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Albert Einstein, il pacifista

Il padre della bmba atomica firmò con Bertrand Russell un manifesto

Lo scopo della vita di un essere umano? “Il vero valore di un essere umano è determinato principalmente dalla misura e dal senso in cui egli ha raggiunto la liberazione dal sé”.
Questo era, per Albert Einstein, il vero significato ultimo dell'esistere. Era l’insegnamento di Gandhi ad averlo colpito: trascendere il sé individuale significava sperimentare il sé universale, ovvero la pura coscienza.

«Credo che le idee di Gandhi siano state, tra quelle di tutti gli uomini politici del nostro tempo, le più illuminate – ebbe a dire - Noi dovremmo sforzarci di agire secondo il suo insegnamento, rifiutando la violenza e lo scontro per promuovere la nostra causa, e non partecipando a ciò che la nostra coscienza ritiene ingiusto».

Di Gandhi era profondamente ammirato. «Le future generazioni difficilmente potranno credere che qualcuno come lui sia stato sulla terra in carne e ossa» disse descrivendo il Mahatma Gandhi. «E' il più grande genio politico del nostro tempo, ci ha indicato la strada da percorrere. Egli ci ha mostrato di quali sacrifici l'uomo sia capace una volta che abbia scoperto il cammino giusto».

Dunque un seguace della non violenza, l'uomo che portò all'atomica? Proprio così. «Dovremmo sforzarci di fare le cose allo stesso modo: non utilizzando la violenza per combattere per la nostra causa, ma non-partecipando a qualcosa che crediamo sia sbagliato» affermò.  Einstein era intransigente tanto come scienziato, così come persona; nel 1913 rifiutò di firmare un manifesto a favore della guerra che gli veniva proposto da un buon numero di scienziati tedeschi.

Le opinioni di Einstein su altri argomenti, come il socialismo, il maccartismo e il razzismo, furono male interpretate e la sua figura risultò molto controversa negli Stati Uniti di quegli anni, nonché guardato con sospetto in quanto co-fondatore del liberale Partito Democratico Tedesco.

L'FBI raccolse un fascicolo di 1427 pagine sulla sua attività e raccomandò che gli fosse impedito di emigrare negli Stati Uniti in quanto credeva, consigliava, difendeva o insegnava una dottrina che, in senso legale, era stata ritenuta dai tribunali, in altri casi, «capace di permettere all'anarchia di progredire indisturbata» e che portava a «un governo solo di nome».

Il suo peccato era scritto chiaro nel faldone dove compariva una definizione per quegli anni gravissima «membro, sostenitore o affiliato a 34 movimenti comunisti ».

Nel 1929 aveva scritto: «Rendo omaggio a Lenin come a colui che ha dedicato tutte le sue forze alla realizzazione della giustizia sociale, sacrificando a questo fine la propria individualità. Non credo però che il suo metodo sia giusto»

Einstein si era opposto ai governi dittatoriali e per questo motivo (nonché per le sue origini ebraiche) abbandonò la Germania subito dopo la presa del potere da parte del partito nazista.  Il 30 gennaio 1933 lo scienziato era in viaggio di ritorno in Germania dopo un soggiorno negli Stati Uniti; appresa la notizia dell'ascesa di Adolf Hitler mentre si trovava in Belgio, dopo qualche esitazione decise di interrompere il viaggio e ritornare oltre Atlantico su invito del Princeton Institute for Advanced Studies.

In principio fu favorevole alla costruzione della bomba atomica al fine di prevenirne la costruzione da parte di Hitler e per questo firmò una lettera al presidente Roosevelt incoraggiandolo a iniziare un programma di ricerca per creare delle armi atomiche. Roosevelt rispose creando un comitato Progetto Manhattan per studiare la possibilità di usare l'uranio come arma nucleare. Non fu ascoltato quando nel 1945 si oppose al lancio della stessa bomba sul Giappone.

Dopo la guerra, Einstein fece pressioni per il disarmo nucleare e per l'istituzione di un governo mondiale. Affermò: «Non so con quali armi verrà combattuta la Terza guerra mondiale ma la Quarta verrà combattuta con clave e pietre».

Si oppose al nazionalismo ed espresse scetticismo rispetto alla soluzione di uno stato-nazione ebraico, preferendo la soluzione "binazionale" ("binational solution"), ovvero la creazione di un unico Stato, ma con il riconoscimento di cittadinanza e pari diritti per tutti gli abitanti, a prescindere da etnia o religione. Insieme ad altri intellettuali ebrei (tra cui Hannah Arendt) il 4 dicembre 1948 scrisse una lettera al New York Times in cui veniva fortemente criticata la visita di Begin negli Stati Uniti definendo i metodi e l'ideologia del suo partito simili a quelli dei partiti nazisti.

Einstein, insieme ad Albert Schweitzer e a Bertrand Russell, combatté contro i test e le sperimentazioni militari della bomba atomica. Insieme a Russell firmò il Manifesto Russell-Einstein. Nell'articolo del 1949 "Perché il socialismo?", Albert Einstein descrisse il disordine economico della società capitalistica moderna come fonte di un male da superare. Egli era contrario ai regimi totalitari dell'Unione Sovietica e di altri paesi, ma era favorevole a un socialismo democratico che combinasse un'economia pianificata con un profondo rispetto per i diritti umani.

Per Einstein il vero scopo del socialismo era precisamente di superare e andare al di là della "fase predatoria dello sviluppo umano" per anticipare un modello di società nuovo che conciliasse il benessere del singolo individuo con quello della comunità intera.

Stracciò il passaporto tedesco per protesta contro il nazismo ed emigrò in America. Quando sbarcò a New York, i giornalisti gli chiesero con tono preoccupato: “Ora che non ha più un passaporto, Sig. Einstein, di che nazionalità si ritiene?” Lui li guardò un po' stupito, con i capelli spettinati nel vento, e rispose con un filo di voce: “Umano”.

In tarda età (1952) gli fu offerto il posto di secondo capo di stato del nuovo stato di Israele ma declinò l'invito con la giustificazione di non avere le capacità necessarie.
(c.perer)

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