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''La politica? Sedersi per terra e dialogare''

Dag Hammarskjöld, tra etica e politica

''E' mia profonda convinzione che il dialogo sia assolutamente necessario, ma il dialogo richiede non poche cose: obiettività, disponibilità all'ascolto e molta moderazione. Tutte queste sono qualità umane: non spiccano sulle altre, ma sono tutte necessarie".  Così il diplomatico svedese Dag Hammarskjöld, leggendario Segretario generale dell’ONU, che  guidò le Nazioni Unite attraverso numerose crisi con un’abilità che lo rese una star sulla scena internazionale.

Il 18 settembre 2021 sono stati ricordati i 60 anni dalla tragica morte. Nel suo diario, ''Tracce di cammino'' Hammarskjöld intendeva la leadership politica come un onore che richiede intraprendenza, umiltà, chiarezza morale e riflessione spirituale.

Per lui infatti Etica e Politica erano (o dovevano essere) tutt'uno: l'una rimandava all'altra. Il suo biografo Roger Lipsey ha dedicato proprio a questo binomio il saggio uscito per i tipi di Qiqajon, la casa editrice della Comunità di Bose, dove si dettaglia il codice politico e personale con cui Hammarskjöld viveva e prendeva le decisioni più cruciali. Emerge  il ritratto di un uomo che seppe trovare l'equilibrio tra pazienza e azione, empatia e riservatezza, politica e coscienza. Un pensiero e un esempio che oggi forniscono un faro e sono urgentemente necessari.

Segretario generale dell’Onu, per due mandati dall’aprile 1953 fino alla sua morte (avvenuta in un oscuro incidente aereo nel pieno della crisi congolese), gli fu conferito il Premio Nobel per la pace alla memoria nel 1961, “in segno di gratitudine per tutto quello che ha fatto, per tutto quello che ha ottenuto, per l’ideale per il quale ha combattuto: creare pace e magnanimità tra le nazioni e gli uomini”.

Il libro di Lipsey è strutturato in brevi capitoli che affrontano i temi fondamentali del pensiero e della vita di Hammarskjöld: dialogo, consapevolezza, negoziazione, interdipendenza globale, coraggio, umiltà, strategia, potere terapeutico del tempo, maturità di pensiero.

Dag Hammarskjöld era in dialogo profondo con il filosofo Martin Buber  (stava traducendo un suo libro quando morì), parlava quattro lingue, aveva lauree in legge ed economia, era un visionario ma non un illuso. Dell'Onu scrisse nel suo diario privato che era "...una fragile costruzione, ma è tuo dovere dare tutto quanto possiedi a quel sogno che solo così troverà sostegno nella realtà". E fu proprio questa la regola che si diede: ovvero..."darsi" fino in fondo.

E così Lipsey racconta che la sua regola per dialogare davvero è "...Sedersi per terra e parlare con la gente: ecco la cosa più importante". Era questo il suo codice, il che significa azzerrare le posizioni e le subalternità, favorire il dialogo alla pari, con quelle qualità umane che lui riteneva assolutamente necessarie.

La delicatezza degli scenari internazionali in cui si trovò ad agire lo portò a dire che "sono le circostanze a rendere ogni schema civile o politico benefico o dannoso per l'umanità". Parole che se ben meditate dovrebbero dire qualcosa in una situazione di libertà compresse e diritti costituzionali violati (come quella italiana) per non parlare dei molti paesi dove i diritti umani sono sistematicamente negati.

"Il destino è come noi lo facciamo'' disse il 9 aprile 1953 quando raggiunge New York per insediarsi alle Nazioni Unite. Ai giornalisti che lo attendevano mostrò subito che il suo pensiero volava alto facendo un parallelo tra leadership e alpinismo che li lasciò a bocca aperta. Facendo notare che amava la montagna pur non avendo mai scalato vette famose affermò che sarebbe stato per lui come scalare. "...sento che tutti noi oggi abbiamo bisogno: perseveranza e pazienza, una presa salda sulla realtà, una pianificazione attenta ma fantasiosa, una chiara consapevolezza dei pericoli ma anche del fatto che il destino è come noi lo facciamo e che l'Alpinista più sicuro è quello che non mette mai in discussione la sua capacità di superare tutte le difficoltà".

L'autore Roger Lipsey è il suo biografo ufficiale. Storico dell’arte e curatore editoriale, interviene regolarmente a seminari delle Nazioni Unite sulla vita e sull’eredità di Dag Hammarskjöld. E' auore di ''Hammarskjöld. A Life'' (2013) salutato come la biografia definitiva del secondo segretario generale dell’Onu.

Non poteva mancare un capitolo sulla sua oscura morte, avvenuta in un incidente aereo in Congo nel settembre del 1961, sessant'anni fa in missione di pace. Benchè la rotta fosse segreta e a pilotarlo fosse un equipaggio svedese di grande esperienza, chi lo attendeva a terra vide l'aereo sorvolare diverse volte l'aeroporto e poi scomparire. Il giorno dopo venne individuato il relitto. Hammarskjöld e i 15 membri dell'equipaggio morirono carbonizzati, sopravvisse per qualche giorno solo un agente di sicurezza che riuscì a riferire "scintille nell'aria". Dieci anni fa, un'inchiesta indipendente (2011) mise in luce testimonianze che all'epoca erano state ignorate. L'aereo del diplomatico era stato inseguito a poche miglia dall'atterraggio da un piccolo velivolo. Uomini e donne africane lo avevano visto ed avevano anche notato un lampo ma la commissione d'inchiesta aveva ritenuto "poco attendibili" le loro testimonianze. Il corpo del diplomatico venne ritrovato su un alto termitaio, a pochi metri da lì - intonsa! - la traduzione a mano del libro di Buber. Aveva scritto a mano: "All'inizio è la relazione".

Il saggio andrebbe somministrato a chi ci governa oggi perchè il luminoso esempio di leadership politica espresso da Dag Hammarskjöld può illuminare il nostro presente e orientare i nostri passi verso la costruzione di una società più giusta.


Dag Hammarskjöld: etica e politica
di
Roger Lipsey
Edizioni Qiqajon
Isbn: 9788882275938


Autore: Corona Perer

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