetica di cui Caravaggio fu  protagonista assoluto ad inizio '600 si nota nel Narciso  colto nel turbamento di sé. Con la mano sinistra accarezza l'acqua dove contempla la propria immagine. Turbamento, carne, scherzo, passione emergono dalle opere che ben sintetizzano la rivoluzione introdotta nella estetica del tempo. Il “fanciullo morso da un ramarro” concentra l'azione su un altro sussulto che provoca lo scivolamento della veste, per il piacere del pittore che non disdegnava ...di accompagnarsi ai giovanetti.

Oggi l'arte di Caravaggio è celebrata ovunque nel mondo. A Vienna il  Kunsthistorisches Museum gli ha dedicato una straordinaria mostra  a cura di Gudrun Swoboda. Il  Kunsthistorisches Museum di Vienna conserva di Caravaggio l'imponente ''Madonna del Rosario'' dove non si capisce bene chi vede davvero la Madonna, se chi la indica (San Domenico) o chi la venera (il popolo), ed il ''Cristo incoronato di spine'' dove chi assiste, chi infligge e chi è inflitto costituiscono un fermo immagine di grande emotività lirica.
 

Era incorreggibile il Caravaggio nella tentazione di andare sempre controcorrente, come quando dipinge un anomalo Giovanni Battista, piccolo e nudo. Nell'estasi di San Francesco è un tenero angelo a sorreggere e confortare il santo ferito e sofferente.  E che dire delle estasi erotiche di Santa Teresa e del guizzo di ritrarre il futuro papa Urbano VIII? Lo immortala distratto dalla lettura di alcune rime amorose: con le dita tiene il segno sulla pagina. A cosa stava pensando? A qualche cortigiana?

E' questa attenzione psicologica che fa di Caravaggio il vero innovatore.

(corona perer)

La mostra viennese del 2019 (foto www.giornalesentire.it)

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