Arte, Cultura & Spettacoli

Klimt e l'arte italiana

Lo stile di Klimt influenzò un’intera generazione di artisti italiani

La “Giuditta II”, dipinta da Gustav Klimt nel 1909, opera nei depositi della Fondazione Musei Civici di Venezia e custodita a Ca' Pesaro, è tornata a casa dopo essere stata in trasferta da marzo ad agosto 2023 per la mostra ''Klimt e l'arte italiana'' inaugurata al Mart (lo scorso 15 marzo).

Nata da un'idea di Vittorio Sgarbi la mostra ha visto riunite due opere di Klimt: "Giuditta II" e "Le tre età". Sono considerati i due capolavori “italiani” di Klimt entrati a far parte delle collezioni pubbliche italiane in occasione della Biennale di Venezia del 1910 e dell’Esposizione internazionale del 1911 a Roma. Le due opere testimoniano il passaggio e l’eredità spirituale del maestro viennese in Italia.

Klimt fu il protagonista della Secessione di Vienna che nel 1897 rappresentò, sin dal suo esordio, l’evoluzione e il superamento di tutte le formule allora esistenti, incluso il simbolismo. Le Amiche di Klimt e la Signora con il cappello su sfondo rosso, furono una sorta di manifesto.

Lo stile di Klimt influenzò un’intera generazione di artisti italiani che, tra gli anni Dieci e Venti del secolo scorso, finirono per rinnovare profondamente il proprio linguaggio.

Le atmosfere austriache e germaniche ispirano inevitabilmente l'arte italiana, ad esempio Felice Casorati, Adolfo Wildt, Vittorio Zecchin, Luigi Bonazza. Seppur con lo sguardo volto al linguaggio nordico, alle Secessioni di Vienna e di Monaco, gli italiani rielaborano l’influsso klimtiano in modo autonomo e originale: come l’opera dello scultore Adolfo Wildt, definito dai critici “il Klimt della scultura”.

Come ha dato conto la mostra, attraverso 200 opere, molti pittori attivi a Venezia, come Vittorio Zecchin il cosiddetto “Klimt italiano”; o i giovani “dissidenti” di Ca’ Pesaro, senza dimenticare quelli coinvolti nelle grandi imprese decorative della Biennale, è il caso per esempio di Galileo Chini. Furono particolarmente vicini al clima delle Secessioni, anche il triestino Vito Timmel e i trentini Luigi Ratini e Benvenuto Disertori.

Sostenuto dallo scrittore Ludwig Hevesi e dal pittore Gustav Klimt vide  aderire al movimento Franz von Stuck, Ludwig von Hofmann, Carl Strahatman, Thomas Theodor Heine e in Italia il grandissimo Casorati.

A Monaco, Vienna, Praga e Roma si svilupparono le Secessioni con differenze e affinità nei diversi linguaggi espressivi: esiti modernisti nella secessione monacense, trionfo del decorativismo nella secessione viennese, il visionario espressionismo del gruppo Sursum praghese fino al crocevia romano e alla sua continua ricerca di una via altra e diversa.

A differenza delle secessioni europee, che mostravano tutte una predisposizione all’estetica simbolista, la Secessione di Roma (1913-1916) aveva una formula diversa, quella dell’esposizione libera e “giovane”.  La Prima Esposizione Internazionale della Secessione fu l’occasione per vedere in mostra per la prima volta opere di Matisse e dei post-impressionisti, mentre l’anno successivo, alla II Esposizione, accanto a Cézanne e Matisse, furono presenti Klimt e Schiele gli italiani Enrico Lionne e Felice Casorati.

 

www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*

Commenti (0)

Articoli correlati