le foto di questa pagina sono di Giorgio Ceriani
le foto di questa pagina sono di Giorgio Ceriani
Attualità, Persone & Idee

Giorgio Ceriani: ''...Quel triciclo a Hiroshima''

Cosa rimane e cosa insegna una visita nel luogo della più iconica tra le tragedie di guerra

19 agosto 2021 - Giorgio Ceriani, libero professionista di Rovereto, appassionato fotografo ha realizzato diversi anni fa ad Hiroshima un reportage fotografico. Tra le foto c'è un dettaglio di immensa temerezza: un triciclo che rimanda al ricordo del   piccolo bambino che lo stava utilizzando felice.

Oggi si realizzano mausolei, percorsi turistici su sentieri di guerra, viaggi e treni della memoria per ricordare le tragedie del Novecento. Proprio oggi la Polonia vuole interrompere i viaggi da Israele verso i campi di sterminio di Aushwitz. E' quindi l'occasione per riflettere su cosa rimane e cosa insegna ad un individuo una visita nel luogo della più iconica tra le tragedie di guerra. Ovvero quali sono quei dettagli che ci arrivano al cuore e si installano a perenne memoria di un fatto? In questo caso un oggetto che rimanda alla morte di un innocente.

Abbiamo quindi chiesto a Ceriani di ricordarci le sue personali emozioni arrivando nei luoghi del terribile scoppio nucleare che  a metà '900 scosse il mondo.

Ceriani, cosa provò arrivando a Hiroshima?

Non era la mia prima volta in Giappone ma, nel 2008, ebbi l’opportunità di visitare Hiroshima. Naturalmente, una delle ragioni del viaggio era quella di poter visitare il Memoriale della Pace con le conseguenze del bombardamento atomico.

Quae fu il primo incontro?

Fu con la “Genbaku Domu” : i resti dell’unico edificio pubblico, a destinazione commerciale, rimasto in piedi il 6 agosto 1945, dopo l’esplosione atomica, contornato da un grande giardino, non dissimile ai nostri giardini pubblici. Sebbene interessante, non mi provocò sensazioni particolari: macerie da normale bombardamento aereo. Ma... una volta entrato nel Mausoleo vero e proprio, dove si vedono le immagini relative al disastro ed i resti degli oggetti comuni,  c’è voluta tutta la mia determinazione per riuscire a scattare fotografie.

Come definirebbe quindi quel reportage?

Un’ esperienza terribile, impressionante, che ti cala improvvisamente in una realtà inimmaginabile. Solo la voglia di poter raccontare quanto stavo vedendo, mi ha consentito di proseguire .. Immagini di una distruzione totale, assoluta (di persone scomparse è rimasta solo l’ombra sugli scalini su cui erano sedute): un assoluto deserto di morte, su entrambi i lati del fiume che scorreva e scorre al centro della città.

Quale è lo scatto che le sembra più significativo?

Lo scatto che più mi rimane impresso, ancor oggi, è relativo a quello che resta di un triciclo, ricordo del   piccolo bambino che lo stava utilizzando.  Oltre agli elenchi dei morti ed alle immagini della distruzione totale della città, vi sono quelle, ancora più terribili, delle conseguenze dell’esplosione sulle persone: dai soccorsi, ai ricoveri, alle prime cure, alle malattie e ai decessi conseguenti l’inquinamento atomico.

Fu quindi un'esperienza importante...

Senza aver visitato il Memoriale mai avrei avuto coscienza di quanto è successo. Sono documenti mai visti prima. Dopo l’orrore provato, rimane una terribile sensazione sulla assoluta crudeltà ed ingiustizia di una azione di guerra che ha coinvolto cittadini inermi. Non solo per le distruzioni immediate ma ancor più per le terribili conseguenze prolungate nel tempo delle radiazioni atomiche.

Di Hiroshima l'iconografia classica è avara di immagini: la bimba nuda che fugge...il fungo atomico. Come se lo spiega?

Nel 2011 ebbi occasione di  leggere “ Le icone di Hiroshima” di Annarita Curcio una giornalista di Roma che poi venne a Rovereto per una conferenza dove fu anche proiettato un video realizzato con le mie foto. Nel libro lei evidenzia la censura mantenuta sia da Stati Uniti che Giappone sulla reale gravità dell’evento. Aveva ragione: da parte degli Stati uniti, una delle poche immagini consentite e divulgate fu quella del fungo atomico, mai nulla delle conseguenze a terra. In America si fece di tutto per evitare che la popolazione, fiera per la vittoria, potesse conoscere le conseguenze che le radiazioni avevano avuto sulla popolazione.

Dal Giappone uscirono poche immagini...

Sì, la bambina colpita dalle radiazioni, che potè sopravvivere solo pochi anni. Il Giappone mal sopportò l’onta di essere costretto alla resa immediata e l’Imperatore  attribuì il fatto ad una specie di punizione divina per quanto i Giapponesi avevano causato durante le guerre in giro per il mondo.

 


Autore: Corona Perer

www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*

Commenti (0)