Arte, Cultura & Spettacoli

Antonello da Messina, l'artista-inumano che cambiò l'arte del ritratto

Da semplice raffigurazione il ritratto divenne espressione dell'animo umano

Con Antonello da Messina cambia il ritratto tra Quattrocento e Cinquecento: da semplice raffigurazione quale era fino a quel momento, a espressione introspettiva dell'animo umano. Antonello è il pittore che, a metà del Quattrocento, si fa interprete, al massimo grado, di un fermento creativo mediterraneo ed europeo incentrato sull’incontro-scontro tra la civiltà fiamminga e quella italiana.

Da Napoli alla Spagna, dalla Provenza alle Fiandre, da Urbino a Venezia: Antonello da Messina fu un protagonista dell'arte del suo tempo di respiro internazionale, da collocare in una prospettiva storico-artistica senza limiti geografici.

La sua arte fu intelligenza poetica di un artista “inumano”, come lo definì il figlio Jacobello, che ha saputo cogliere le sfumature psicologiche e le caratteristiche più intime dell’esistere.

La vicenda biografica di Antonello da Messina è stata oggetto, nel corso dei secoli, di ricostruzioni biografiche contraddittorie e talora piuttosto fantasiose.

Nato plausibilmente attorno al 1431, frequenta il vivace clima culturale della corte aragonese di Napoli, allora una delle culle della civiltà del Mediterraneo e città ove operava il pittore Colantonio, nella cui bottega apprende i primi rudimenti dell’arte,tra opere catalane e provenzali e capolavori nordici come il Trittico Lomellini di Jan Van Eyck.

L’esordio di Antonello è nell’enigmatico Ritratto d’uomo di Cefalù, ma è il soggiorno veneziano, datato 1475-1476, a segnare un definitivo punto di non-ritorno per la carriera artistica del siciliano e per la storia dell’arte italiana del Quattrocento.

E’ l’incontro tra l’arte di Antonello e l’ambiente figurativo veneziano, rappresentato in primis da Giovanni Bellini, a creare le premesse di capolavori assoluti con ritratti quali il cosiddetto Condottiero del Louvre o i ritratti virili conservati alla National Gallery di Londra e alla Galleria Borghese di Roma, ove le caratteristiche tipicamente fiamminghe della posa di tre quarti, il diaframma del parapetto a segnare la separazione tra effigiato e spettatore, il trompe-l’oeil del cartellino, il fondo scuro, si coniugano a una resa del dato psicologico inedita e rivoluzionaria per acutezza di penetrazione.

Commissioni di prestigio e un’incalzante serie di stupefacenti capolavori, vede lo sviluppo del tema dell’Ecce Homo, opere di fortissima intensità emotiva e l’Annunciata di Palermo ove una fanciulla, chiusa nel proprio manto, ieratica e consapevole del suo ruolo nella storia dell’umanità racchiude uno sguardo eterno.

Le sue ultime opere furono il San Sebastiano di Dresda, commissionato in occasione di un’epidemia di peste, prova suprema di maestria prospettica nella resa del paesaggio urbano di Venezia, e la Pietà del Prado, realizzata a Messina: se ne scorgono edifici realmente esistenti sullo sfondo.

Il 14 febbraio del 1479 Antonello da Messina faceva testamento, due mesi prima di morire. Finiva una carriera artistica di straordinaria rilevanza, entro cui si condensarono con  coerenza e intensità diverse matrici culturali che si intrecciavano nel Mediterraneo nel XV secolo.

 

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