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Lecce, la Parigi del Sud

Itinerari italiani: l'emozione del barocco (ma anche del contemporaneo)

Tutta da vivere, da respirare, da passeggiare. Il centro storico è una continua emozione che mette a dura prova la cervicale: si deve camminare col naso all'insù per poter gioire della Bellezza che affiora dalle vestigia di un barocco particolarmente evoluto.  I palazzi nobiliari portano segni eloquenti di una potenza sociale che al tempo certamente non veniva sottovalutata. Spesso i fregi portano la firma dei realizzatori delle opere. Lo si vede nelle dimore della famiglia Guarini, fatto dai Manieri, che collocano la propria firma architettonica sul portale.

Nei palazzi leccesi, belle e voluttuose finestre a forma di 'pera' oppure a forma di 'arpa', con cornici a baffo, balconi e mensole figurate, tipiche del barocco leccese. Vi si intravvedono forme di grande significato mitologico: arpie dai seni prosperosi, aquile in segno della gloria, il Leone segno della forza, il drago figura mitologica per eccellenza, il cane che simboleggia la fedeltà, il cavallo che propone la perseveranza, persino un Pegaso che rappresenta la vittoria.

Ma Lecce non è solo il barocco. E' anche città aperta al contemporaneo. Ha aperto il 2 marzo scorso  al pubblico la Fondazione Biscozzi | Rimbaud, nuovo spazio espositivo e culturale nel cuore della città salentina che espone permanentemente una selezione di 72 opere dell'omonima Collezione, che annovera in totale oltre 200 importanti opere di grandi nomi italiani e internazionali dell’arte del Novecento tra questi Filippo de Pisis, Arturo Martini, Enrico Prampolini, Fausto Melotti, Alberto Burri, Tancredi Parmeggiani, Pietro Consagra, Kengiro Azuma, Dadamaino, Schifano per citarne solo alcuni. Un'apertura che ha dello straordinario: rappresenta una sfida e un atto di coraggio in questo periodo di pandemia e di luoghi chiusi all'arte. Mecenatismo puro, dunque.

La storia di Luigi Biscozzi parla di collezionismo illuminato. Tra i nomi più autorevoli nel settore della consulenza fiscale e tributaria in Italia, nato a Salice Salentino nel 1934, iniziò a collezionare opere d’arte nel 1969. Un anno dopo conobbe a Parigi Dominique Rimbaud, che diventerà sua moglie e con la quale condividerà per oltre quarant’anni la passione per l’arte.

«Ho un debito di riconoscenza nei confronti della mia città di Lecce: mi ha dato la sua bellezza e una base scolastica che mi ha consentito di proseguire gli studi a Milano» disse Biscozzi, scomparso nel settembre del 2018. Sua moglie Dominique ha realizzato il suo sogno in un immobile storico di piazzetta Baglivi 4.

La facciata della fondazione Biscozzi |Rimbaud

La direzione tecnico-scientifica della Fondazione e la curatela della collezione sono state affidate allo storico dell’arte Paolo Bolpagni. Ora la città di Lecce ha quindi un nuovo luogo d’arte e cultura, a beneficio della collettività: non soltanto un luogo di esposizione di opere, ma soprattutto un centro di fermento ed elaborazione per tutte le arti, e di formazione per gli studenti delle scuole, dell’accademia e dell’università.

Il luogo è pensato come un “centro delle arti”, dedicato all’esplorazione e alla condivisione collettiva delle possibilità che nascono dal dialogo tra discipline diverse: arti visive, architettura, video, cinema, ma anche musica, letteratura e teatro. In occasione dell'apertura della sede, è allestita fino al 7 novembre 2021 la mostra monografica Angelo Savelli, l'artista del bianco (1911-1995) a cura di Paolo Bolpagni.
L'apertura segue ovviamente l'evolersi della situazione sanitaria: meglio consultare prima di una visita il sito della fondazione: www.fondazionebiscozzirimbaud.it

Oltre a questo slancio verso il contemporaneo che a Lecce mancava, si può fare il piano di bellezza ed arte passeggiando in città. Partendo magari dalla meravigliosa piazza Duomo, a cui si arriva da Corso Vittorio Emanuele II, passando per vicoli, piccole piazze. La piazza è un susseguirsi di dimore con il Vescovado e la sua grande loggia, il palazzo del Seminario di fine '600 e il Campanile realizzato dallo Zimbalo che svetta e domina la città con i suoi 72 metri. Nessun altra opera avrebbe dovuto superarlo: così è stato nei secoli. Nelle chiese è un tripudio di simboli come in quella di Sant'Irene dove un pellicano si squarcia il petto per i suoi piccoli, a simbologia di Cristo che versa sangue per la sua Chiesa.

I balconi dei palazzi nobiliari sono spesso impreziositi da capitelli a petto d'oca e la pietra leccese rimanda per i suoi colori al giallo oro delle spiagge. "Molte le ghirlande fruttate che abbondano soprattutto sulla facciata della cattedrale dove si racconta certo la fede e i suoi simboli, ma anche il bello della natura" spiega Daniela Bacca, preparatissima guida turistica. Tra angeli danzanti e trofei fioriti, putti che galoppano galli, colombi che tubano, torchon e ghirlande, domina in piazza Duomo il patrono di Lecce, Sant'Oronzo, un facoltoso Patrizio convertito da San Giusto.

Chiostri, palazzi, botteghe della cartapesta  (che è un prodotto artigianale tipico della città salentina che ospita anche il Museo della Cartapesta). Nelle chiese di tutto il centro cittadino, ma particolarmente nella cattedrale affacciata su una magnifica piazza, si possono scorgere varie influenze artistiche: essendo questa una sede vescovile di grande importanza per il papato di santa Romana Chiesa, la città aveva importato da Roma il gusto per l'oro, da Napoli e da dove provenivano quasi tutti gli arcivescovi aveva importato il gusto per il marmo, mentre gli altari tipicamente leccesi sono in pietra bianca, ricchi di fregi. Una decorazione che ricorre molto accanto all'uva e foglie di vite è il melograno simbolo dell'unità nella moltitudine.

Gli ordini monastici, fra i quali i potenti Teatini gesuiti, fanno alzare altari e tombe nelle cappelle, la Basilica Pontificia minore di Santa Croce venne eretta per ordine dei Celestini. E' il trionfo del barocco per definizione, insieme all'ex-convento dei Celestini oggi sede della Provincia. La si raggiunge da Via dei Templari che certo non furono assenti nella progettazione dell'edificio di culto. Molte le figure allegoriche, vengono dal mito e dalla tradizione, festoni, cornucopie, entità zoomorfe. La guida racconta che ci sono voluti 300 anni per costruirla. Ancora oggi è cantiere, per i cospicui restauri non ancora ultimati, così molti dei suoi fregi sono ostacolati alla visione dalle impalcature che tuttavia non vietano di cogliere la potenza di pensiero (ed economica) che deve esserci stata alla spalle.

Piazza Sant'Oronzo è il salotto del leccesi. Qui l'architettura littoria ha in parte storpiato l'area dove si affacciano le epoche più importanti della storia leccese: c'è perfino quella veneziana testimoniata da un sedile dove comprare il leone di San Marco. Ma è la Lecce romana ad imporsi all'occhio del turista, testimoniata dall'anfiteatro interamente recuperato che non fa a pugni col barocco di cui abbonda la città, e dice quanta storia l'abbia attraversata. E continui ad attraversarla.

(Corona Perer)


Autore: Corona Perer

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