I boschi a Laste (BL) sopra il lago di Alleghe - foto: C.Perer
I boschi a Laste (BL) sopra il lago di Alleghe - foto: C.Perer
Scienza, Ambiente & Salute

Tempesta Vaia, il flagello del bostrico

Vaia - 5 anni fa l'uragano che decimò i boschi del Nordest. E ora è un insetto a farlo

Cinque anni fa la tempesta Vaia ha provocato ferite di cui tutto il Nordest porta ancora i segni. L'Altopiano di Asiago, Sappada, lo Zoncolan poco sopra Udine, il Bellunese, il Trentino, l'Alto Adige hanno riportato danni enormi.

Nei tre giorni di fine ottobre 2018 caddero 274 millimetri di pioggia con  raffiche di vento fino a 192 chilometri orari. In Alto Adige circa 2200 ettari di foresta nell'area intorno a Passo Carezza furono danneggiati dalla tempesta. Negli anni successivi sono stati lavorati circa 900.000 metri cubi di legno danneggiato e sono stati eseguiti lavori per ripristinare la normalità su strade e infrastrutture.

Il fortissimo vento che aveva caratterizzato la tempesta (con raffiche superiori a 120 chilometri orari e il valore massimo registrato dalla rete di stazioni di Meteotrentino di oltre 190 chilometri orari a passo Manghen) aveva causato nel solo Trentino lo schianto di circa 4 milioni di metri cubi di alberi, interessando una superficie di oltre 20mila ettari. Le piogge intense e persistenti (in 72 ore erano caduti in media sul territorio 275 millimetri di pioggia con punte massime superiori ai 600 millimetri) avevano comportato un significativo incremento delle portate lungo l’intera rete idrografica provinciale e diffusi fenomeni di erosione, trasporto e deposito di detriti.

Ancora oggi le conseguenze dirette e indirette di Vaia - di natura economica, sociale, ambientale ed ecosistemica - sono evidenti. A 5 anni dalla tragedia non è ancora finita la pulizia degli alberi schiantati ma l'emergenza prosegue e si chiama bostrico, l'insetto che attacca le piante di abete rosso formando piccoli fori e si inserisce nello strato compreso tra la corteccia e il legno, il floema, che presiede ai flussi di linfa della pianta.

Le foreste ora sono infestate dai coleotteri della corteccia; un problema che persisterà anche nei prossimi anni. Oltre 5.000 ettari monitorati da Eurac con immagini satellitari, su una superficie di 740.000 ettari (di cui circa 350.000 sono occupati da boschi), ne sono interessati. Il fenomeno che da anni coinvolge l’Europa centrale. I coleotteri della corteccia attaccano soprattutto gli abeti rossi, spesso già indeboliti.

Il bostrico si nutre degli assimilati della fotosintesi e la sua presenza interrompe il flusso di questi assimilati verso le radici e successivamente verso la chioma, portando alla graduale morte dell'arbusto.

Il bostrico è sempre stato presente nei nostri boschi: in situazioni ordinarie, di tipo endemico, rappresenta un regolatore degli ecosistemi, attaccando le piante più deboli, ma risparmiando quelle sane. La tempesta Vaia ha messo a disposizione del bostrico enormi quantità di materiale legnoso diffuso, morto o in condizioni di stress, causando il passaggio in molte aree della provincia da una situazione endemica ad una situazione epidemica.

Di fronte all'epidemia di bostrico tipografo che anche i boschi del Trentino stanno vivendo, prosegue quindi la strategia di contenimento promossa dal Servizio foreste della Provincia autonoma di Trento. L'obiettivo è di rimboschire altri 200 ettari di foresta nel 2023.

Nel caso di una situazione endemica, una strategia di prevenzione tradizionale prevede la riduzione della quantità di insetti con il taglio e l'esbosco delle piante appena attaccate, e quindi con chioma ancora verde, prima della fuoriuscita degli adulti. Il metodo è efficace quando i focolai sono pochi e poco diffusi.

In situazioni epidemiche, con numerosi focolai sparsi, il controllo attraverso questa tecnica diventa di fatto impossibile, considerando la capacità di diffusione dell'insetto e la difficoltà di individuare le piante colpite nelle fasi iniziali dell'attacco.

Altro sistema utilizzabile in caso di presenza endemica è la tecnica delle piante esca, che consiste nel taglio, depezzatura e posizionamento di alcuni tronchi (caricati con feromoni) in punti strategici. Una volta colonizzati dal bostrico, i tronchi vanno allontanati, prima dello sfarfallamento degli adulti. Si tratta di una strategia che richiede una buona organizzazione: se male attuata può ottenere l'effetto contrario, provocando la creazione di nuovi focolai.

Infine, su situazioni puntuali, dove vi sia interesse a proteggere margini di bosco, può essere applicata la tecnica del push and pull, che consente, con l'uso di sostanze repellenti applicate sulle piante da proteggere, di respingere gli insetti che, allontanandosi, vengono intercettati da trappole a feromoni.

Il problema riguarda anche le modalità di recupero del legname colpito, per evitare la creazione di nuovi margini nel bosco con tagli di materiale fresco, creando punti critici per l’ulteriore diffusione dell'insetto, sulla mitigazione dei danni e soprattutto sulle misure da adottare per il ripristino dei soprassuoli danneggiati.

Nel corso del 2022 sono stati rimboschiti oltre 200 ettari di bosco danneggiato, con la messa a dimora di circa 400 mila piantine, mentre una superficie equivalente verrà rimboschita nel 2023 con un programma che è destinato a proseguire nei prossimi anni.

 

All'epoca la tempesta Vaia, erano stati colpiti 2.100 proprietari di boschi in 86 Comuni. L'area danneggiata ammontava a un totale di 5.918 ettari, pari all'1,7% dell'intera superficie forestale dell'Alto Adige. Per garantire un accesso sicuro alle aree interessate dalle raffiche di vento per la rimozione è stato necessario riparare le strade forestali e costruire strade rurali e diverse teleferiche.

La quantità di legno danneggiato attualmente conservata in Alto Adige è infatti molto grande, perché un anno dopo Vaia, ossia nel novembre 2019, le foreste dell'Alto Adige sono state colpite da un altro episodio di maltempo con piogge forti e vento. A livello provinciale è stato stimato un altro milione di metri cubi di legname abbattuto a causa della neve. Di questi, alla fine del 2020 erano già stati lavorati 600.000 metri cubi.

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