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No alla Guerra, senza se e senza ma

Ferdinando Camon - La guerra deve diventare un tabù, come l'incesto

di Ferdinando Camon - La guerra deve diventare un tabù come l’incesto. Il tabù dell’incesto, dice Darwin, fu introdotto con la civiltà dell’agricoltura e dei villaggi.

L’umanità s’era accorta che, finché si tollerava l’incesto, non nasceva la famiglia e non nasceva il villaggio. Perciò fu proibito come snaturato. Adesso l’umanità si accorge che, finché c’è la guerra, la vita e il lavoro dei popoli sono insicuri.

La guerra dev’essere sentita come un crimine contro l’umanità.
Chi fa una guerra dev’essere bandito dal consorzio umano.
Chi comincia una guerra ha sempre torto.

 

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30 ANNI DA DESERT STORM
 

A oltre 30 anni dalla sanguinosa e cruenta "Guerra del Golfo", la guerra continua a minare il mondo sotto false scuse. Quella volta fu la falsa provetta del generale Powell mostrata alle Nazioni Unite.  E così alle 2:38 di mattina della notte tra il 16 e il 17 gennaio del 1991, appena 18 ore e 38 minuti dopo la scadenza dell'ultimatum sancito dalle Nazioni Unite, iniziava l'operazione “Desert Storm”, la più imponente azione militare alleata dopo il 1945.

In America governava George Bush, in U.K Tony Blair. In quello che sarebbe stato il primo conflitto della storia trasmesso in diretta televisiva sarebbero state sganciate 90.000 tonnellate di bombe, segnando un nuovo punto di non ritorno rispetto a cosa era ritenuto accettabile dall’opinione pubblica globale.

Quante furono le vittime di quei 40 giorni in cui caddero più bombe sull’Iraq che in tutta la Seconda Guerra Mondiale? Le stime parlano di circa 200mila persone, ma le conseguenze di lungo periodo ne avrebbero colpite molte di più. Tra le più gravi, le malattie causate tra i bambini a causa dell’utilizzo di armi chimiche, che avrebbero fatto sentire i propri effetti per anni.

Da quella tragedia, fiorirono in Italia anche esperienze psitive come l’associazione pacifista italiana Un Ponte Per (UPP), divenuta poi anche Ong, grazie all’iniziativa volontaria di donne e uomini che scelsero di non cedere al silenzio complice di fronte allo scempio che si stava commettendo, anche a causa del contributo militare italiano.

Avviata come campagna di solidarietà verso la popolazione irachena colpita, anche con iniziative di disobbedienza civile – come l’importazione illegale di datteri iracheni in violazione dell’embargo dichiarato sull’Iraq – UPP si sarebbe in seguito strutturata come Organizzazione non governativa, continuando ad operare e restare a fianco del popolo iracheno per i successivi 30 anni. Oggi UPP continua a lavorare nella solidarietà, nella cooperazione, nello sviluppo e nella costruzione della pace in un paese che ancora porta sulla pelle le cicatrici di quella guerra.

E in Italia ci fu un musicista intellettuale a porre la questione irachena: Franco Battiato.

Trent’anni dopo quella drammatica notte, quali sono le conseguenze ancora tangibili in un paese come l’Iraq, che ha continuato ad affrontare stagioni di guerre, violenze, terrorismo? Quanti di quegli effetti di lungo periodo continuano a lasciare traccia in un Medio Oriente che sembra non conoscere pace?

Ne sappiamo molto poco, i libri di storia si fermano al secondo dopoguerra e in questo momento specifico le scuole sono pure chiuse. Leggere la contemporaneità, riflettere su questioni di pace e giustizia sembra essere attività accessoria. Non lo è affatto, non lo è mai.

A parlare contro la guerra oggi non mancano voci autorevoli: manca il popolo, soprattutto quello italiano che deve digerire una guerra che non vuole.E anche le voci che si levano restano inascoltate, come quella di Roger Waters (Pink Floyd) intervenuto pochi giorni fa al Consiglio dell' Onu. LA SUA VOCE ....ANCHE PER NOI.

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