Arte, Cultura & Spettacoli

Luigi Meneghello l'epica della parola

Ricordo di uno scrittore dimenticato

C’è ancora qualcuno che in Italia sappia raccontare la provincia? C'era. Il suo nome: Luigi Meneghello, il quale su questa domanda ebbe a dire a Trento: "Il problema è tutto di altra natura. Il fatto è che non esiste più la provincia”

L’autore di “Libera Nos a Malo”, sua prima e fortunatissima fatica è scomparso nel 2008 lo stesso anno che si portò via Biagi, Pavarotti e don Oreste Benzi che della provincia aveva fatto la sua missione.

Fin dall’inizio della sua carriera Meneghello aveva scelto di percorrere anime e vicoli del paesino vicentino dove era nato e dove aveva imparato la vita. Amava dire che non furono gli studi brillanti compiuti a Padova ad avergli fatto capire cosa conta nella vita della gente comune. “Quelli semmai sono stati studi inutili se non nocivi” diceva dopo oltre 40 anni di docenza universitaria in Gran Bretagna.

Malo è stata tutto il suo mondo, anche quando ne era lontano. Molte cose si possono dire dello scrittore che fu: ha dato voce alla provincia, alle cose minimali che sono però di massimale importanza per chi le vive nel borgo, ha inventato avventure affascinanti e personaggi tanto mitici quanto veri entrati di diritto nella letteratura del ‘900.

Alla Biblioteca Comunale di Trento dove incontrò il pubblico trentino,  poco prima della sua scomparsa, fu accolto da un lungo ed affettuoso applauso. Con pazienza, umiltà, e l’irresistibile - a tratti involontaria - vis comica, Meneghello aveva ascoltato una lunga e ampollosa prolusione. Avuta finalmente la parola, era tornato sul suo grande amore, la parola, calandosi nella lettura di alcune tra le pagine piu’ divertenti tratte dalla sua fenomenale galleria di personaggi. Con la vena del grande scrittore, erano tornati i ricordi della terra natale e le vicende delle quali era stato diretto protagonista, memorie costruite sui primi stupori infantili e sulla precoce separazione avvenuta in gioventù.

“Mi sono espatriato da solo” amava dire. In Inghilterra all’università di Reading ha insegnato letteratura italiana contribuendo tra l’altro a istituire un prestigioso dipartimento di italianistica. Ma la mente è sempre restata su Malo e sul mitico zio Dino.

“Non aveva l’età per farmi né da padre né da fratello, ma fu determinante nella mia vita e compare un po’ in tutti i miei libri. Sputava sulle formiche che camminavano incolonnate e poi contemplava il cataclisma che si era abbattuto su di loro immaginandone i pensieri” aveva raccontato. In fondo voleva solo far capire al suo pubblico cosa lo abbia mosso in tutti questi anni: un grande sconfinato amore per la parola, per il mistero che l’avvolge e che la rende a volte intraducibile. Una grande dichiarazione d’amore per l’arte dello scrivere. E finita la lettura era sprofondato stanchissimo nella poltrona dove l’attendeva l’assalto del pubblico dopo l’ultimo interminabile applauso.

Tre giorni dopo moriva nell’altra tappa della sua trasferta: Palermo.


Autore: Corona Perer

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