
Gente di Giordania
I reportages di Giornale SENTIRE
(Corona Perer, Macheronte) - I migliori incontri si fanno sempre per strada. Sulle alture di Madaba, lungo la strada che conduce a Muqewir, dove sono i resti del palazzo di Erode il Grande, la gente del posto si ferma ad osservare incuriosita chi fotografa "qualcosa" che è in realtà molto naturale: il rito della mungitura a fine giornata delle pecore.
E' il paradosso di due curiosità a confronto: quella di chi non capisce cosa ci sia di così strano da fotografare e quella di chi immortala ciò che 'avverte' come definitivamente perduto o sopravvissuto solo in zone remote del pianeta, come questa.
Così mentre i flash si scatenano sulla fila di pecore messe una contro l'altra e legate tra loro, una famigliola e alcuni curiosi osservano divertiti l'insolita confusione che si è creata intorno al gregge per colpa di un gruppo di giornalisti occidentali. Sono venuti tutti insieme: lui, lei, i loro bambini. Non si avicinano per chiedere elemosina: si avvicinano per conoscerti.
Anche i pastori sono emozionati: a metà tra eccitazione e imbarazzo si mostrano timidi ma onorati dell'attenzione che si presta alle loro pecore. Sorridono e vogliono entrare in relazione. Poi si prestano al bombardamento di flash.
Le donne giordane - invece - mostrano il loro volto sorridente e accogliente al mercato della capitale. Non fuggono lo sguardo e non sono severe con l'obiettivo che vuole immortalarle, Capiscono anche loro di essere ambasciatrici di un mondo unico, un caleidoscopio di razze e culture stratificate l'una sull'altra.
Alcune di loro prestano servizio nei locali che le assoldano non solo per fare il pane tipico, caldo e appena cotto alle pareti del forno, ma anche per mostrare una antica abilità sopravvissuta anche nella moderna capitale dove sfavillanti grattacieli fanno da contrasto alle botteghe tipiche della cittadella.
Ma non si può raccontare la Gente di Giordania senza dire del mito che è racchiuso nel deserto Wadi Rum dove si respira la suggestione di Lawrence d'Arabia e dove lo si incontra - senza averlo visto - nella preghiera silenziosa di un beduino.
E' l'ora del tramonto, i turisti fotografano il sole che scende. Lui guarda invece dalla parte opposta: verso la Mecca e prega. E' inevitabile non andare con il pensiero al cuore del "sentimento" arabo che paradossalmente qui rimanda ad un europeo, la cui storia è strettamente legata al mondo arabo di oggi: Lawrence d'Arabia. Voleva creare un'unica nazione per tutti gli arabi dispersi nel mondo. La sua operazione nel corso della Prima Guerra Mondiale, è epica: é lui che guida le popolazioni arabe contro i Turchi. Un piccolo ufficiale inglese, ma dal grande carisma e dalla vita romanzesca.
In Laurence d'Arabia la passione per l'Oriente era scattata nel 1911, ancora studente all'Oxford Jesus College dove si appassiona all'archeologia, grazie alle lezioni del suo docente di orientalismo che lo spinge a svolgere campagne di archeologia. Missioni che erano però anche operazioni di intelligence della Corona britannica per capire le postazioni dei turchi e captare i primi fermenti di ribellione delle popolazioni arabe autoctone.
Il suo amore per gli arabi e per la loro causa fu dunque genuino o un doppio gioco? "Il suo fu un vero innamoramento. Certo, parte da conquistatore inglese, patriota e calcolatore, poi però incontra la donna della sua vita: l'Arabia e se ne innamora perdutamente" sostiene lo storico Franco Cardini, orientalista. Una volta nel deserto giordano studia i castelli dei crociati, partecipa alla rivolta araba, compie azioni militari e poi assume posizioni importanti dell'esercito inglese.
Quando nel giugno del 1916 la miccia si accende a La Mecca al grido di di guerra dello sceicco Hussein discendente degli Hashemiti, gli arabi non hanno una guida e una strategia. Sarà Lawrence d'Arabia a creare tutto questo con re Hussein come guida spirituale e Re Feisal come condottiero che gli chiede di indossare i leggendari abiti arabi e la kefiah. Lawrence conquista la fiducia delle tribù, mettendo pace fra loro, diventando leader indiscusso ben conscio che la guerra contro i Turchi poteva fare gran gioco all'Inghilterra. Da uomo dell'intelligence britannica non poteva non saperlo.
Grazie a Lawrence d'Arabia si sabota la ferrovia ottomana e si tagliano i rifornimenti, si sbarra la strada al nemico. Il terreno di gioco è un deserto meraviglioso, ma sconosciuto ai Turchi. Fu la guerriglia per bande ben organizzate (almeno 10.000 uomini) a far vincere gli Arabi: la conquista di Aqaba, sottratta ai Turchi nel 1917, è il primo segno. Lawrence d'Arabia attende una notte di eclissi di luna, della cui data era a conoscenza e vince ma sul campo restano troppi morti e troppo sangue. Li compone lui stesso mentre le tribù vittoriose si spartiscono il bottino.
Altre vittorie seguiranno: conquista Damasco un anno dopo. E' il trionfo della rivolta araba: re Feisal e Lawrence vengono accolti come trionfatori. Quando capisce di essere solo uno strumento nelle mani di Inghilterra e Francia (che avevano già steso un accordo segreto), inizia la crisi. Partecipa agli accordi di Pace di Parigi come mediatore, ma la spartizione è già stata fatta su altri tavoli dalle potenze europee: in nome del petrolio. E lui, che agli Arabi aveva promesso l'indipendenza, sentì di averli traditi.
Torna in Inghilterra da colonnello, ma lo coglie una profonda depressione: si rinchiude in un piccolo appartamento e stende il suo capolavoro "I sette pilastri della saggezza". Lo riscrive per ben tre volte: emerge la sua statura di pensiero e il suo vero intento. Lui voleva davvero dare agli Arabi la grande nazione araba.
Concluso il lavoro di scrittura quasi a scontare una pena misteriosa, chiede di essere arruolato come soldato semplice. Una vera e propria crisi di identità: "...restare nell''esercito ma da soldato semplice gli dava quella sicurezza che cercava" dicono oggi biografi e studiosi. Franco Cardini lo ritiene anche un egocentrico, ma indubbiamente un grande scrittore, animato da un grande sogno che almeno alla Giordania ha regalato uno stato, confini certi e una monarchia stabile.
Diventa un mito per l'Occidente, con la trasposizione cinematografica e la morte assai curiosa per un condottiero del suo rango: nel 1935 un incidente in motocicletta nella campagna inglese, muore dopo sei giorni di agonia. Resta di lui il profilo di un fine stratega, un intellettuale in azione, un grande scrittore, pieno di stratagemmi narrativi, un grande affabulatore che aveva davvero amato l'idea dell'indipendenza degli arabi.
La Giordania oggi è un paese pacifico e lo dimostra il fatto che abbia buone relazioni internazionali.
E' un paese magico che profuma di mito e mistero e sorprende oltre che per la bellezza del suo territorio, per il suo spirito pacifico malgrado si trovi nel triangolo più agitato della terra. E malgrado abbia petrolio (la sua sostanza "geologica" è la stessa della Siria, di Israele, del Libano e del vicino Iraq)...non lo estrae. Che sia questa l'intuizione eccellente di Re Hussein che ha reso libero e pacifico il suo popolo, che ancora lo venera come l'indimenticato "re" fondatore della patria?
Pare proprio di sì: perchè molte delle guerre attuali sono state mosse da mani sporche di petrolio.
Questo piccolo regno ha saputo individuare la leva più pericolosa, per rinunciarvi a favore del bene del proprio popolo. E questo - ci pare - possa bastare a spiegare perchè vive in pace. E perchè merita di essere conosciuto.
A Petra è il sorriso quieto e dolce di un anziano venditore di souvenir a raccontare la nuova stagione che ora vive l'antica città nabatea: i suoi avi commerciavano con le carovane, lui... con i turisti. Con i souvenir ci vive.
"In quel posto lui ci sta da almeno 30 anni" ci racconta la guida che lo conosce a perfezione e lo ha sempre visto vendere più o meno le stesse cose: un sasso decorato e scolpito, qualche moneta, i cammellini di stoffa.
foto e testo di Corona Perer
(28 marzo 2015, Amman)
Autore: Corona Perer
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