
Le Miniere della Valle Imperina
Grazie all'iniziativa di Botol Group rivive la storia del Centro Minerario
(Agordo 1 agosto 2025 - Corona Perer) La storia del Centro Minerario Valle Imperina affonda nei secoli. Chi fa una vacanza in Agordino non deve perdere l'occasione di entrare nel complesso delle miniere. Basta una mattina (o un pomeriggio) ma servono almeno 3 ore e mezzo, per coprire la distanza totale di circa 3 km accompagnati da una guida per scoprire il genio degli uomini di questa terra.
E' una visita entusiasmante che mette in contatto il visitatore con la storia di un territorio, le fatiche dell'uomo, le sue intuizioni e le sue speranze.
Grazie all'intraprendenza privata sono tornate visitabili. Il gruppo Botol dopo numerosi lavori di ripristino, restauro e sicurezza ha aperto alle visite delle Miniere della Valle Imperina che per diversi secoli sono state determinanti per l’economia del Basso Agordino e la maggior fonte di sostentamento per la popolazione locale.
Abbiamo visitato il complesso con l'ausilio del geologo Marco Mottes (direttore del Centro Minerario), entrando nelle tre gallerie S. Barbara, Fusinella e Magni, ed il complesso dei Forni Fusori divenuto museo documentale: il Museo Mazzolli, dove si trova una suggestiva mostra permanente con foto d'epoca. Un’esperienza affascinante che permette di esplorare un pezzo di storia industriale, comprendere il duro lavoro svolto da generazioni di braccia (spesso di padre in figlio) e l’innovazione nel far progredire nei secoli l'impianto minerario.
Il percorso è facile: attraverso strade sterrate all'esterne e stretti cunicoli sotterranei, si incociano le acque del torrente Imperina. Fu proprio osservando le acque e i residui che lasciavano sulle pietre che l'uomo intuì la presenza del rame. La visita inizia proprio dal laghetto rosso dove sfocia il torrente Imperina che dà il nome alle Miniere della Valle Imperina (> video qui)
La guida spiega che - benchè attestate nel 1400 - le miniere potrebbero essere state funzionanti anche prima e lo si deduce anche dalla terminologia in uso di chiara derivazione germanica.
Potrebbero quindi essere stati i minatori bavaresi e boemi emigrati anche verso il vicino Trentino in cerca di nuovi siti estrattivi? Non vi è certezza al riguardo.
Il primo documento scritto che attesti la presenza dell’attività mineraria in quella sede risale infatti al 1409 con l’investitura ad Enrico di Heslinger per l’estrazione di rame. Inizia un'epopea che vedrà nel giro di due secoli grande protagonista la famiglia Crotta di Agordo. Siamo ormai nel '600.
Per alcuni secoli erano state piccole compagnie a conduzione famigliare a gestire l’estrazione del rame fino a quando, nel 1615, una nuova concessione venne affidata alla famiglia guidata da Francesco Crotta che riuscì a scoprire il filone di rame più ricco della miniera. Abile e fortunato imprenditore iniziò così a costruire un impero minerario che continuerà con i suoi figli i quali riusciranno ad entrare nella nobiltà veneziana.
La magnifica villa Crotta-De’ Manzoni che sorge sulla piazza centrale di Agordo testimonia l’importanza raggiunta dalla famiglia Crotta grazie alle miniere. Oggi la Villa, che è ancora una bene privato, è considerata tra i beni culturali della Regione Veneto.
Sono anche gli anni della Serenissima perciò non tardò ad arrivare anche l'attenzione della Repubblica di Venezia che intuì l’importanza del rame per il suo Arsenale, e perciò si inserì nell’attività di Valle Imperina con una concessione statale.
L'assenza di eredi dei Crotta alla metà del XVIII secolo, portò la Repubblica di Venezia a cogliere l’occasione di diventare socio unico e all'epoca risalgono i settecenteschi forni fusori tuttora ben conservati e visitabili. In questo periodo la miniera produceva il 50% del fabbisogno di rame dell’Arsenale veneziano.
LA STORIA
Agli inizi del XIX secolo, sotto il regno Lombardo-Veneto, la miniera venne rimodernata aumentando così la produzione del prezioso metallo. Nella miniera l'uomo viveva giorno e notte, e di cunicolo in cunicolo si arriva anche alla casa del Guardiano, con la cucina scaldata da una piccola stufa in ghisa e l'immancabile foto di un Cristo al quale votarsi ogni giorno (anche se era Santa Barbara a vigilare su di loro).
Con il Regno d’Italia iniziò il declino causato dall’arrivo del rame prodotto nel continente americano ad un costo inferiore che provocò una scarsa redditività della miniera con la conseguente riduzione della produzione, il licenziamento di quasi la metà delle maestranze e una prima fase di emigrazione della popolazione locale.
Nel 1893 lo stato italiano concesse lo sfruttamento delle miniere alla società chimica Magni & C. che convertì la produzione: nel 1898 spense i forni (oggi diventati museo), il materiale estratto veniva infatti trasportato nei loro impianti chimici vicentini ed utilizzato interamente per la produzione di acido solforico e solfato di rame.
Nel 1910 subentra la Montecatini con un piano rivoluzionario di ristrutturazione ed ammodernamento: fu edificata una centrale idroelettrica che forniva l’energia per il funzionamento di macchinari moderni e costruita anche una ferrovia. Quanto veniva estratto dalle miniere arrivava in treno a Bribano (Bl). La produzione della miniera continuò anche durante il secondo conflitto mondiale.
All'interno del complesso vivevano intere famiglie e l'album storico offre scatti che dicono usi, costumi, speranze e fatiche di quegli anni. Un tenero scorcio di questi anni che preludevano al boom economico degli anni 60 si trova anche nel libro ''Una Finestra su Riva'' che racconta gli anni più belli di Rivamonte Agordino il paese direttamente ineressato alle miniere, che fornì la prima forza lavoro.
Ma negli anni Cinquanta del '900, pur continuando l’ammodernamento della miniera, si pensava già alla sua chiusura: inizia una campagna di ricerca per individuare nuove zone mineralizzate, con l’intento reale di giustificare solo una prossima chiusura. E infatti, pur rimanendo la produzione inalterata, la miniera chiuse definitivamente nel 1962.
Un plauso particolare va quindi al gruppo Botol Factory che ha inituito come questo patrimonio storico non dovessere essere disperso perchè poteva diventare nuovamente risorsa offrendo con le visite guidate un'esperienza anche ai visitatori dell'Agordino. Questa si chiama lungimiranza.
Ed è un'esperienza davvero unica mettere i piedi nelle viscere della terra e nel torrente Imperina che emerge nei cunicoli !(> video qui)
E così oggi all’interno del Centro Minerario Valle Imperina (CMVI) è possibile anche soggiornare presso l’Ostello Imperina una soluzione pratica, ideale per gruppi e famiglie, con una capacità totale di 38 posti letto in camerate da 6/8 posti. I bagni sono in comune ma separati uomo e donna. Soluzione perfetta per chi cerca un alloggio funzionale e semplice. E sono tanti i govani, moltissimi di loro stranieri, ad usufruirne.
C'è bar, ristorante e naturalmente anche il Wifi.
Contatti
Centro Minerario Valle Imperina
Via Miniere 3, 32020 – Rivamonte Agordino (BL)
tel. 346 0896413
info@centrominerariovalleimperina.it
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VISITE su prenotazione obbligatoria
Durata: 3h e 30 min
Distanza: 2,7km ca.
Si consiglia abbigliamento caldo e comodo, pantaloni lunghi, scarpa chiusa da trekking e giacca.
La temperatura interna costante è di circa 10° tutto l’anno.
Il Centro fornisce caschi e impermeabili cerati durante la permanenza in miniera,
sia per adulti che per bambini.
Biglietti
Intero: € 28,00
Gruppo: € 25,00
Solo gallerie: € 18,00
Solo Musei: € 15,00
Ridotto: € 15,00 (under 12 anni e over 65 anni)
Omaggio: under 6 anni, persone con disabilità.
Autore: Corona Perer
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