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A Cison di Valmarino dal San Boldo

C'è una strada bella come un racconto di storia. E arriva in un Borgo affascinante

(di Corona Perer) - A Cison di Valmarino, uno dei Borghi più Belli d’Italia,  si può arrivare da tante strade, ma una in particolare è bella come un racconto di storia: il Passo San Boldo, interessante sia dal punto di vista storico che naturalistico.

Oggi il San Boldo è una meta per il trekking, amata dai ciclisti e dai camminatori, ma un tempo fu teatro di una vicenda rilevante che si è svolta in soli 100 giorni. Con la Prima Guerra Mondiale questo luogo divenne infatti una questione strategica. Gli Austro-Ungarici invadendo questi territori dopo la rotta di Caporetto necessitavano di una via diretta con la linea del Piave e fu il comando austriaco a pensare ad una strada  che mirava a rendere carrozzabile una mulattiera e un sentiero preesistente. Per secoli, mercanti e zattieri, contadini e pastori, greggi, cavalli e muli carichi di mercanzie conoscevano questo percorso: erano gradini di travetti di larice ricavati tra le rocce a costituire l’ultimo tratto della mulattiera che conduceva al San Boldo. 

L'impresa sembrava impossibile, ma in 100 giorni gli ufficali austriaci che erano al comando dimostrarono il contrario. Dal febbraio all'aprile del 1918 con l'invio di uomini e mezzi e l'utilizzo anche di braccia locali, comprese donne e bambini, la strada che collega Trichiana (nel Bellunese) con Cison di Valmarino nel (Trevigiano) era realtà.

Impiegarono in totale 7000 operai, in gran parte soldati austoungarici, prigionieri italiani, russi e bosniaci e con l’apporto di popolazione locale, realizzarono le cinque gallerie a tornante dentro la montagna che tutt’oggi costituiscono l’ultimo tratto del San Boldo.

Immagine tratta da "La Strada dei 100 giorni" di Giampaolo Tomio e Alessia Cerentin


Tra le maestranze vi furono molti bellunesi e feltrini. Chi scrive ha memoria familiare di questa epopea: Angelo Perer divenne un facoltoso impreditore edile proprio grazie a quello che guadagnò con la propria carriola sul San Boldo. Certo, lavorare per gli stranieri austraci non era visto di buon occhio, ma erano tempi di guerra e molti lavorarono anche per... informare il comando italiano.

Per l'epoca si impiegarono mezzi all'avanguardia: i primi camion e persino i primi getti di calcestruzzo. Percorrendo la strada dei 100 giorni  che di recente ha avuto la ribalta nazionale grazie alle stupende immagini di un gregge di pecore rilanciate sui social e in tv, è dunque percorrere un capitolo di storia.

Il transito del primo mezzo avvenne nel giugno del 1918. Fu ovviamente una conquista vedere l'auto entrare nelle gallerie e uscire ! Anche perchè le gallerie realizzate da operai  polacchi e italiani, erano poste nelle curve a tornante. Un passo da gigante sul piano della logistica per le truppe dislocate sul confine austroungarico.

La prima auto sul San Boldo fu degli ufficiali austriaci

 

Il San Boldo è oggi non solo strada di collegamento tra due province (Treviso e Belluno) ma anche luogo di richiamo. Le comunità locali hanno posto dei pannelli informativi. Partendo da Trichiana o dalla piazza di Cison di Valmarino si possono visitare le località intermedie e sostare nelle aree attrezzate per il ristoro  (anche per camper). Info > qui
L'itinerario turistico è costituito da percorsi per chi ama il trekking o per i ciclisti, oppure sentieri mirati alla conoscenza della flora e della fauna tra questi il percorso botanico e la via dei Mulini. Non mancano agriturismi e rifugi per pernottare. 

L'arrivo a Cison di Valmarino... apre il cuore. Oltre ad essere uno dei Borghi più belli d'Italia, ha ricevuto la Bandiera Arancione del Touring Club Italiano. La località è ben tenuta e offre al visitatore il suo salotto buono nella piazza veneta, bella e aperta come un sorriso smagliante. Vi si affacciano locande tipiche e Palazzo Zambaldi, oggi sede del Municipio, un’antica villa veneta costruita dai Casoni discendenti dei Cavalcanti di Firenze.


Su questa piazza si affaccia (ma di schiena!) la Chiesa Parrocchiale già documentata dal 1170. Dedicata a S. Maria Assunta e a S. Giovanni Battista, venne in parte ricostruita e ampliata nel 1683 e consacrata dal Vescovo Lorenzo da Ponte nel 1746.  E' particolare perchè dotata di due facciate. La prima facciata ad Est,  per l’ingresso dei fedeli, presenta le statue delle 3 virtù teologali:  Fede, Speranza, Carità. Dal lato Ovest affacciato sulla pubblica piazza, dove vi erano un tempo la Loggia ed oggi il Municipio e il Teatro, le statue più laiche e rappresentanti le virtù cardinali: Fortezza, Temperanza, Giustizia, Prudenza.

Nel corso dell’anno sono molte le manifestazioni, i programmi artistici, culturali e sportivi organizati a Cison di Valmarino. La pandemia li ha solo temporaneamente fermati. E il territorio propone molti percorsi di interesse storico, a partire dal magnifico Castello che si erge sopra l'abitato.

Il castello dice il carattere nobile di questo luogo. Nel 1436 Il feudo di Valmareno fu ceduto da Venezia, per meriti di guerra, ai condottieri Brandolino Brandolini ed Erasmo da Narni detto il Gattamelata. La Serenissima affidò la Valmareno ad un feudatario e Cison diventò capoluogo politico di una vallata di 12 ville. Accentrò quindi tutte le strutture necessarie all’amministrazione del governo e all’amministrazione della giustizia.

Con il castello del XII secolo, i suntuosi palazzi seicenteschi e la chiesa barocca, Cison di Valmarino ha rappresentato per secoli il centro amministrativo di una contea retta dalla famiglia Brandolini alle dipendenze della Serenissima Repubblica di Venezia.

Da vedere le Antiche Cantine Brandolini, struttura ad uso agricolo di probabile fattura del XV secolo, e oggi contenitore per eventi e manifestazionigri. Nel corso dei secoli “le caneve” erano state adibite a scuderie e stalle.

Da un punto di vita naturalistico e ambientale, Cison di Valmarino ha attrezzato La via dei mulini e le vie dell’acqua con i canali delle antiche ruote e le cascate; il bosco monumentale delle «Penne Mozze» dedicato agli alpini caduti nelle guerre.

Da vedere, a poca distanza, Rolle il primo Borgo tutelato dal FAI nel 2004. Nel 1200 vi era una comunità benedettina, della quale resta ancora parte del monastero. Circondata dai colli attraversati dalla Strada del Vino che collega Conegliano e Valdobbiadene, le  «Colline del Prosecco» riconosciute dal 2019 patrimonio dell’umanità Unesco.

Il paesaggio che ispirò il poeta Zanzotto (Foto C.Perer)


Rolle diede ispirazione a diverse poesie di Andrea Zanzotto del quale proprio quest'anno si celebra il centenario dalla nascita. In un testo del 2009 definisce Rolle come ''una cartolina inviata dagli dei''. Anche lui era figlio di questa meravigliosa terra, nato a Pieve di Soligo non molto distante e parte integrante del distretto del Prosecco.

Rolle consente di fare una tappa dedicata al gusto. Al Ristorante Andreetta la tradizione culinaria inizia negli anni Sessanta con mamma Santina e prosegue oggi con la figlia Anna Maria (cuoca) ed il marito Alberto, esperto ed appassionato sommelier. La qualità della cucina tipica, forte dei sapori locali, la selezione dei vini italiani e stranieri (oltre 350 etichette) e la splendida posizione, fanno del locale il luogo giusto per una sosta: il ristorante è infatti  una meravigliosa terrazza affacciata sulle vigne del prosecco superiore.

La proprietà ha un suo vigneto e produce l'ottimo Rive di Rolle, un Valdobbiadene docg perfetto con il risotto alla mela e... prosecco. Dal 2005, nello stesso edificio c'è anche il nuovo B&B Gastaldo di Rolle.
(corona perer - maggio 2021)

Il ristorante Andreetta è anche B&B Gastaldo di Rolle (Foto C.Perer)

 

Per saperne di più: "La Strada dei 100 giorni" di Giampaolo Tomio e Alessia Cerentin


Autore: Corona Perer

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